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Elektradrive
A oltre un anno dall’uscita di Living 4, abbiamo fatto il punto sugli Elektradrive con il chitarrista Simone Falovo e il batterista Alex Jorio. Quanto segue è il resoconto della nostra “chiacchierata telematica” con questi due prestigiosi esponenti della musica hard & heavy italiana.
Ciao ragazzi e benvenuti su Italia di Metallo. Ormai è trascorso più di un anno dall'uscita del vostro ultimo lavoro, Living 4. Potete tracciarne un bilancio (vendite, responso di pubblica e critica, concerti ecc.)?
(Simone Falovo) “Le vendite, considerato il problema dei download illegali, sono state tutto sommato soddisfacenti. Per quanto riguarda la critica, abbiamo nuovamente raggiunto dei risultati inaspettati: alcuni giornalisti sono addirittura arrivati a scrivere che Living 4 è un capolavoro, Bruce Dickinson ha parlato molto bene di noi nel suo programma radio su BBC6 e siamo stati top album su diverse riviste e webzine. Per quanto riguarda il fronte live, abbiamo suonato in Lombardia, Emilia Romagna, Friuli e nel nostro Piemonte. Avremmo voluto partecipare al Gods of Metal, ma purtroppo non è stato possibile. Speriamo possa esserlo in futuro”.
Perché tutti quegli anni - 16 - tra Big City e Living 4?
(Alex Jorio) “Dopo l’uscita di Big City e Due per il mercato giapponese, nonostante le critiche fossero lusinghiere, non avevamo ottenuto i traguardi sperati e quindi abbiamo deciso di fermare il progetto. Possiamo ringraziare la nostra voglia di fare musica e gli ottimi spunti di Elio e Simone se gli Elektradrive sono tornati”.
Non avete più un tastierista in formazione e il vostro stile è ormai virato verso timbriche più dure e bluesate, pur non rinnegando la componente melodica che da sempre vi contraddistingue. Siete d'accordo?
(AJ) “Il lato melodico è sempre stata una prerogativa della nostra musica e pochi sanno che la band è nata con una formazione di 4 elementi, come oggi. Le tastiere successivamente inserite hanno sublimato l’aspetto AOR delle nostre composizioni, ma noi pensiamo che la melodia possa essere espressa anche solo con una voce e una chitarra acustica, quindi non ci sentiamo ‘orfani’. Piuttosto abbiamo voglia di ritornare in un certo senso alle nostre origini”.
Il genere che suonate è spesso definito freddo e un po' di plastica, ma voi da sempre ci mettete dentro un tale cuore e una tale passione da rendere errata questa interpretazione. Mi riferisco al pathos del cantato di Elio o anche allo stile chitarristico di Simone, che ho già avuto modo di definire “tecnicamente perfetto ma di grande feeling e non invasivo, non roba da guitar hero spocchioso, insomma, ma da musicista viscerale e a tutto tondo”. Qual è il vostro pensiero in merito?
(AJ) “Il fatto stesso che si riconosca del pathos all’interno della nostra musica è di per sé una soddisfazione, poiché, oltre all'attenzione esecutiva, mettiamo un gran cuore nell’interpretazione vocale e strumentale e nella composizione. I quattro componenti degli Elektradrive sono al servizio della musica per esprimersi in maniera corale e non solistica e ci curiamo innanzitutto della qualità globale della nostra musica, piuttosto che prediligere la tecnica fine a se stessa, pur potendocelo anche permettere. È il nostro modo di intendere la materia musicale: un'orchestra con chitarre, basso e batteria invece che violini o violoncelli, quindi un'orchestra rock. Tutto al suo interno deve sottomettersi alla musica”.
Quale influenza ha avuto su di voi un gruppo come i King’s X, a cui sembrate rifarvi palesemente in brani quali “What We Still Don’t Know” e “The Water Diviner”?
(SF) “Personalmente penso che i King's X siano una delle band più originali e sottovalutate degli ultimi 20 anni di hard rock. È vero che abbiamo subìto una certa influenza in fase compositiva e ci fa piacere che Doug Pinnick abbia inserito il nostro video ‘Dirty War of Bloody Angels’ tra i suoi preferiti nel proprio canale ufficiale su YouTube. Ha anche acquistato l'album su iTunes!”.
I testi che fanno da corredo alle musiche di Living 4 sono forse i più significativi che abbiate mai scritto. Trattano tematiche che vanno dall’ecologia alla politica alla guerra alla globalizzazione allo strapotere dei mass media, passando per questioni più personali. Come nascono i vostri testi?
(SF) “Le parole, oltre alla musica, sono una cosa a cui io ed Elio abbiamo sempre prestato molta attenzione fin dagli albori degli Elektradrive e anche in questo caso abbiamo riflettuto molto sulle tematiche da affrontare. Riteniamo di aver dato il testo giusto ad ogni pezzo, a seconda dell’atmosfera che esso esprimeva. In Living 4 abbiamo voluto dipingere la situazione del mondo in cui viviamo oggi: l'ambiente che non viene rispettato, la corruzione politica, le grosse dinamiche di potere che sfuggono a noi comuni mortali, e forse sono ormai sfuggite di mano persino a coloro che tengono i fili di tutto questo panorama di devastazione. Un senso di malessere alimentato dall'ansia e da una vaga paura. Il mercato della morte, il lavaggio del cervello mediatico. Potremmo parlarne all'infinito e lo fanno già molti film, documentari, la musica stessa, ma la verità è che ancora molta gente continua a vedere quello che vuole vedere e spesso ignora le proprie piccole responsabilità, i piccoli semplici gesti possibili per contenere i danni. Ad esempio, uno stile di vita che evita inutili sprechi e inquinamento, un'educazione meno violenta, meno vuota per le nuove generazioni. È molto quello che si può fare a livello di singoli”.
Com’è nata la collaborazione con Mauro Pagani, che suona il flauto traverso su “Get Power from the Sun”? Un musicista a 360 gradi ma non propriamente hard & heavy...
(AJ) “Mauro è un amico conosciuto al di fuori dell’ambiente musicale e per questo si tratta di un amicizia genuina. È un artista con una cultura e un’esperienza incredibili, un vero punto di riferimento per quelli come noi cresciuti in pieno pop anni Settanta nutrendoci di live nei palasport, ascoltando, guardando e imparando. È stato molto facile coinvolgerlo per un pezzo ai confini con il prog che richiedeva una risoluzione per la parte finale”.
Cosa vi ricordate e vi portate dentro ancora oggi, in positivo e negativo, dei vostri esordi come Overdrive?
(SF) “In positivo ci portiamo dietro la grande voglia di fare, l’immediatezza nel prendere decisioni, quindi un po’ di incoscienza, e il fatto che la formazione attuale è tornata la stessa degli inizi degli Overdrive, quando ancora Eugenio non ne faceva parte. Di negativo praticamente niente, se non che vorrei forse tornare indietro nel tempo per rivivere quegli anni bellissimi”.
La migliore soddisfazione e la peggior delusione della vostra trentennale carriera?
(SF) “Abbiamo avuto tante soddisfazioni e riconoscimenti in questi trent'anni: suonare al leggendario Roxy di Los Angeles negli anni Ottanta quando era davvero una cosa sensazionale, leggere una recensione estasiata su Kerrang! per il nostro album Due e ottenere il massimo punteggio (5 K, cosa mai successa prima di allora a una band italiana), ricevere tanti riconoscimenti da musicisti e addetti del settore e avere una base di fan che ci segue da tanti anni come un culto. In tutto questo, la delusione sta nel fatto di trovare oggi, almeno in Italia, una situazione live piuttosto difficile: molti locali rock hanno chiuso o stanno chiudendo e diventa sempre più difficile poter pianificare un tour come si deve in tutto il paese, oppure riuscire a suonare di spalla ai grossi nomi internazionali. Questo ci rammarica molto”.
Che aria (musicale) si respira oggi nella vostra città, Torino?
(SF) “Nonostante ci siano molti musicisti emergenti davvero di talento, si finisce sempre con l'identificare Torino solamente con pochi nomi ormai molto imparentati con il mainstream e sembra quasi che tutto il resto non conti, soprattutto chi non si allinea alla tendenza attuale. Per questo, purtroppo, si giudica la nostra città come musicalmente morta. Inoltre, dal vivo dilaga ormai il fenomeno delle tribute band, che tolgono quasi tutto lo spazio agli artisti che propongono musica originale”.
Tornando al passato, ricordo la vostra apparizione su Rai3 Piemonte, dove nel 1985 vi esibiste nel programma Sconcerto rock con certo rock suonando - in playback! - uno dei vostri brani storici, il singolo “Let It Survive”. Raccontateci come fu quell’esperienza pionieristica, oggi documentata tra l’altro su YouTube.
(AJ) “Insieme a Simone, sono sempre stato l’archivista ufficiale della band e di quel programma televisivo non riuscivamo ad avere testimonianze, finché la Rai non ha organizzato l’archivio digitale. Io e Simone abbiamo passato all’archivio un pomeriggio intero senza ricordarci il titolo del programma, ma solamente dettagli e il nome del regista. Ormai quasi rassegnati alla disfatta, distrutti dalla monumentale consultazione, di colpo ce lo siamo trovato davanti e l’abbiamo subito acquistato. Eravamo felici come il giorno in cui lo registrammo!”.
Rimanendo sul tema di YouTube, qual è il vostro rapporto con le tecnologia e i nuovi media, Internet e social network in primis, che hanno senz'altro rivoluzionato anche il mondo della musica, con ripercussioni positive (penso a MySpace, ad esempio), ma anche negative (il crollo delle vendite dei dischi anche a causa del file sharing e del peer to peer)? A proposito di nuove tecnologie, guarda caso questa intervista avviene tramite e-mail e verrà pubblicata su una webzine! Se l'avessimo fatta dieci anni fa, avremmo utilizzato telefono e registratore, e l'articolo sarebbe poi apparso su una rivista cartacea. I tempi cambiano, no?
(SF) “Il Web, con tutte le opportunità che offre, è una grande autostrada parallela che permette di sfuggire a quello che i media impongono alle masse: uno è libero di seguire quello che preferisce e desidera. Ma ci sono i pro e contro, e c’è chi abusa del download illegale facendone un principio fermo, quasi uno stile di vita, incurante dei danni che arreca allo stesso artista di cui è fan o che sta ascoltando. Il sostegno del pubblico, o meglio, di coloro i quali danno ancora valore alla musica e a tutto il lavoro che sta dietro alla produzione di un album, in questo senso, viene a mancare. Io utilizzo molto i social network e YouTube, anche per conoscere nuove band e nuovi artisti, ma quando trovo quello che mi piace, VOGLIO avere l’originale e me lo procuro”.
Avete partecipato alle due antologie forse più importanti del metal italiano, ossia HM Eruption (con “Lord of the Rings”) e Metallo Italia (con “Winner”). Come giudicate quelle esperienze di metà anni Ottanta?
(SF) “Buone esperienze, e ci fa piacere che qualcuno se le ricordi. Allora pensavamo che fosse un buon trampolino di lancio per la band e speravamo anche che i gusti musicali degli italiani si sarebbero allargati ed evoluti, ma dopo 25 anni devo constatare con tristezza che qui in Italia è consolidato più che mai il regno del cantautorato e della musica leggera di stile sanremese, per le grandi masse”.
Come avete già ricordato, nel 1988 Kerrang! diede il massimo dei voti a Due, il vostro secondo album. Avete mai pensato: “Adesso sfondiamo a livello internazionale e facciamo i soldi”?
(SF) “Mah, più che fare soldi, è sempre stata talmente tanta la passione con cui abbiamo prodotto musica, che pensavamo fosse arrivato il momento in cui potevamo dedicarci a questa attività con molta più serenità e relax e meno affanni… Questo non è accaduto, per vari motivi, e abbiamo comunque continuato a suonare, realizzando, con mezzi più artigianali, ancora due dischi e un video ufficiale. Su qualche forum ho letto qualcuno che ci giudicava esclusivamente e molto superficialmente per i ‘risultati non ottenuti’ nella nostra carriera, tipo grafico delle vendite di una holding o bacheca di una società sportiva. La musica, grazie a Dio, non è solo questo e non deve essere l’unico metro di giudizio, e siamo comunque fieri di quello che abbiamo prodotto musicalmente in tanti anni”.
Qual è il vostro approccio al presente e soprattutto al futuro, in ambito musicale ma soprattutto personale?
(AJ) “Semplicemente siamo adulti e più saggi e non così inclini ai facili entusiasmi. Suonare ci esalta ancora, ma conosciamo perfettamente i nostri pregi, difetti e limiti e sappiamo cosa aspettarci dalla realtà musicale di oggi senza deprimerci o demoralizzarci”.
Non siete mai stati un gruppo dall’intensa attività live. Come mai? Fedeli al motto “poche date ma buone”?
(AJ) “Beh, ora suoniamo di più rispetto al passato e sfruttiamo meglio gli strumenti promozionali, oggi molto più numerosi grazie alle nuove tecnologie. Senza dubbio non siamo mai stati dei ‘presenzialisti’ ad ogni costo, sgomitando per farci vedere ovunque, ma abbiamo sempre optato per l’apparire di meno lasciando il segno, ottenendo così quell’aura di culto che circonda il nome Elektradrive”.
Svelateci quindi il concerto top e quello flop nella storia degli Elektradrive!
(SF) “A livello di esecuzione tecnica dei pezzi, penso che ci siamo quasi sempre espressi al nostro meglio: indubbiamente il già citato concerto del Roxy di L.A. (documentato su YouTube) è stato il nostro concerto top, ma anche altri di spalla ai Manowar al Palasport di Torino, davanti a tantissima gente. Il concerto flop, non lo ricordiamo, perché tendiamo a rimuovere i brutti ricordi della nostra carriera!”.
Cosa state facendo attualmente? Immagino stiate approntando nuovi brani per il prossimo disco (che speriamo non esca tra altri 15 anni ;))... Quando prevedete di pubblicarlo? Qualche anticipazione a riguardo?
(SF) “Stiamo curando la realizzazione di un live, registrato durante le date del Living 4 Tour; inoltre, abbiamo molte registrazioni video catturate dal vivo di cui abbiamo pubblicato gran parte su YouTube. Con queste vogliamo mettere insieme una raccolta”.
Il vostro personale saluto e/o messaggio a tutti i lettori di Italia di Metallo. Grazie ragazzi e a presto!
(SF) “Un grande saluto a tutti i lettori di Italia di Metallo! Stavolta ci ripromettiamo di fare più date possibile rispetto al passato e quindi speriamo di incontrarvi a un nostro concerto. Nel frattempo, divertitevi più che potete e ascoltate vari generi musicali, anche se non tutti consoni alle vostre abitudini e ai vostri gusti principali. In poche parole, OPEN YOUR MINDS!”.
Costantino Andruzzi