Ricerca
Contattaci
Per segnalare concerti o richiederci una recensione delle vostre band, scriveteci compilando il modulo in questa pagina
Accesso utente
Chi è on-line
7° Edizione Rock and Bol Metal Fest con Arch Enemy + Rod Sacred + Mankind Has Fallen + Nuhar @ Bastione San Pietro
12 Agosto 2014
Quasi due settimane fa si è svolta la settima edizione del Rock’ n’ Bol a Bolotana, che ha visto quest’anno avvicendarsi sul palco Nuhar, Mankind Has Fallen, Rod Sacred e, da headliner, Arch Enemy.
Con notevole ritardo sull’orario, per via di esigenze e richieste tecniche principalmente degli headliner, e conseguente taglio sulla scaletta sui primi tre gruppi, oltre che graduale adeguamento del suono generale durante l’esibizione di tutti i gruppi, aprono la serata i Nuhar da Macomer, che in tre pezzi di recente pubblicazione su demo, 'Above Tower', 'Rope' e 'Den', propongono uno stile eclettico di growl e bassi potenti nella miglior tradizione death ma con ampie aperture progressive nell’ ampliamento melodico dei brani.
Seguono i Mankind Has Fallen, formazione oristanese già all’ attivo con l’EP 'Satyriasis' del 2012, ma che sul palco bolotanese ci propongono tre inediti, 'This is for what I was living', 'Robocop' e 'Incubus' , nei quali metalcore e crossover si fondono con chiari riferimenti nu metal, con batteria e chitarre di forte impatto. Buona l’esibizione di entrambi: anche se penalizzati dal tempo limitato e dai sopracitati inconvenienti, è emersa la forte volontà di mostrare inventiva ed energia sul palco, e il pubblico lo riconosce con partecipazione e un grande applauso.
Con 'The Enter' irrompono sulla scena i Rod Sacred: l’attesa dei mesi scorsi per lo storico gruppo sardo, meritevole di essere fra i primi gruppi italiani heavy metal negli anni '80, si fa sentire subito, con un pubblico che li accoglie con applausi e invocando il loro nome, ma è al di sopra delle aspettative, perché quello più vicino al palco è formato da giovanissimi, non solo da fan di vecchia data. La successione dei primi tre pezzi, tiratissimi, 'Circle of Lust', 'Don’ t Fear the Rain' e 'Lonely Between Mass of Puppets', già facenti parte del primo album ma in nuove versioni riarrangiate, mostra un gruppo affiatato ed energico, con piena padronanza del palco e presenza scenica coinvolgente, continua interazione con il pubblico che canta e si diverte, un gruppo nel pieno del virtuosismo, con la potenza vocale di Alessandro Marras già nota dalla sua militanza nei Virgin Killer, oltre la sua energica interpretazione, Efisio Pregio (quale cognome più profetico per un talento come lui?) di tecnica impeccabile alla batteria, l’alternanza di riff e magistrali assoli di chitarra di Martino Vargiu, già nella formazione originale, e Jimmy Carboni, ex Rolling Gangster, il Franco Onnis di sempre, vero “animale da palco”con il suo stile inconfondibile al basso, nel pieno del geniale talento, anche perché vede con felicità la sua creazione riprendersi di diritto il suo luogo naturale.
'Nightmare' e 'Hyperdrive' di recente produzione, forse i brani più rappresentativi dei “nuovi” Rod Sacred, la prima delle quali su testo di Alessandro, sviluppano fluenti narrazioni nella migliore tradizione heavy, ma con sonorità perfettamente inserite negli anni in cui viviamo. Immancabile 'Kiss of Death', cover appena pubblicata nella seconda compilation tributo alla Strana Officina, reinterpretata in modo vigoroso e senza incertezza, per una cover che è quasi una nuova creazione. Chiudono, sacrificando anch’essi dei brani, con un doveroso ricordo al defunto Paolo Bonilli, compianto chitarrista originario della formazione, e a Cristian Nocco, cantante cagliaritano degli Inkarakua, di cui il 12 agosto ricorre il primo anniversario di morte, e riproponendo 'Crazy For You', metaforicamente dedicata alla folla che acclama con una grande ovazione e chiede invano che continuino a suonare. Poco più di mezz’ora è stata disponibile per loro, ma sapientemente impiegata dalla band in otto brani di forte impatto.
La musica dei Rod Sacred è puro ed energico heavy metal senza compromessi e nella sua massima espressione: facili e immediati paragoni maideniani ai più, per una maggiore riconoscibilità e categorizzazione, si annullano di fronte al live, perché la musica di Franco e soci non è la musica “di maniera”, ma è la musica di chi quell’ heavy metal lo CREA e lo SUONA ancor prima lo si possa chiamare così; non è la musica che suona “come” i classici, ma È essa stessa classica in sé per sé, e perciò Maestra.
Arch Enemy headliner del festival bolotanese: oltre al mentore e fondatore della band, il chitarrista Michael Amott, Sharlee D’ Angelo al basso e Daniel Erlandsson alla batteria, stabili da tempo nella line – up, la formazione è costituita da Nick Cordle alla chitarra, a sostituire Christopher Amott già da due anni, e la nuova cantante Alissa White-Gluz, con la quale è stato inciso di recente l’ ultimo album 'War Eternal'.
Dopo l’ intro iniziale 'Tempore Nihil Sanat' , l’inizio è energico con 'Enemy Within', brano del repertorio classico della band, da “Wages of Sin”, uno degli album più belli e rappresentativi della loro discografia, seguita da 'War Eternal', omonima traccia dell’ ultimo album, e 'Ravenous', sempre da “Wages of Sin”. Alissa sollecita il pubblico, cerca l’interazione, incita a seguire il tempo, i virtuosismi di Amott si alternano agli assoli di Cordle, e la risposta è di pieno coinvolgimento, nell’apprezzare e conoscere sia i vecchi brani, 'Revolution Begins' da “Rise of the Tyrants”e 'Bloodstained Cross' da “Khaos Legions”, sia 'You Will Know My Name' dall’ultimo album, che spicca per freschezza di suoni e maggior velocità.
L’assolo di Erlandsson spezza la successione da “guerra eterna” invocata ed evocata dalla band e dona al pubblico una “tregua” meritata, ma prepara solo il terreno per 'Under the Black Flags' da “Kaos Legions”, tra le tracce più cupe della loro intera discografia. E il concerto ricomincia nelle tipiche sonorità Arch Enemy, con 'As the Pages Burns', terza traccia proposta dall’ultimo album, ripercorrendo tappe ben conosciute dal pubblico, tra le quali 'No Gods No Masters', 'Dead Burn Their Dead', 'We will Rise'.
'Snow Bound' , eseguita magistralmente dallo stesso Amott, ci illude stia finendo il loro show, ma le ultime tracce sono realmente 'Nemesis' e, dal primo album, 'Fields of Desolation', dopo le quali salutano il pubblico con il consueto lancio di gadget della band e lasciano il palco.
Ci saremmo aspettati forse una scaletta più snella e nella quale fosse predominante la promozione dell’ ultimo album (di recente uscita anche il singolo 'No Regrets' che non hanno proposto), ma in circa due ore di concerto senza esitazioni gli Arch Enemy privilegiano invece brani del repertorio classico dei loro live, soprattutto di epoca Gossow alla voce, con ampi intermezzi strumentali ad alleggerire la potenza del loro show e a “sfogare” la verve melodica di Amott.
Suoni nitidi e puliti in una produzione iper moderna, così come evidenti nei più recenti album in studio e in generale nella progressione dei lavori degli Arch Enemy dagli esordi ad oggi, arricchendo gli inizi più propriamente death con spunti power e melodici, atmosfere e attitudini cupe dei testi solo mitigate dalla sporadica dolcezza di alcuni fraseggi di chitarra di Amott, da stacchi più lenti di batteria e dalla freschezza dell’esuberante Alissa, che dimostra versatilità nell’approccio con i “suoi” più recenti brani sia con quelli storici della band, esecuzione puntuale solo in parte penalizzata dall’acustica non del tutto ottimale.
L’ingrato, quanto scontato, paragone tra la Gossow e la giovane Alissa ha forse reso gli show della band del tour 2014 come dei banchi di prova, dividendo i fan storici fra i detrattori di questa sostituzione e i sostenitori. Ma le differenze sono notevoli, e la nuova singer ci tiene a dimostrare energicamente un’esuberanza sul palco e un vigore vocale tutto suo, molto distante dalla potente monumentalità di Angela, e, che piaccia o meno, da rilevare. Non a caso forse l’ “assenza” dallo show del repertorio di “epoca” 'Liiva' (ottimo “Burning Bridges” del con Liiva alla voce) meno consono alle doti vocali della nuova cantante e stilisticamente più distante dalle recenti produzioni Arch Enemy.
Uno spettacolo che, per completezza e ampiezza proposta, non lascia spazio a dubbi sull’ identità della band..
L’unico piccolo rammarico forse, se ci è concesso, da fans, è il sentore di “intoccabilità” della band che aleggiava fin dal pomeriggio, per il quale il massimo contatto in primis con le altre band e in generale con il pubblico si è svolto solo ed esclusivamente nello spettacolo.
Uno spettacolo, che fin dalle scorse edizioni, ha puntato sulla qualità dell’evento nel complesso e della musica proposta in generale, e ha avuto il suo meritato responso, confermando il festival di Bolotana tra gli eventi di riferimento a livello nazionale per la musica metal.
Ma il vero protagonista di quest’anno a Bolotana è stato forse il pubblico: un pubblico numeroso, di giovanissimi per la maggior parte . Che sia un segnale del tanto agognato rinnovamento della scena metal in Sardegna?
Senz’altro di buon auspicio per i prossimi anni.
Long live Rock’ n’ Bol ;)
Live report a cura di: Cristina Crystall Crillax