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Incoming Cerebral Overdrive
A breve distanza dall'uscita del loro terzo, eccellente album Le Stelle: A Voyage Adrift, abbiamo intervistato il chitarrista Maurizio Tuci e il bassista Alessio Corsini degli Incoming Cerebral Overdrive, tra le migliori realtà della nuova generazione (post-)metallica italiana.
Ciao ragazzi, vorrei iniziare questa chiacchierata partendo da una breve storia del gruppo…
(Maurizio Tuci) «Il progetto Incoming Cerebral Overdrive prende forma dallo scioglimento di una band precedente, in cui figuravano 4/5 dei componenti attuali. Scrivemmo qualche pezzo e decidemmo di registrare un demo. Dopodiché, per varie vicissitudini personali, mancanza di esperienza e altri motivi (tra i quali un cambio di line-up che vide l'arrivo di Alessio al basso), passarono diversi anni prima di riuscire a completare tutti i brani per l’album di debutto Cerebral Heart, registrato nel 2006 ma uscito solo nel 2008 per Myphonic Records. Questo disco ebbe il merito di farci conoscere un po' in giro e ci diede la possibilità di fare diversi concerti in Italia, Francia e Austria. L'anno dopo uscì Controverso, il primo per Supernatural Cat, un album molto diverso dal suo predecessore, molto aggressivo e diretto, che ha incrementato la nostra visibilità e grazie al quale abbiamo affrontato il primo tour europeo. Finita la promozione, ci siamo rimessi sotto a buttare giù nuove idee per il nuovo Le Stelle: A Voyage Adrift, uscito nel maggio 2012 sempre per Supernatural Cat. L'idea era quella di fare un lavoro ancora diverso dai dischi precedenti, sperimentando nuove soluzioni compositive e suoni innovativi. Siamo molto soddisfatti di questo album e sembra che anche il pubblico abbia gradito».
Perché il nome Incoming Cerebral Overdrive, che a mio avviso dà subito l’idea di una certa complessità del vostro stile musicale?
(Alessio Corsini) «La motivazione principale dietro la scelta del nome sta, come giustamente hai anticipato, nell'esigenza di accostare a una proposta musicale complessa e strutturata un monicker in grado di rappresentarla. Certamente non è breve, certamente non è facile da ricordare, se preferite chiamateci I.C.O.».
Le Stelle: A Voyage Adrift è il vostro terzo lavoro sulla lunga distanza, nel quale i 10 brani, i cui titoli sono tutti nomi di stelle, sono concatenati senza soluzione di continuità. Volete approfondire l'idea che sta dietro a questo concept? Quali sono le tematiche toccate nei testi?
(MT) «Il concept è, come dice il titolo stesso, un viaggio spaziale alla deriva. Abbiamo pensato che si sposasse bene con la nostra proposta musicale e volevamo rendere a 360° l'idea di desolazione, follia e inquietudine. I testi sono un ipotetico diario di colui che sta viaggiando senza meta e senza controllo, scritto in condizioni di evidente disagio psicologico, dove narra pensieri di rassegnazione influenzato dall'unica compagnia del momento: le stelle. Tutto questo può essere visto come un viaggio cosmico vero e proprio o, più specificamente, come una metafora di solitudine intrinseca alla vita quotidiana del nostro contesto socio-culturale, dove le stelle rappresentano gli altri; la vicinanza emotiva tra esseri umani è in realtà distante anni luce e tra l'uno e l'altro rimane solo il vuoto cosmico».
Paura, rabbia, eccitazione, distensione, desolazione, annichilimento. Sono alcune delle parole chiave che possono descrivere le sensazioni che si sprigionano dopo l’ascolto dell’album. Siete d’accordo?
(AC) «Assolutamente. Ciò emerge sia dai testi che dalle sonorità del disco. Sono sensazioni alle volte complementari, altre volte contrastanti, ma sempre proprie di chi, in maniera solitaria, si trova coinvolto in una situazione che, in qualsiasi modo, abbia a che fare con il concetto di "deriva". Poche sicurezze e stati d'animo estremamente altalenanti caratterizzano l'ascolto di Le Stelle, lasciando comunque all'ascoltatore anche uno spazio di libera interpretazione, così da poter rileggere testi e musica sotto un'ottica nuova e personale».
Quali sono le principali differenze tra questo disco e i due album precedenti, Cerebral Heart e Controverso?
(AC) «Sono tre dischi ben distinti. Possono, com'è logico, essere messi in sequenza, così da leggere auspicabilmente una certa evoluzione nella ricerca di sonorità pesanti. Il percorso intrapreso con Cerebral Heart partiva da basi meno dirette di quello che si è poi rivelato Controverso, il debutto era il risultato di un processo compositivo molto più lungo e, per forza di cose, eterogeneo. L'alternanza di parti diverse sia all'interno dei pezzi che tra i vari brani era studiata in una direzione differente, molto più incentrata sull'accostamento di contrasti quali tensione-rilascio, ad esempio (ne sono prova le molte parti "pulite" che intervallavano quelle più caotiche e aggressive). Con il secondo disco è uscito un nostro modo di scrivere musica molto più diretto e sporco, ma anche strutturato in direzione di sonorità più progressive e scure. Elemento questo che si è poi manifestato più esplicitamente durante la composizione di Le Stelle. Qui abbiano cercato di dare fondo alle nostre fonti di ispirazione, attingendo a tutto il movimento prog presente in Italia negli anni Settanta».
Incidete per Supernatural Cat, una delle migliori etichette indipendenti italiane a livello qualitativo. Soddisfatti? Come siete entrati in contatto con loro?
(AC) «Più che soddisfatti, per come vanno le cose nel modo discografico indipendente in questi ultimi anni, possiamo ritenerci molto fortunati. Lavoriamo insieme costantemente con grande sinergia e fiducia. C'è un'ottima collaborazione sotto tutti gli aspetti e grande libertà di sviluppare le proprie idee, sapendo di poter contare su un supporto molto competente e professionale. La recente esperienza maturata durante lo scorso tour con Ufomammut ha contribuito a sviluppare ulteriormente il rapporto. Le cose vanno a gonfie vele. Ci conosciamo ormai da qualche anno. Per la precisione entrammo in contatto dopo aver finito le sessioni di mixaggio di Controverso, cercavamo qualcuno a cui affidare la parte grafica del disco, ed essendo da sempre fan di Malleus, la scelta fu naturale. Ovviamente mai avremmo pensato che anche Supernatural Cat potesse essere intenzionata a stampare il disco, la nostra richiesta si limitava solo all'artwork, ma poi l’etichetta si dimostrò interessata alla pubblicazione, con nostra grande sorpresa e soddisfazione».
Qual è il vostro pensiero sulla scena musicale italiana, soprattutto quella più “pesante”, tra i cui alfieri si inseriscono a pieno titolo gruppi come Ufomammut e Lento, vostri compagni di etichetta?
(MT) «L'Italia è una terra ostica per chi prova a proporre materiale diciamo così "particolare", ci sono buone ma piccole realtà che si contrappongono a un'indifferenza generale e fanno il possibile per promuovere nuove e diverse forme musicali e artistiche, ma la grande maggioranza della gente ignora tutto questo e si accontenta di quello che le viene proposto senza troppo impegno. E, come se non bastasse, all'interno di queste piccole realtà aleggia sempre un’aura sinistra di esterofilia intrinseca e giudicante, dove se fai cose scontate sei la copia degli stranieri, e se invece fai cose più personali non sarai mai all'altezza degli stranieri stessi. In poche parole, a casa nostra pochi remano dalla parte delle (numerose e valorose) band italiane ed è un peccato, perché di gruppi davvero interessanti ce ne sono a bizzeffe, ma la maggior parte finisce nel dimenticatoio poiché, ahimé, non viene dato loro l'interesse che meritano. Come per molte altre cose, il nostro è un problema culturale che ci portiamo dietro da sempre».
Come nasce solitamente un vostro brano a livello compositivo?
(MT) «La composizione è strutturata in varie fasi: si inizia con delle idee personali più o meno complete con le quali buttiamo giù un'infarinatura generale, dopodiché ci mettiamo ognuno al proprio strumento e iniziamo a suonare per vedere se c'è da cambiare qualcosa e riarrangiamo il tutto legando le varie parti nel modo che più ci aggrada. A questo punto stendiamo il cantato e, se qualcosa non ci convince, "risbudelliamo" il pezzo, riarrangiando ancora o talvolta buttando via tutto. In Le Stelle, invece, abbiamo scritto e arrangiato prima tutti i brani e, a composizione avvenuta, ci siamo concentrati sulle parti vocali cercando di uniformare tutti i pezzi. Può darsi che in futuro il nostro modus operandi possa variare ancora, chissà…».
Nella musica degli I.C.O. vi è una certa componente “sintetica”, nel senso che fate uso di sintetizzatori ed effetti. Quale importanza riveste questo aspetto tecnologico nell’economia della vostra proposta musicale?
(AC) «Sicuramente la presenza di uno strumento "esterno" alla classica formazione rock - basso, chitarra, batteria e voce - consente di ampliare notevolmente lo spettro di sonorità e soluzioni possibili. Nel nostro caso, poi, questa componente riveste un ruolo importante, al pari degli altri strumenti, voce compresa. Ovviamente il synth ti permette soluzioni diverse e imprevedibili grazie alla ricchezza di suoni e timbriche pressoché infinite; per quanto concerne tutto il resto dell'effettistica utilizzata, non è che sia poi moltissima, a dire la verità, ma comunque tutto rientra in un'ottica di massima sperimentazione possibile in cerca di sonorità sempre nuove e diverse rispetto al passato».
Nel vostro suono si riscontrano inoltre tracce di psichedelia e rock progressivo, ovviamente virate in chiave decisamente heavy. Vi ritenete influenzati dal secondo genere in particolare, che in Italia ha vissuto una stagione davvero esaltante soprattutto negli anni Settanta?
(AC) «La componente da te menzionata caratterizza in maniera piuttosto marcata il nostro sound attuale. È il frutto, come ti dicevo prima, di un percorso. Da sempre nelle nostre teste è presente quel filone di musica che in Italia, negli anni Settanta, non ha mai ricevuto il riconoscimento che meritava, d'altronde però trovare il modo di farlo confluire all'interno della nostra proposta non era facile e sicuramente sarebbe stato impossibile senza quell’iter iniziato con Controverso. In Le Stelle riteniamo di esserci avvicinati molto a un connubio di rock progressivo, psichedelia e metal moderno in chiave scura e pesante. Tuttavia, questo è solo il nostro primo vero passo in tale direzione».
Quali sono i vostri ascolti preferiti, in generale e al momento?
(MT) «Mah, che dire, ognuno di noi ha le proprie preferenze musicali, che talvolta mal si sposano con quelle degli altri, e per menzionarle tutte ci vorrebbe un bel po'… Per quanto concerne il sottoscritto, ti posso dire che sono un appassionato di musica di qualche decennio fa; mi riferisco al periodo che va tra la fine degli anni Sessanta e la fine dei Settanta, una decade secondo me inarrivabile sia a livello mondiale, sia nel nostro paese. Ma questo riguarda me, che sono solo uno dei cinque membri. Per il resto, come dicono gli Zu, "Tom Araya is our Elvis!"».
Parliamo adesso di una questione piuttosto incresciosa, ossia del “pay to play”. Mentre i locali “underground” continuano a sbattersi per organizzare concerti e dare dunque visibilità anche a band emergenti, spesso non riuscendo neppure ad attirare abbastanza pubblico per andare in pari con le spese affrontate, gran parte degli organizzatori di calibro maggiore segue la tendenza inversa, offrendo un posto in scaletta al miglior offerente o comunque a chi sia disposto a comprarselo. Cosa ne pensate? A voi è mai capitato di trovarvi in situazioni del genere?
(AC) «Ti rispondo in tutta sincerità. Fortunatamente (credo sia una fortuna) non ci siamo ancora trovati in una situazione del genere e, senza avere niente in contrario con le band che accettano tali soluzioni, riteniamo che questo sia altamente offensivo nei confronti di chi propone musica propria. È la punta di un iceberg di una situazione che nasconde lacune e problemi molto più grandi di questo, che ne è la sfortunata ma ahimé diretta conseguenza. Se questa diventerà la normalità delle cose in Italia, i gruppi che potranno permettersi di suonare in giro saranno quelli che, dopo essersi pagati strumenti, affitti di sale prove e dopo aver sostenuto tutte le spese che inevitabilmente ci sono dietro a un progetto indipendente, avranno ancora qualche soldo in tasca da poter investire per fare concerti che, correggetemi se sbaglio, dovrebbero essere il momento in cui una band ha un "ritorno". E non parlo necessariamente in termini economici, ma di visibilità, soddisfazione, stimoli e motivazioni».
Tornando a Le Stelle, la grafica di copertina mi pare molto significativa e assolutamente superiore alla media degli artwork di genere metal e dintorni... Volete parlarcene nel dettaglio?
(MT) «Quando hai a che fare con Supernatural Cat e, di conseguenza, con Malleus, per la parte grafica sei più che a cavallo. Sono persone e artisti incredibili e ci riteniamo fortunati a essere loro "cavie". L'idea embrionale della nostra copertina era il tarocco della carta "Le Stelle", ci sembrava carina e in tema con il concetto, ma allo stesso tempo anche un po' insipida… Ci hanno pensato i Malleus a tirar fuori un'illustrazione a nostro avviso stupenda».
Come state promuovendo l’album?
(AC) «Per quanto riguarda la promozione sia elettronica che cartacea, ci affidiamo completamente ai promoter con i quali Supernatural Cat lavora. Sono uscite e stanno uscendo recensioni sia italiane che estere. Stiamo riscontrando pareri molto positivi soprattutto all'estero, con una buonissima visibilità specialmente in Inghilterra e negli Stati Uniti, e siamo molto contenti di questo. Anche Olanda, Belgio, Germania e Polonia si sono dimostrati Paesi con un pubblico molto curioso e attento a proposte come la nostra. L'altro aspetto della promozione è il live che stiamo portando avanti con Ufomammut, vista la concomitanza dell'uscita dei nostri rispettivi ultimi due album. Ripartiremo insieme in tour il prossimo ottobre di nuovo in Europa, poi ci concentreremo sull'Italia e sulla successiva tournée estera».
Che aria, musicale e non, si respira nella vostra città, Pistoia, una realtà decisamente periferica sulla mappa d’Italia?
(MT) «Pistoia è una piccola città di provincia e se non ne sentite mai parlare un motivo ci sarà. La scena musicale potenzialmente non è assolutamente male, c'è gente di talento che sta cercando di farsi notare, ma è impensabile avere soddisfazioni di alcun genere se si pensa di rimanere a suonare nel cortile di casa e allo stesso tempo è difficile confrontarsi con realtà di città più grandi e importanti. Questo perché decentramento e distanza non giovano, per ovvie ragioni, e perché nelle grandi città solitamente ci sono già grandi scene interne. Qui ci sono pochi spazi e, come la città stessa, sono spazi piccoli e provinciali; un cambio di mentalità porterebbe non poche gratificazioni».
Internet, social network, P2P, download “selvaggio” e via discorrendo. Com’è cambiato il mondo della musica dopo l’avvento dei cosiddetti new media, a vostro giudizio? E quanto sono importanti per voi come gruppo le nuove tecnologie?
(AC) «Se ti dicessi che l'avvento di queste nuove tecnologie ha abbassato i nostri indici di vendita, ti direi una cazzata! Se ti dicessi che per gruppi che come noi devono farsi conoscere è una risorsa importantissima, ti direi invece un'ovvietà. Preferisco spostare l'attenzione sulle normative necessarie che mancano in un mondo come quello del Web. Senza entrare nel tecnico, mi limiterei a una cosa fondamentale: trasparenza, libertà di circolazione dei dati con rispetto della proprietà sui diritti dei pezzi (ma non regolamentati secondo il modello vigente) dovrebbero essere i cardini su cui poggiare un sistema che possa diventare veramente una risorsa per tutti. Io scarico dischi (l'ho fatto anche con il mio, per averlo sull’iPod!) ma, credeteci o meno, è per evitare di spendere più di 20 euro per comprare un album a scatola chiusa. Quella montagna di soldi preferisco spenderla una volta che ho appurato che il disco in questione mi interessa veramente».
I vostri progetti più immediati per il futuro?
(AC) «Programmare il nuovo corso, iniziando a buttare giù idee cercando di capirci qualcosa, e promuovere Le Stelle quanto più possibile».
Il vostro personale saluto e/o messaggio al "popolo" di Italia di Metallo. Grazie ragazzi e a presto!
(AC) «Un saluto a tutti i lettori e un grazie a voi per la lunga intervista e l'interesse nei confronti del nostro progetto!».
Costantino Andruzzi