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STARBYNARY
Ciao a tutti,
oggi abbiamo la straordinaria occasione di conoscere più da vicino gli Starbynary, band con base a Milano, reduce dalla pubblicazione dell’ultima fatica “Divina Commedia: Paradiso”. Quest’album, quarto della discografia, chiude la trilogia iniziata nel 2017 con “Divina Commedia: Inferno”.
I giudizi sulla produzione discografica dei nostri ospiti sono sempre stati eccellenti, come potrete leggere nella recensione apparsa qualche giorno fa.
STARBYNARY - Divina Commedia - Paradiso - Italia Di Metallo
L’invito è, come sempre quello di non fermarsi e andare a cercare anche le recensioni più vecchie per seguire il percorso del gruppo e, perché no, se non li si conosce, per andare a scoprire i loro lavori.
D: Innanzitutto una domanda sul moniker; perché Starbynary e da dove è arrivata l’ispirazione per il nome?
Ciao, sono Luigi (Accardo, ndr), tastierista e songwriter. Grazie intanto per lo spazio!
Il progetto Starbynary nasce da un’idea di Joe Caggianelli e Leo Giraldi (ex membro, chitarre). Il concetto di stella binaria era calzante inizialmente: “un sistema stellare formato da due stelle che orbitano intorno al loro comune centro di massa”. La massa era la musica e le due “stelle” erano proprio Joe e Leo. Chiaramente adesso non vi è più nessun riferimento, dopo tanti anni, dischi e ampliamento della formazione. Il nome è però ovviamente rimasto.
D. Pur avendo un nucleo di membri stabili, la formazione è cambiata nel corso del tempo. Potete darci qualche informazione sulla line-up?
Il primo disco vedeva, al basso, la presenza di Mike LePond (Symphony X). Dal secondo disco il basso è suonato da Sebastiano Zanotto (Break Free) mentre alla batteria si sono succeduti prima Andrea Janko (Angelcorpse) e poi Alfonso Mocerino (Temperance) che ha registrato “Purgatorio” e “Paradiso”. Proprio in Paradiso è avvenuto l’ingresso di Ralph Salati (Destrage) che ha sostituito Leo alla chitarra. Credo che questo avvicendamento abbia influito in modo evidente sulla tipologia di riff e frasi chitarristiche in generale utilizzate.
D: Siete stati inseriti nella categoria “Progressive/Power”. Al netto delle etichette che spesso sono più delle gabbie, vi riconoscete in un genere particolare?
Dici bene, sono delle vere e proprie gabbie, da un lato utili per fare un minimo di ordine nel gran marasma di generi e sottogeneri offerti dal metal, dall’altro fuorvianti perché interpretabili a piacimento. Non saprei dire se ci riconosciamo in un genere particolare, di sicuro le commistioni sono tante. L’ultimo disco, Divina Commedia – Paradiso”, è intriso ad esempio di contaminazioni derivate dalle sonorità che risalgono al Madrigale italiano del primo Seicento: dove inserirlo dunque nelle macro categorie sopra menzionate?
D: Tra le band cui siete stati associati ho trovato spesso i Dream Theater. Certamente il paragone è lusinghiero, sia in termini esecutivi che di successo. Vi pare che sia azzeccato?
Il paragone è estremamente lusinghiero; anche nel 2018, dopo alcune date di supporto agli ANGRA, alcune recensioni dei live fecero questo confronto. Trovo però che il paragone non sia del tutto corretto: è vero che la tipologia di formazione, come organico, li può ricordare. Ma il linguaggio, nei suoi aspetti di base, è totalmente diverso. I DT scrivono musica basata sulla struttura pentatonale, nei nostri quattro dischi non c’è traccia di mezza scala pentatonica, forse qualche richiamo in alcuni soli di tastiera, niente di evidentemente strutturale o caratterizzante.
D: Siete stati impegnati in una trilogia, seguendo le tre Cantiche della Divina Commedia, ma già il vostro primo album (Dark Passenger) era di fatto un concept ispirato alla serie TV Dexter. Immagino che il filo compositivo parta dalla storia che volete raccontare. Decidete prima il soggetto poi viene la musica, oppure soggetto e testi arrivano in un secondo momento?
Si parte prima dal soggetto. In genere Joe costruisce il concept, canzone per canzone, evidenziando tutta una serie di elementi potenzialmente musicabili. Io intervengo sulle sue proposte, scegliendo tra questi momenti e scrivendo la musica di conseguenza, indicando i riferimenti al nucleo della storia che cerchiamo di narrare. A questo punto lui lavora sui testi e si chiude il ciclo.
D:Venendo nello specifico a “Divina Commedia: Paradiso”, avete utilizzato moltissime collaborazioni. Ci raccontate qualcosa in merito?
Avevamo innanzitutto bisogno di una “Beatrice”, nella persona di Lisy Stefanoni, che già aveva partecipato alle registrazioni di Purgatorio. Per il resto, mi piace molto poter inserire strumenti prelevati dalla musica classica, come flauto, violino e violoncello e – occupandomi prettamente di musica barocca – ho la fortuna di conoscere dei bravissimi colleghi disposti a partecipare a questo progetto. Nicola Brovelli, violoncellista del Quartetto Vanvitelli in cui sono attivo - ha suonato anche in “Purgatorio”. Stessa discorso per il coro iniziale di “Stars”: le voci bianche invece sono allievi di Cristina Greco, soprano, essa stessa coinvolta anche come cantante proprio in “Stars”. Renato Cadel, cantante e liutista, è invece il narratore; ho pensato a lui in quanto trovo che abbia un timbro di voce interessantissimo anche solo quando parla normalmente!
D: Pur trovandoci in una situazione particolare, in cui i concerti sono un miraggio, pensate di poter riprodurre tanta grandiosità in sede live (magari utilizzando delle basi per i cori ?)
Mi piacerebbe, in caso di occasioni speciali, portare almeno tre cantanti con me, che potrebbero intervenire praticamente in tutte le canzoni. Forse è un’utopia, forse no, vedremo! Certamente, l’utilizzo di sequenze registrate potrebbe essere una soluzione, in caso di necessità. Purtroppo, come dici tu, l’idea di live al momento è tale quale al più classico dei miraggi.
D: Da ultimo l’attività promozionale. Non potendo portare in giro l’album con i concerti, su cosa vi concentrate per far conoscere la vostra musica? La scena italiana è in grado di supportare una band con sonorità ambiziose come le vostre?
Purtroppo, dobbiamo basarci sulla sola condivisione via social, e la cosa è spesso frustrante perché i contenuti proposti quotidianamente sono moltissimi ed è difficile farsi notare.
Il vero problema è che la capacità di attenzione all'ascolto, anche nel metal, è ormai sempre più striminzita. Per quanto mi riguarda (ma io sono un pessimista, chi mi conosce lo sa) la situazione in Italia è abbastanza disperata.
I live club scarseggiano, così come le occasioni pe suonare. La gente, in generale, ha poco interesse per le formazioni minori e comunque, in linea di massima, preferisce i live delle cover band. Riguardo poi alla tipologia di genere proposto, credo che il nostro sia attualmente agli antipodicrispetto alla strada intrapresa dal genere. La dimostrazione è data dal fiorire di tutta una serie di band che si stanno concentrando sulla creazione di vere e proprie canzoni pop, differenziandone le sonorità solo per l'utilizzo di chitarre distorte e qualche fill di doppia cassa velocissimo qua e là. Spero comunque di essere smentito nel prossimo futuro !!
E vista la qualità dei loro lavori sarebbe decisamente in caso.
Ringraziando Luigi Accardo per la sua sincerità e passione, non posso che invitarvi all'ascolto degli Starbynary.
Intervista a cura di Alberto Trump