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Edenforce
I calabresi Edenforce, reduci dal loro primo ep, in vista dell'imminente nuovo album avevano delle cose da dirci e noi li abbiamo intervistati:
1: Raccontateci qualcosa di voi: chi siete, come vi siete incontrati, come è nata la band...
E: Il gruppo è nato nel 2006. Da subito non abbiamo avuto un’idea precisa. Amiamo l’heavy metal e questo ci ha fatto andare avanti. Abbiamo cominciato a conoscerci musicalmente proponendo cover di Deep Purple, Iron Maiden, Metallica, Dream Theater. Pian piano abbiamo cominciato ad unire generi, a sperimentare le nostre idee, a suonare tutto ciò che ci veniva in mente e da questa miscela sono nati prima “In the emptiness of my dreams” e poi “Nemesi Eterna”.
2: Perchè avete scelto come nome EdenForce?
E: Dopo due settimane di prove abbiamo deciso di darci un nome. Edenforce aveva una bella assonanza c’è piaciuta la musicalità della parola. Nessun messaggio filo religioso o tra le righe. Alessandro Guida se ne venne con questo nome e noi abbiamo detto ok. Da allora Edenforce.
3: Come nasce un vostro brano?
E: Nasce dal sonno della ragione. Si parte da un riff, da una bella idea e tutti insieme componiamo liberamente. Non ci sono schemi. Se in quel momento preferiamo una parte melodica ad una aggressiva, lo facciamo, fino a quando non creiamo un immenso puzzle di note ed ecco che tutto si intreccia. Non siamo dei virtuosi, nel senso che non cerchiamo la tecnica a tutti i costi, a noi piace di più la complessità. Sbalordire l’ascoltatore per noi è tutto. Il più bel complimento lo abbiamo ricevuto da un ascoltatore che ci disse: “non è difficile suonare i vostri pezzi, ma pensarli”. Beh questo è diventato il nostro motto.
4: Quali sono i brani a cui siete più legati?
E: Tutti.
5: Musica e testo: 50 e 50? oppure? Che peso date voi alle due componenti?
E: Entrambi devono seguirsi. Soprattutto per noi che scriviamo in italiano, tutto deve equilibrarsi. Facciamo attenzione anche alle virgole e soprattutto al significato. L’italiano è la lingua della poesia, dell’arte per antonomasia. Abbiamo cominciato a usare questa lingua per caso, per lasciare maggiore libertà d’espressione a chi canta. Abbiamo eliminato l’inglese nel momento in cui ci siamo resi conti che noi, a differenza di tanti, vogliamo farci capire, trasmettere delle emozioni comprensibili. Il testo non è marginale, anzi, deve spiccare. A volte quando traduciamo dei testi scritti in inglese ci viene da ridere. E pensare che c’è gente che ama scrivere solo certe stronzate! Ecco noi non vogliamo un pubblico che canta senza sapere cosa, visto che tanti non sanno l’inglese ma imparano solo la sua pronuncia. Ormai anche quella fa fighi, diciamo poser.
6: A quali band storiche vi ispirate? Tra queste c'è qualche nome italiano?
E: Iron Maiden, Dream Theater, Metallica, Muse, ma anche tutto il rock – blues. Se guardiamo bene tutti i componenti della band amano generi diversi. Giovanni il batterista, ha suonato dal pop al metal e di conseguenza va dai Dream Theater ad ogni genere; i chitarristi Martino e Alessandro sono l’uno amante del thrash anni ’80 e anche il post punk e il noise, l’altro ama hard rock, blues e l’heavy più classico; Vincenzo il bassista ama i Dream Theater alla follia ed ora guarda con interesse jazz e fusion; il cantante, Francesco, viene dall’hard rock anni ’70. Insomma accontentiamo tutti. Nella nostra saletta puoi trovare un cd dei King Crimson vicino all’ultimo dei Dark Tranquillity. Se poi guardiamo all’Italia allora la Pfm fa da padrona.
7: Raccontateci qualcosa delle vostre esperienze live: come vivete il palco?
E: Il palco è come una casa da demolire, siamo come gli elefanti in un negozio di oggetti di cristallo. Ci esaltiamo, ci divertiamo, cerchiamo di coinvolgere tutti. Facciamo attenzione che tutto sia perfetto, pulito, perché l’impatto è fondamentale. Le distorsioni devono far male, gli assoli di chitarra devono trafiggere, batteria e basso devono far ballare le viscere, la voce deve ipnotizzare. Questo vogliamo. Per questo quando registriamo non mettiamo trigger o sovra incisioni, perché i pezzi devono essere perfettamente riproducibili, magari migliorabili, dal vivo. Abbiamo una concezione molto “antica” del live e siamo molto intransigenti. Un assolo a tremila o la pulizia non servono a nulla solo su disco, la tecnologia ormai fa miracoli.
8: In proposito avere aneddoti da condividere con i nostri lettori?
E: Sì, i pazzi che troviamo dopo i nostri concerti. Qualche volta ci è capitato, a fine serata, di improvvisare una serenata, cantata da qualche ubriaco che ci aveva applaudito tanto senza capire che cosa facessimo.
9: Come giudicate la scena metal in Italia?
E: Come tutto, in Italia c’è una caterva di gruppi con le palle. Purtroppo quelli che spiccano sono i peggiori. Ma questo è anche nell’arte, nella letteratura e così via. Una volta conquistata la vetta, la mentalità italiana insegna che si diventa tutti commilitoni e quindi si ama il nonnismo. Se poi guardiamo a quello che ci interessa da vicino ossia la Calabria, anche qui il discorso è lo stesso. Ottimi tanti gruppi con i quali abbiamo condiviso palco, strumentazione, passione e sudore. All’opposto ci sono gli esaltati, i defenders of “nonsisacosa” che parlano solo in dialetto, fanno i poser con l’inglese, suonano con i computer e senza ascoltare una nota o una parola della tua musica la criticano perché non fai le corna, non bestemmi, non inciti il popolo alla jihad o alla guerra contro il Vaticano. Così ci dimentichiamo d’essere calabresi del 2011 e che il nostro satanismo è la ‘ndragheta, l’invidia sociale, l’emigrazione giovanile, la bassa alfabetizzazione, ecc… e tutto a un tratto diventiamo scandinavi del 1990. E con questo penso che abbiamo detto tutto.
10: Quali consigli dareste alle giovani leve del metal nostrano?
E: Prendete uno strumento, suonate, non montatevi la testa, dite tutto quello che volete, tanto la musica non tradisce. Quando siete pronti andate in giro e fate vedere chi siete e se non riuscite, almeno avete provato. La musica dev’essere un gioco serio, suonare per divertirsi ma anche per apprezzare l’arte.
11: Internet: la vivete come un'opportunità o come un ostacolo? Parlateci del vostro rapporto con la rete?
E: Di sicuro un’opportunità da sfruttare in ogni livello.
12: In una scena musicale in cui tutto è già stato detto, scoperto e inventato, la critica più frequente che un gruppo si trova ad affrontare è il classico “manca di originalità”: quale è la vostra ricetta per tentare di allontanare lo spettro della banalità?
E: Essere se stessi o semplicemente fare ciò che ci piace. Se ci ispiriamo ad una scena ciò non vuol dire che dobbiamo copiare tutto di quella scena. Se ci piace un particolare genere di musica ciò non vuol dire che dobbiamo copiare tutto di essa. Noi siamo prima di tutto degli ascoltatori ma se qualcosa ci richiama troppo alle nostre influenze lo aboliamo subito.
13: Che riscontri ha avuto dalla critica il vostro Nemesi Eterna pt1?
E: Buoni. Diciamo inaspettati, visto che ci siamo buttati in un’avventura davvero particolare. L’uso dell’italiano come anche le venature molto melodiche, ci avevano fatto un po’ pensare. Invece molti apprezzamenti li abbiamo ricevuti proprio da coloro che cercavano qualcosa di nuovo, soprattutto che balzasse all’orecchio.
14: Progetti futuri? Sapevo di un nuovo lavoro in uscita.
E: Infatti stiamo registrando la seconda parte di Nemesi Eterna. Entro aprile concluderemo anche questa avventura e poi penseremo a promuovere questo enigmatico concept.
15: A voi la conclusione: lasciate un messaggio ai lettori di IdM...
E: Beh che dire. Grazie ad Italia di Metallo per averci dato la possibilità di comparire su questo seguitissimo spazio e soprattutto grazie a tutti coloro che ci supportano. Visitate il nostro myspace o la nostra pagina su facebook. Stay metal…
Intervista a cura di: Klaus Petrovic e Luisa Luy Cugno