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Vitriol
Dopo aver recensito il loro nuovo cd, 'Into the silence I sink', devo dire con molto piacere, mi accingo a intervistare la band dei Vitriol.
Benvenuti su Italia di Metallo ragazzi!
[Francesco Lombardo] Ciao e grazie mille per lo spazio concessoci, per noi è un vero onore!
Iniziamo con le presentazioni: chi sono i Vitriol, come nascono?
I Vitriol nascono attorno al 2007. Tutto nasce dall’idea mia e di Michele Panepinto di metter su una band progressive metal. Vengono coinvolti nel progetto Alessandro Sanfilippo, Piero Carvello e Gianluca Pappalardo, musicisti di gran talento e nostri grandi amici.
Nel 2009 pubblichiamo il nostro primo EP “Vitriol”, che viene accolto molto bene da riviste e webzine italiane e straniere e suscita l’interesse della label americana Melodic Revolution Records, che ci propone di entrare nel suo roster.
Con la stessa label, tre anni dopo (nel Novembre 2012) e con l’ingresso nella line up di Tommaso Semrov, pubblichiamo il nostro primo full-lenght “Into the Silence I sink”.
Il nome Vitriol ha un significato ben preciso, come è stato concepito?
V.i.t.r.i.o.l. è l’acronimo di “Visita Interiora Terrae Rectificando Invenies Occultum Lapidem”, uno dei più importanti motti dall’Alchimia rinascimentale: vuol dire “Penetra nelle viscere della Terra e purificandoti troverai la pietra nascosta”. E’ una metafora del processo di purificazione di cui ha bisogno l’alchimista/filosofo/uomo per trovare la verità interiore.
La duplicità del termine “vitriol”, elemento chimico corrosivo e acronimo del motto rinascimentale, rappresenta bene l’essenza della band, costantemente in bilico fra la sua componente aggressiva e quella introspettiva/riflessiva.
Il vostro disco, "Into the silence I sink", è un concept album. Volete spiegarcelo?
Si tratta di album incentrato sul Silenzio, inteso come mancanza di comunicazione a tutti i livelli dell’esistenza umana. La scintilla da cui parte tutto è una semplice constatazione sviluppata nella prima traccia dell’album, “Behind the electric veil”: è un paradosso come in un mondo dominato dai mezzi di comunicazione di massa sia diventato ancora più difficile comunicare profondamente. Le informazioni date e ricevute si moltiplicano, ma contemporaneamente si “assottigliano” e diventano superficiali, causando un silenzio comunicativo profondo e inaspettato.
I testi dei dieci brani si soffermano sui vari “livelli” di questo vuoto comunicativo, sulle maschere che ci creiamo nella vita di ogni giorno (tra i nostri amici, tra l’anonimato della città e ancora di più sulle piattaforme digitali), e su quello che ne consegue, ovvero una scollatura profonda, un silenzio “esistenziale”, fra la nostra maschera esteriore e la nostra interiorità.
E poi un silenzio più grande, più “universale”, come quello fra le Ideologie storiche, detentrici di verità assolute e incapaci di comunicare fra loro: il brano “Despite your cries” è dedicato a Peter Fechter, giovane ragazzo di Berlino Est ucciso durante il suo tentativo di attraversare il muro, barriera fisica e al tempo stesso metafora del Silenzio fra Ideologia Occidentale e Ideologia Sovietica: fu lasciato morire in una lenta agonia perché nessuno volle soccorrerlo per motivi politici nella striscia di terra che tagliava in due la città (consiglio a tutti di leggere la sua storia).
“Three times” infine chiude l’album e cerca di interpretare quello che Cristo sulla croce possa aver sentito quando si trovò di fronte a un silenzio a cui forse non era preparato e che gli fece dire “Padre, perché mi hai abbandonato?”. Il Silenzio più assordante fra tutti, quello fra l’Uomo e Dio.
Come è nata l'idea di un concept album?
Penso che la forma del concept album sia la più adatta per affrontare tematiche complesse: in ogni brano puoi concentrarti su una sfaccettatura diversa del problema.
Inoltre questa formula consente di elaborare, smontare e rimontare dei temi musicali distribuendoli sull’intera durata dell’opera.
Alcuni temi, infatti, sono riproposti in altre “vesti” lungo tutto il full-lenght. A volte sono accenni, a volte subiscono un processo di trasformazione profondo. Questo consente di legare con un unico filo conduttore brani distanti nella tracklist, ma che vogliono “dialogare” tra loro.
Un esempio è possibile ascoltarlo confrontando l’inciso di “Slowly she dies” che viene riproposto in apertura di “Endless Spiral” e che mette in comunicazione i due brani, legandoli indissolubilmente a livello di significati. Potrei fare tanti altri esempi, ma lasciamo agli ascoltatori più attenti questa ricerca.
Chi di voi scrive i testi e chi le musiche?
Mi occupo io del concept, della stesura della musica e dei testi. E’ un processo abbastanza lungo e, a volte, frustrante.
In fase di arrangiamento, però, posso contare su dei musicisti preparatissimi e originali, il loro supporto e i loro consigli (specie quelli di Michele, con il quale mi occupo anche delle riprese, mix e mastering) sono preziosissimi, e spesso sono in grado di migliorare notevolmente la resa delle mie idee iniziali.
Tommaso è entrato nella band solo di recente: come vi siete trovati? Stavate cercando un altro chitarrista o è stato un incontro fortuito?
Abbiamo avuto il piacere di conoscere Tommaso sul web, sul vecchio myspace. Proprio in quel periodo eravamo alla ricerca di un chitarrista che potesse dare ancora più “spessore” e “pesantezza” alla sezione chitarristica, specialmente in vista dei live.
E’ stato davvero un colpo di fortuna poter trovare una persona competente e preparata come Tommaso: ha indubbiamente arricchito ancor di più il ventaglio sonoro dei Vitriol.
Come nasce e quali caratteristiche deve avere un brano per entrare a far parte del repertorio dei Vitriol?
La genesi di un’idea può essere davvero varia, ma in generale deve mostrare fin da subito una cosa: essere potenzialmente in grado di fornire tanti livelli di lettura. Spesso non basta che ci sia solo una buona melodia, lo sviluppo deve essere accompagnato anche su altri livelli: musicali, ritmici, armonici, testuali.
Una cosa che ho sempre ammirato nelle band che preferisco è il far sembrare semplice una trama musicale complessa. Il brano scorre facilmente, in maniera naturale a un primo ascolto, ma quando ci si mette su una chitarra o su un pianoforte e si dice “Ok, adesso vediamo come funziona” si scoprono un sacco di dettagli compositivi geniali, complessi ma che al tempo stesso non alterano la scorrevolezza del brano.
Probabilmente i migliori nel fare questo sono state le band progressive degli anni ’70, ma anche i Pain of Salvation, gli Opeth, in parte i Porcupine Tree e molti altri.
Ecco, in generale quello verso cui tendono i Vitriol è questo; non so se abbiamo ancora una maturità per ottenere questa “scorrevolezza”, ma spero che con il tempo e con del duro lavoro riusciremo a limare il nostro stile e migliorare ulteriormente questo aspetto per noi così importante.
Nel vostro lavoro ho trovato, tra le altre, influenze di Nevermore, Korn, Mudvayne, band che non sono collegabili direttamente al panorama prog metal. Come la pensate riguardo? E' qualcosa di ricercato, casuale, o del tutto inatteso?
Siamo molto orgogliosi che la nostra musica accolga influenze trasversali, e d’altra parte definirci come band progressive metal è un po’ una semplificazione.
In realtà i componenti della band sono molto eclettici per quanto riguarda gli ascolti musicali, siamo grandi divoratori di musica, per cui ascoltiamo davvero di tutto.
L’accostamento ad alcune band è stato davvero inatteso, perché sono band che non conosciamo molto se non per alcuni brani, ad eccezione dei Korn che a me piacciono parecchio.
In ogni modo, confronti a parte, il vostro stile mi è subito risultato molto variegato, completamente diverso dalla maggioranza dei gruppi prettamente progressive metal, e questo, a mio avviso, costituisce il vostro punto di forza.
Quali sono le influenze che vi hanno portato a questo sound?
Grazie mille! Più che influenze musicali in senso stretto, parlerei nel nostro caso di una questione di approccio musicale.
Uno degli apici di questo approccio può essere il capolavoro di Andrew Lloyd Webber e Tim Rice, “Jesus Christ Superstar”, un’opera pienamente progressive che spesso non viene considerata come meriterebbe, una vera pietra miliare.
In quest’opera si ha un connubio musica/testi davvero riuscito, l’interpretazione così “sentita” delle parole sia dal punto di vista delle voci sia dal punto di vista della sezione strumentale è da anni ormai uno dei miei punti di riferimento, e sicuramente ha influenzato molto le scelte che abbiamo operato in fase di arrangiamento dell’album.
Penso che quando ci si accinga a comporre brani con musica e parole, nessuno di questi due aspetti debba essere messo a servizio dell’altro, se non in rari e voluti casi.
Inoltre mi piacciono molto le band che stanno sempre in bilico fra diverse atmosfere all’interno dello stesso brano: un brano degli Opeth, ad esempio, non puoi sapere con sicurezza di come vada a finire… La distorsione estrema o il passaggio acustico raffinato sono sempre dietro l’angolo … Questa imprevedibilità e questo ventaglio di possibilità timbriche mi ha sempre affascinato enormemente.
Quali sono le vostre personali influenze musicali?
Il fulcro intorno al quale ruotano le influenze di tutti i componenti della band è il progressive dagli anni ’70 a oggi, a partire da Yes e King Crimson per arrivare al prog metal dei giorni nostri. A questo ciascuno aggiunge poi le sue tendenze personali, che spaziano davvero a 360°, davvero difficile farne un elenco esaustivo.
Chi sono i Vitriol fuori dai Vitriol? Avete altri progetti, cosa fate nella vita di tutti i giorni?
Quasi tutti i componenti della band hanno la fortuna di poter lavorare con la musica, essendo insegnanti in diverse Accademie Musicali (Bass To Rock, Scuderie Capitani, AMM, Officina della Musica e altre). Io e Michele mettiamo a frutto la nostra conoscenza del progressive per proporre in giro per l’Italia un seminario basso/batteria sui tempi irregolari nella musica rock/metal chiamato “Tempi Duri”.
Ognuno di noi, poi, ha diversi progetti musicali dagli stili più disparati, si va dall’hard-rock al reggae, alla musica folk. Come ti dicevo, siamo molto eclettici musicalmente!
Come vedete il panorama metal e quello progressive attuale?
Il panorama attuale è pieno di ottime proposte artistiche, ma l’attuale crisi discografica che ormai si protrae da anni e che porta le label a non investire più sulle nuove proposte sta “schiacciando” tantissime band poco conosciute, che avrebbero solo bisogno di una buona chance per farsi conoscere al grande pubblico.
Dico “investire” perché uno dei ruoli più importanti cui assolvevano le etichette era quello di fare da “vivaio” per le nuove proposte: spesso le band che si sono mostrate più geniali hanno avuto bisogno di crescere e di maturare per mettere a frutto la loro qualità artistica, e ciò è stato possibile solo con una politica di lungo termine, che non ha mirato immediatamente al profitto dopo il primo album.
Mi sembra invece che ultimamente le major spingano per promuovere le solite band, a scapito delle piccole realtà discografiche che invece soccombono perché non in grado di poter competere economicamente con le loro rivali. Il risultato di questa operazione sembra essere una sfilza di album non troppo esaltanti delle “grosse” band (ovviamente con le dovute eccezioni), mentre tanti piccoli gioielli ad opera di band meno conosciute aspettano solo di essere scoperti dagli ascoltatori più attenti.
Siete attivi da qualche hanno, che impressione avete dell'ambiente musicale italiano? Qualche band in particolare vi ha colpito?
L’ambiente italiano è ricchissimo ma è strozzato da alcune “peculiarità” del nostro Paese. Ad una varietà di proposte interessanti non corrisponde un circuito di locali che pongono l’accento su live di qualità, e, soprattutto, su band che propongono con fatica e passione la propria musica. Il concetto di chiamare la cover band per massimizzare gli incassi sembra essere imperante.
Con le dovute eccezioni, sembra che l’ambiente italiano sia poco interessato a una gestione artistica mirata ad accaparrarsi le migliori proposte underground nazionali ed estere. L’organizzazione del nostro tour estero mi sta facendo vedere sempre più chiaramente queste differenze…
E’ ben presente il circuito live che propone band “famose” (anche se vistosamente sbilanciato verso il centro/nord Italia), ma per le band dell’underground è davvero una fatica suonare a condizioni “umane”. Almeno questo è quello che abbiamo visto in base alla nostra modesta esperienza.
Per quanto riguarda la band italiane che ho ascoltato di più negli ultimi anni, penso siano validissimi soprattutto i Novembre, band forse troppo sottovalutata, e i Kingcrow, che ultimamente stanno sfornando degli ottimi lavori. Cambiando genere ascolto con piacere anche i vecchi album di Exilia, Labyrinth, Rhapsody, Extrema.
Avete progetti in cantiere al momento?
Tantissimi, a dire il vero! Stiamo ultimando la produzione di diversi videoclip che quanto prima verranno divulgati attraverso i nostri canali promozionali. Tra questi ci sarà una sorpresa per gli amanti del progressive italiano, si tratta di una cover arrangiata nel nostro stile, spero di poter fare ascoltare qualcosa entro poche settimane!
Siamo anche nelle fasi finali dell’organizzazione di un tour europeo per promuovere al meglio l’album all’estero, pensiamo di poter toccare diversi Paesi, ma su questo lasciamo ancora un alone di sorpresa che sveleremo appena sarà tutto pronto…
Cosa dovremo attenderci dal prossimo lavoro dei Vitriol?
Questa è una domanda che mi faccio dal giorno successivo all’uscita di “Into the Silence I sink” ma, ad essere sincero, non ho ancora la risposta!
Io sono già al lavoro, ma ancora su un piano prettamente mentale. Sto riflettendo su diversi temi stimolanti, ma è ancora presto per fare delle scelte nette. Inoltre vorrei inserire dei concetti compositivi un po’ “particolari” che sto limando a livello “teorico”, ma su questo, tra il dire e il fare…
Ad ogni modo ci metteremo concretamente al lavoro dopo le date europee.
Prossime date dal vivo?
Come ti accennavo siamo nel bel mezzo dell’organizzazione del tour, quanto prima sul nostro sito ufficiale pubblicheremo molte novità!
Un disco a testa che vorreste avere su un'isola deserta?
E’ davvero difficile sceglierne soltanto uno… Ad ogni modo:
Piero: Pink Floyd – The dark side of the moon
Tommaso: Ark – Burn the sun
Alessandro: Pantera – Cowboys from hell
Gianluca: King Crimson – In the court of Crimson King
Michele: Webber/Rice – Jesus Christ Superstar
Francesco: Pain of Salvation – Remedy Lane
A voi le ultime parole: salutate come preferite gli amici di IdM!
Un grazie immenso a Italia di Metallo per averci dato questo spazio!
Speriamo che ai lettori vada di dedicare qualche minuto all’ascolto dei brani sul nostro sito www.insidevitriol.com o sul nostro canale youtube http://www.youtube.com/insidevitriol, la musica emergente ora più di ogni altro momento storico ha bisogno del supporto vivo degli ascoltatori!
Prog on! \m/
Intervista a cura di Psycho Andy Romi