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Watch Tower Festival @ The Jungle
12 Agosto 2014
Cascina (Pisa)
Carissimi amici e amiche metallari/e, la pausa estiva della rivista (e del sottoscritto :) ) è appena passata, le mie metallarissime palle hanno finito di arrostirsi al sole e debbono tornare ai loro impegni tra i quali quello di raccontarvi come è stato il Watch Tower Festival, tenutosi il 12 agosto a Cascina al The Jungle, organizzato dalla Watchtower Bocking&Events.
Voglio assolutissimamente mettere le mani avanti: non sono un fanatico di black, doom, groove, hardcore, “satana è grande”, “ruttinelmicrofonomentreburzumpreparalarosticcianadichitarristamorto”, quindi quello che leggerete probabilmente sarà un report diverso da quello che vi aspettavate. Mettiamola così: condividerò con voi la mia primissima esperienza ad un festival di metal estremo. Chi segue le mie recensioni sa infatti che mi occupo principalmente di thrash e “powerozzo, che più powerozzo (unicorni che escono dalle retine di Kiske che prepara tiramisù a casa di Fabio Lione) non si può”. Bando alle ciance e veniamo al nocciolo della questione: il Watch Tower Festival!
Appena arrivato sono rimasto subito stupito dalla location, un posto veramente azzeccato. La zona dedicata al Festival, tranquilla e sufficientemente immersa nella natura, si trovava affianco all’argine di una delle tante casse di espansione presenti lungo il fiume Arno. Dal primo pomeriggio sono stato investito e devastato dalle sonorità granitiche sparate a un volume veramente “illegale” dei gruppi che hanno aperto la giornata all’insegna del metallo pesante. Piano piano il posto ha cominciato a riempirsi e l’integratore a base di luppolo ha iniziato a scorrere in quantità sempre più importanti, mentre il sole iniziava a scomparire al di la dell’orizzonte toscano, rendendo ancor più poetico il contesto in cui tutti noi “capelloni vestiti di nero” ci trovavamo. E così, da completamente vergine riguardo a groove, doom e black metal, mi sono sparato un agile e godibilissimo pomeriggio in compagnia di Fall of Darkness, Atomic Blast, Naga, Shores of Null e The Secret, fino ad arrivare a uno dei due gruppi di apertura veri e propri: i Church Of Misery, gruppo Stoner Doom giapponese formatasi a Tokio nel 1995. Primo ascolto e prime impressioni a cominciare dal look: questi tizi sembravano appena usciti da Woodstock con i loro pantaloni a zampa di elefante, le camicie colorate e i capelli lunghi. Per quello che riguarda le influenze musicali non si può non dire che il “trio del sol levante” non abbia preso spunti dal rock/blues americano un po’ anni ‘70 un po’ southern, cosa che mi ha non solo stupito, ma molto compiaciuto. Una bella mixitè di sonorità e complessità del sound, dove il rock, il blues, lo stoner e la psichedelia hanno incontrato tre ragazzi giapponesi. Bravi!
Dopo i Church of Misery è il turno dei Destrage, gruppo tutto italiano, formatosi a Milano nel 2005. Avevo già sentito parlare in maniera più che positiva di questi ragazzi ed ero veramente curioso di sentirli live; così mi sono avvicinato alla transenna e con le orecchie tese mi sono messo ad ascoltarli per la prima volta. Sono rimasto da subito piacevolmente sorpreso nel trovare cinque ragazzi che sapevano stare sul palco e che in quanto a presenza scenica non avevano nulla da invidiare a gruppi molto più famosi e blasonati. Il quintetto milanese ha spaccato veramente i culi! Sul palco non c’erano i soliti ragazzini pieni di tatuaggi, desiderosi di cavalcare la scia di un genere alla moda, ma musicisti con le palle. Pezzi molto complicati, passaggi difficili giostrati con una “facilità” (apparentemente) disarmante. Virtuosismi di chitarra e di batteria, una voce che varia tra il growl, pulito, scream e di nuovo pulito in una manciata di secondi e soprattutto il divertimento. I ragazzi tra il pubblico, me compreso, si divertivano, conoscevano le canzoni e le cantavano. Successo pieno per i Destrage e sicuramente un nuovo fan tra le loro fila. Se vi capita tra le mani un loro album ascoltatelo e se capitano nella vostra zona andate a vederli perché meritano tanto!
Ordunque tra un growl e un riff in drop c# sono arrivato al momento topico: l’entrata in scena dei Napalm Death, per i quali non voglio spendere parole di presentazione (se non sapete chi sono spegnete il computer, andate al primo rivenditore ticket one e comprate il biglietto per il prossimo concerto di Nek, lì credo vi troverete bene).
Che dire sulla loro prestazione se non “chapeau!”. Quattro musicisti che solcano i palchi di tutto il mondo dal 1981 e sono ancora lì a sfondare timpani e a far pogare la gente. Esteticamente inguardabili (ma a noi piacciono così), panze da Oktober Fest e gli anni che si fanno vedere tutti, ma non si fanno sentire per niente. Energia e cattiveria da vendere, più di un’ ora e mezza di zucchero, cannella e ogni cosa è grezza. I miei livelli di esaltazione non raggiungevano picchi così alti da quando, nel 2007, vidi Phil Anselmo davanti a quarantamila persone grattarsi le palle a pelle (scusate lo scioglilingua) e annusarsi la mano compiaciuta durante un assolo di chitarra. Solo quell’episodio è stato sufficientemente hardcore da poter essere equiparato a tal concentrato di ignoranza e grezzume. Ogni nota, ogni accordo e ogni parola dei Napalm ha un solo scopo: distruggere! Ero già un fan dei Napalm Death e grazie a questo live ho capito perché loro sono una band così longeva e rimasta nel cuore dei metallari per così tanto tempo. Transenna in mano, headbanging fino al distacco della seconda vertebra e pogo mortale: long live Napalm Death!!!.
Stay Metal
Luca Fiorini
ps: Ringrazio il mio caro amico Simone Vanelli che ha presenziato in qualità di reporter fotografico all'evento, le bellissime foto di questo articolo sono state scattate da lui.



















