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Samael's Fall
Siamo in compagnia dei Samael’s Fall, band thrash/death veneta che ci presenta con orgoglio l’ultimo lavoro “Till Now", primo album per la band che sin dal titolo sembra presentarsi da solo senza congetture e mezzi termini.
Ciao ragazzi! Penso che possiate dire d’esser soddisfatti del vostro lavoro sin da quello che è stato il release party di un mese fa. Che differenze e che novità rispetto ai lavori precedenti porgete al pubblico ora?
Un saluto a te e a tutti i lettori, e ti ringraziamo per questo spazio! Siamo assolutamente soddisfatti del release party e degli sviluppi che ci sono stati. Abbiamo avuto diversi pareri positivi sia per quanto riguarda il disco in sé, che per la dimensione live, che per noi è molto importante.
Prima di “Till Now” avevamo pubblicato 2 EP di 6 pezzi ciascuno. Rispetto a questi c’è prima di tutto una produzione che finalmente valorizza i nostri pezzi. Con gli EP non siamo mai riusciti a trasmettere al massimo l’impatto che abbiamo dal vivo, invece questo album ci rappresenta meglio sotto questo aspetto. Poichè questa cosa non è stata afferrata del tutto, ci teniamo a precisare che questo disco è “suonato”, ci vuole quindi una certa predisposizione all’ascolto, perché va un po’ controcorrente rispetto a tante produzioni moderne. Possiamo dire che è un disco più vicino agli anni ’90 che ai giorni nostri (qualcuno ha detto 'Heartwork' dei Carcass?), non perché noi non siamo al passo con i tempi, ma piuttosto perché abbiamo voluto evitare a tutti i costi di avere tra le mani un disco che suonasse “finto”, cosa che ultimamente capita troppo spesso (purtroppo), sia nell’underground, sia tra i professionisti.
Oltre alla produzione, c’è stato un notevole cambiamento anche a livello di arrangiamento.
Non è stata assolutamente persa l’anima più viscerale e diretta dei nostri brani, ma gli arrangiamenti sono stati decisamente più curati. Siamo un po’ meno grezzi, ma non per questo più raffinati! Anzi, con questo disco siamo diventati un po’ più “estremi”, in alcuni punti abbiamo spinto un po’ di più sull’acceleratore rispetto al passato. Ci hanno anche riferito che la nostra proposta si è fatta più matura e convincente, speriamo sia vero!
Ripercorriamo per un attimo la storia della band. Molto uniti e con una line up che ha visto solo un cambio di componente, quali sono state e sono tutt’ora le vostre influenze? Chi le band dalle quali avete preso ispirazione?Come è nato e si è evoluto nel corso del tempo il progetto?
Parto dall’ultima domanda. In realtà il progetto Samael’s Fall è nato da un’idea di Ale e Carlo, un nostro carissimo amico, che però si è fatto subito da parte (ancora prima che ci fosse un nome) per proseguire gli studi a Milano. Io (Beli) sono stato reclutato durante un concerto del mio gruppo di allora. E per durante intendo dire che Ale è venuto a chiedermi di suonare con lui proprio durante il concerto, mentre stavo suonando. Non ho potuto rifiutare.
Abbiamo quindi iniziato a scrivere i primi pezzi e dopo qualche tempo abbiamo reclutato Otis alla batteria e Pietro al basso, questo è stato il primo vero nucleo dei Samael’s Fall, con il quale abbiamo registrato i 2 EP di cui parlavamo prima e abbiamo fatto parecchi concerti. Quello che scrivevamo si evolveva di pari passo con la nostra crescita musicale e di gruppo, cosa che è ancora in atto.
Nel 2011 Otis ha deciso di lasciare la band per seguire i suoi progetti personali, e siamo in ma siamo ancora in ottimi rapporti, tanto che ha fatto pure una comparsata al nostro release party! Siamo stati molto fortunati a trovare Marco nel giro di poco tempo, si è integrato alla perfezione, e fin dalle prime prove sembrava di suonare insieme da sempre. Abbiamo trovato un grande amico, oltre che un valido batterista, ci piace considerarci come una famiglia piuttosto che come un gruppo. Una famiglia allargata che comprende anche morose/amici/seguaci più assidui. Una specie di comune hippy!
Le nostre influenze sono davvero tante, e si possono apprezzare all’interno del nostro disco.
Le band che ci hanno ispirato maggiormente sono Slayer, Carcass, Testament, Sepultura, Metallica, Machine Head, In Flames…
Per quanto riguarda me (Beli) e Ale, ci piace ascoltare un po’ di tutto. Quando eravamo più giovani eravamo belli fissati con Metallica, Slayer e tutta la scena melodic-death svedese (In Flames, Dark Tranquillity..). Con il tempo abbiamo imparato ad apprezzare anche generi più estremi come il grindcore o il death meno melodico. Da un paio d’anni a questa parte siamo stati letteralmente rapiti da Devin Townsend, e da tutto quello che ha composto, dai dischi degli Strapping Young Lad, alle sue produzioni più recenti, passando per tutto quanto abbia scritto in mezzo, vi consigliamo di darci un’ascoltata!
Io inoltre ascolto tantissimo rock, la mia “formazione” come chitarrista è stata molto improntata sul rock più classico. Ma mi piace molto anche l’elettronica, ascolto gruppi come Daft Punk, Prodigy, Pendulum, apprezzo il cantautorato, l’indie rock… Ascolto parecchia musica che non ha nulla a che fare con il metal.
Pietro oltre è un appassionato di reggae e ska, in particolare c’è un passaggio del nostro disco dove potete apprezzare queste influenze… qualcosa diverso dal solito!
Marco invece ascolta tutto il metal, dagli Iron Maiden ai Cannibal Corpse. In particolare è appassionato di power italiano, brasiliano e tedesco (Labyrinth, Angra, Helloween…). Ma non disdegna del buono e sano hard rock alla Gotthard. Inoltre non mancano mai le sue influenze jazz e blues, da Dave Weckl a Joe Bonamassa.
Quali sono le caratteristiche tramite le quali pensate di differenziarvi dagli altri in qualità di band?
Bella domanda! Penso che un nostro punto di forza sia il fatto di essere molto diretti. Sia come persone che come musicisti, non ci perdiamo in troppe chiacchere inutili, ma cerchiamo di arrivare subito al dunque. Così è la nostra musica. Diretta ed il più possibile efficace. Non ci sentirete spesso perderci in assoli troppo lunghi, in virtuosismi fini a sé stessi, non fa parte del nostro modo di esprimerci. Andando a sentire concerti, anche di gruppi più giovani di noi, si vedono troppo spesso esibizioni di tecnica, che secondo noi sono alla lunga diventano pesanti e a fine concerto ti lasciano poco o niente. Noi puntiamo a lasciare qualcosa al pubblico, puntiamo a farlo tornare a casa con in mente un nostro riff o una nostra canzone. Che non vuol dire essere commerciali (altrimenti suoneremmo ben altro!) tantomeno essere dei musicisti scarsi, è semplicemente il nostro modo di esprimerci.
Un altro nostro punto di forza credo che sia la dimensione live, fattore sul quale puntiamo tantissimo. Negli anni siamo diventati più precisi, più potenti. Non facciamo musica di sottofondo, se verrete a un nostro concerto non ci saranno lentoni, non ci saranno pause cicca ma soprattutto non vi lasceremo parlare con quello in fianco a voi tanto facilmente!
Quando possiamo tentiamo anche di proporre uno spettacolo un pelo diverso dal solito concerto thrash/death metal. Ci piace invitare degli ospiti sul palco con noi, cerchiamo sempre di dare un po’ di movimento alla serata. Ogni tanto ci siamo cimentati in qualche cover, riarrangiando a modo nostro canzoni che con il nostro genere non hanno assolutamente nulla a che fare, come “Poker Face”, o “Gangnam Style”, che abbiamo suonato al nostro release party, con tanto di ballerini.
La musica deve essere prima di tutto un divertimento. Non ci prendiamo mai troppo sul serio, e questo forse è un altro punto a nostro favore. Ci divertiamo un sacco a suonare, e facciamo di tutto perché si diverta anche chi è sotto al palco.
Anche se probabilmente la cosa che ci distingue da qualsiasi altro gruppo al mondo è la quantità di birra che riusciamo a trangugiare, ma questa è un’altra storia!
Che ne pensate del panorama metal underground odierno? Quali difficoltà, se ce ne sono state, avete riscontrato nel proporre la vostra musica?
Qua si apre un capitolo del quale potremmo parlare per giorni e giorni… Cercherò di essere breve!
Diamo per scontato che il nostro paese non è di certo un’isola felice per chi fa un certo tipo di musica. Anzi, fanno di tutto per metterci i bastoni tra le gambe, non sia mai che dei poveri gruppi indipendenti possano rubare spazio ai talent show, o ai soliti volti noti.. Facendo un genere un po’ “estremo”, la fatica che facciamo per far conoscere la nostra musica è tanta. E spesso (quasi sempre) non è adeguatamente ripagata. Sappiamo tutti quanto pochi siano i locali che ti permettono di suonare metal. Sono ancora meno quelli attrezzati a dovere, che rendano possibile fare un concerto comprensibile al pubblico. La maggior parte delle volte ti trovi a suonare su palchi poco più che improvvisati, ti devi portare TUTTO da casa, devi farti la pubblicità, tutto questo per un panino e una birra. E’ diffusa tra i “localari” la mentalità che farti suonare nel loro locale sia farti un piacere. Bisognerebbe invece imparare a valorizzare chi suona, e iniziare a considerare un concerto per quello che è, cioè un vero e proprio servizio che si fa al locale. E come servizio deve essere ricompensato. Noi (e tantissimi altri) ci sappiamo accontentare davvero di poco, non lo facciamo per i soldi, ma andare sempre costantemente in perdita alla lunga è demotivante.
So perfettamente che un locale non è un ente di beneficenza, che ci sono le bollette e i dipendenti da pagare, ma delle volte basterebbe davvero poco per venirsi incontro davvero e dare la possibilità a un gruppo di essere incentivato a proseguire.
A tutto questo dobbiamo aggiungere il fattore crisi, che ha portato davvero tanti locali a chiudere, e parecchi dei sopravvissuti si son trovati costretti a cambiare la loro proposta, per renderla appetibile ad un pubblico più vasto, il che vuol dire eliminare il metal, sia inedito che cover.
Al di là di tutto questo il problema più grande dell’underground veneto e non (anche se da quanto mi risulta noi veneti siamo messi relativamente bene) è il pubblico. Ci sono davvero un sacco di persone “spente”, poco attive. C’è un sacco di gente che se ne sta a casa piuttosto che fare un po’ di chilometri per godersi un concerto. Ce ne sono tanti altri che non si schiodano dal solito bar nella piazza del paese. C’è anche chi viene e mentre suoni se ne sta fuori a parlare degli affari suoi. Ci sono migliaia di persone che si reputano aperte di mente, ma vanno a vedersi 10 tributi (ai soliti gruppi) piuttosto che sentirsi mezz’ora di un gruppo che propone qualcosa di inedito, magari più valido.
Apro una piccola parentesi riguardo ai tributi. Tutti noi abbiamo suonato in un tributo o in una cover band. Io non sono durato perché suonare in un tributo semplicemente non fa per me, ma ho tantissimi amici che suonano in tributi, suonano tanto in giro, si divertono e si prendono pure un po’ soldi. Il tributo non è il male della musica, il tributo è una delle tante offerte che un “consumatore” di serate può scegliere. In quanto offerta, il tributo sopravvive se c’è la domanda. Se ci sono tanti tributi, vuol dire che è questo che il pubblico medio vuole. E questo perché il pubblico medio non è abituato a cercare qualcosa, ma piuttosto a farsi investire dalla proposta. Tento di spiegarmi meglio, valutando la musica come un “oggetto”, un prodotto, ci sono ben pochi consumatori di questo prodotto disposti a cercare qualcosa di nuovo. C’è piuttosto una fetta importante di consumatori che preferisce subire passivamente, che non ama rischiare, le cui serate sono così importanti che non vale la pena rischiare di rovinarle andando a sentire un gruppo che potrebbe non piacere. E quindi sceglie il tributo. Vai a vedere un tributo e sai in anticipo cosa ti si parerà davanti. Sai già le canzoni, quindi il tuo impegno può essere minore, non dovrai faticare troppo per poterti godere la serata. Un gruppo che fa musica inedita è molto più impegnativo, devi stare attento perché non conosci le canzoni, non sai cosa aspettarti, devi tenere il cervello acceso per capire cosa vogliono effettivamente comunicarti, è più “difficile”. Ma se lo fai bene vedi che ne vale assolutamente la pena! Un sacco di persone ci seguono anche se non sono esattamente “dentro” il genere. E si divertono, perché vedono passione, perché vedono che noi ci divertiamo se ci sono anche loro, e perché magari tornano a casa soddisfatti. E la volta dopo sono di nuovo presenti, in prima fila, ti chiedono i testi delle canzoni e se le ricordano.
Lancio un appello: fate lo sforzo di andare a sentire qualche gruppo diverso, qualcuno che proponga qualcosa di suo, che ha qualcosa da dire. Potrebbe andarvi male, in tal caso avrete buttato al vento una serata della vostra vita. Potrebbe andarvi bene, in tal caso ne guadagnerete molte altre.
Personalmente vado a sentire qualche tributo ogni tanto. Ogni tanto è la giusta misura, alcuni tributi sono davvero validi e sono un piacere per le orecchie, non lo nego. Mi permetto anche di dire che nonostante possa sembrare assurdo, ci sono alcuni tributi che supportano la musica emergente, che permettono a gruppi come noi di sfruttare una parte del loro pubblico per farsi conoscere. Su tutti mi sento di citare gli Orion (tributo ai Metallica), prima amici che musicisti. Hanno dato a noi come a tanti altri gruppi che suonano musica propria la possibilità di esibirsi prima di loro in locali altrimenti inarrivabili. Devo dire che per noi è stato un ottimo trampolino di lancio, ancora oggi collaboriamo spesso, e ne vale sempre la pena.
L’ultimo punto che mi piacerebbe toccare (e poi forse concludo) riguarda gli altri gruppi. Troppe volte si vede la concorrenza invece del supporto. Ci siamo trovati tante volte di fronte a personaggi che si credono “arrivati”, con pretese assurde e che rendono l’organizzazione di una data insieme una sofferenza. Poi ci sono quelli che semplicemente non ci credono, che non si degnano nemmeno di fare un po’ di pubblicità ai loro stessi concerti, farebbero meglio a starsene a casa. Farebbero meglio a stare a casa anche le centinaia di personaggi che si riempiono di tante belle parole, che fanno proclami a supporto dell’underground, ma che supportano solo la loro fetta. Il classico esempio di chi bada solo al proprio orticello.
Non è una guerra tra le band, è il supporto a vicenda che dà stimola tutti noi ad andare avanti, perché chi meglio di un musicista sa come supportare un gruppo? La scena è viva se e solo se noi la alimentiamo, si tratta di fatica e sudore, ma chi supporta viene a sua volta supportato, quindi è nell’interesse di tutti.
Vorrei anche citare un paio di realtà che funzionano, come la WoM, che si occupa di organizzare e promuovere serate metal nel padovano, che hanno sempre un gran successo, merito dell’offerta ottima e di un pubblico attivo, che ha voglia di esserci e di partecipare, oppure i ragazzi della Trivel, fanno delle serate hardcore da paura, principalmente in provincia di Venezia, li conosciamo personalmente e possiamo assicurarvi che in tutto quello che fanno ci mettono il cuore, sono sicuramente da premiare. Ho seguito con piacere anche il percorso della neonata U.M.A. (Underground Metal Alliance), che si ripropone di unire i gruppi underground sotto un’unica associazione e con la creazione di un festival itinerante al quale parteciperemo, speriamo che la cosa funzioni ed abbia un buon seguito!
Quali sono le vostre prossime date?
Fortunatamente ne abbiamo diverse:
31/03 – Moon Club, Mirano (VE), con Livyatan (che presenteranno il loro album) e Astra Draconis
13/04 – Garage Club, San Martino di Lupari (PD) – WoM Night con gli Amassado
20/04 – Devils Music Pub, Veternigo (VE) con i Kill The Klown
27/04 – Midian, Cremona, con gli Orion
11/05 – Birreria Alla Pesa, Bressanvido (VI)
17/05 – Art Cafè, Vicenza con gli Orion
Avete dei progetti particolari o dei sogni nel cassetto che ci potete svelare in anteprima?
Attualmente i nostri sforzi sono concentrati sulla produzione di nuovo materiale e contemporaneamente stiamo tentando di promuovere il nostro disco e di espandere il nostro pubblico soprattutto fuori dalle nostre zone, infatti stiamo cercando date al di fuori del veneto (contattateci!!!).
Quest’estate dovremmo girare il nostro primo video, sempre se le nostre finanze ce lo permetteranno. E poi siamo in contatto con l’organizzazione per un festival che vedrà nomi di rilievo internazionale dalle nostre parti… ma preferiamo non parlarne, visto che è ancora tutto in alto mare!
Il nostro sogno nel cassetto è senz’altro quello di riuscire ad andare in tour, di portare fuori dal confine la nostra musica (anche se è già stata apprezzata negli Stati Uniti, e da un tale Ola Englund, per chi non lo conoscesse, il nuovo chitarrista dei Six Feet Under).
Grazie per questo spazio, e ci vediamo sotto un palco, birra in mano obbligatoria!!
Pagina Facebook: http://www.facebook.com/Samaelsfall
Che altro aggiungere... pieno supporto a chi continua con umiltà a lavorare per realizzare i propri sogni.
Blackstar