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Danger Zone + Crying Steel at Sottotetto Sound Club
25 Febbraio 2011
Bologna
Un nuovo giorno è nato. Credo che non esista una frase più azzeccata di questa, peraltro titolo di una stessa canzone dei Danger Zone, per rappresentare a caldo il significato assunto dallo show del 25 Febbraio scorso al Sottotetto di Bologna. Le nebbie si sono dissipate anche dal moniker della leggendaria band bolognese, fondata tra la fine degli anni Settanta e l'inizio degli Ottanta da Roberto Priori che rimane l'unico superstite della formazione originale. Ma stasera, il ritorno dei Danger Zone è incentrato su un periodo storico a loro riferito che per quasi venti anni è stato sulla bocca degli appassionati, ovvero la discussa era di “Line Of Fire”, il famoso disco fantasma che io ebbi la fortuna a suo tempo di ascoltare e recensire prima ancora che il nome Danger Zone ritornasse ufficialmente dal mondo dell'oblio quale era stato confinato all'inizio degli anni 90, colpito a morte dai morsi letali dell'infame rettile velenoso del grunge che decretò la fine dell'interesse verso quelle sonorità care alla band di Priori e soci.
E di quel disco, la formazione che calca dopo venti anni il palco di casa è quasi la stessa, trovando i tre “anziani” del gruppo, Roberto Priori – Paolo Palmieri – Giacomo “Giga” Gigantelli- affiancati dai nuovi elementi Roberto Galli al basso, un session man molto rinomato nell'ambiente italiano che vanta collaborazioni con artisti come Ivana Spagna, Umberto Tozzi, Richie Kotzen e altri, e Antonio Capolupo alla chitarra ritmica. Alle 22.30 un allarme nucleare avvisa i presenti del pericolo imminente...no fly zone e l'attesa è finalmente spezzata; i Danger Zone fanno esplodere la prima bomba al napalm con “Love Dies Hard” ed è tripudio nel Sottotetto, in cui si è asseragliata una buona consistenza di presenze umane. “Giga” tuona come sempre dal microfono le sue arie rockeggianti, che lo rendono come sempre un degno pargolo del figlio delle stelle di Kissiana memoria, mentre Paolo Palmieri e Roberto Priori si ergono allo stesso tempo eleganti ed efficaci con i mastodontici suoni di batteria e chitarra.
La band come ovvio concentra il 90% dello show su “Line Of Fire”, che viene presentato ancora con la sensuale “Fingers” che ai tempi dell'incisione si è avvalsa della voce di Grace Jones nel ritornello, riproposta con la solita intensità che trova sul disco con un ispiratissimo Gigantelli che ha registrato una prova superlativa nello show, senza mai un calo di forma vocale, un vero musicista navigato come i compagni di avventura che lo accompagnano in questa sua nuova sfida della vita. Ancora tempo per un'aria del disco con “Children Of The Revolution” e la band sposta momentaneamente il tiro sui propri primi vagiti, andando a pescare un paio di song direttamente dai loro demo; “Goin On” e “First Time” sono altri due ottimi esempi di brillante heavy rock che non sfigura davanti a lavori di nobili band americane, il segno che la classe non era solo di appannaggio di band di tal paese ma era anche prerogativa delle nostre band. Con “The Hunger” la band torna ad omaggiare il suo passato, divenuto al tempo stesso ormai presente, tangibile e godibile a piene mani, proseguendo su ritmi focosi con “Let Me Rock” e la stessa “Line Of Fire”, capisaldi riproposti senza mai un attimo di cedimento nonostante l'emozione, confessata dalla band ai microfoni del sottoscritto prima di salire sul palco, fosse stata tanta.
Più della metà dell'opera era stata portata a termine, quando Giga decide di prendersi una pausa per consentire una parentesi totalmente strumentale, un pezzo scritto da Roberto Priori con cui il chitarrista felsineo dà libero sfogo al suo estro talentuoso, proponendo una song dall'ottimo impatto sonoro, sostenuto e in cui mai in un momento Priori si è sciorinato in numeri circensi da guitar hero da strapazzo, ma suonando con il cuore e la passione dalla prima all'ultima nota. C'è ancora tempo per una manciata di song e a farla da padrona è un'altro estratto dai demo , la “New Day Is Born” menzionata all'inizio del report, e in chiusura l'allegra “Hardline” che dà solo l'impressione che il ritorno dei Danger Zone si chiudesse in un comunque abbondante show, ma il pubblico presente sembrava non ancora pago e così con un bis finale ci pensa “State of The Heart”a mettere la parola fine su quello che è stato un degnissimo ritorno.
Purtroppo la resa sonora non ha reso piena giustizia alla performance, volumi esagerati hanno messo quasi in penombra la voce di Giga il quale, da grande professionista quale è, è riuscito a sopperire a tale deficienza con grande stile. I Danger Zone si accomiatano dal palco del Sottotetto per far spazio a coloro che si sono incaricati di chiudere questa manifestazione indetta da Bologna Rock City per festeggiare due releases che le band della serata avevano in programma da tempo; il famoso disco, ormai ex fantasma, “Line Of Fire” per i Danger Zone e l'uscita in vinile di “The Steel is Back!” per i Crying Steel, che stasera appaiono agli occhi di chi scrve, per la prima volta con la nuova formazione che vede il giovane Stefano Palmonari prendere il posto, che fu di Luca Bonzagni, di frontman della band.
Un compito difficilissimo per chiunque, e arduo se vogliamo, riuscire a non far rimpiangere il Rob Halford italiano che per anni insieme ad Alberto Simonini è stato la bandiera dei Crying Steel, ma Palmonari sembra avere i documenti in regola per riuscire nell'impresa, viste le doti espresse sul palco ma anche esse rovinate da una brutta impostazione dei suoni che hanno ancor di più penalizzato i Crying Steel rispetto ai Danger Zone. Ovviamente i canoni di paragone ci possono stare fino a un certo punto tra le due voci dei Crying Steel, visto che Stefano Palmonari ha un'impostazione vocale si alta ma più “rotonda” rispetto alla penetrante ugola del ragazzo di Monghidoro, fatto sta che non c'è stato tempo per i rimpianti; Franco Nipoti e soci erano li a regalarci ancora una volta la prova della loro professionale arte di fare heavy metal, propinando come da copione tutto “The Steel Is Back!” dalla prima all'ultima canzone seguendo l'ordine cronologico della scaletta del disco.
Scatenati come sempre i quattro cavalieri “attempati” della band, tutti in ottimo spolvero da Franco Nipoti a Luca Ferri letteralmente posseduti dal demonio dell'Acciaio, fino ad un trasportato Angelo Franchini e a un ispirato Max Magagni, che non hanno fatto mancare come loro solito la rievocazione dei mitragliatori sulla devastante “Raptor”.
Un po di carisma deve acquistarlo Palmonari, ancora alle prese con l'inesperienza di palco con gli show dei Crying Steel, riuscendo comunque a sfornare un'ottima prova vocale anche sui pezzi più datati della carriera dell'Acciaio Piangente, ovvero sia le storiche “Running Like a Wolf” - “Hero” -”No One's Crying” e la veloce “ Thundergods” che chiude come sempre i concerti dei soldati bolognesi.
Sembrava ormai calato il sipario su questa riuscita serata quando in realtà mancava ancora un tassello per completare il puzzle; una jam session era il miglior modo per concludere in bellezza questa festa, e infatti jam session è stata; con un Giga ancora in riserva di voce, i ragazzi dei Crying Steel si sono dati il cambio sul palco con i Danger Zone per omaggiare un classico dei nomi del Rock, che quasi non voglio nominare, visto che i titoli delle cover presentate parlano per loro: “Lick It Up” e “Crazy Nights” erano quanto di meglio un'ugola particolare come quella di Giga potesse riproporre con la verve di quotati musicisti.
Purtroppo già dallo show dei Crying Steel il Sottotetto si è irresponsabilmente svuotato di gran parte dei presenti (che a Bologna si vada a letto con le galline?) , evidenziando il sempre latente atteggiamento di sufficienza che il pubblico italiano riserva alle band heavy rock italiane, ma questi sono sempre i soliti discorsi fatti e rifatti...non vi è più nemmeno il caso di starci a fare il fegato amaro. E' vero che l'attenzione principale era rivolta ai Danger Zone e al loro ritorno, ma un'inspiegabile mancanza di rispetto nei confronti dei Crying Steel era quanto meno ci si potesse aspettare.
Pubblico a intermittenza a parte, quella che si è consumata il 25 Febbraio scorso è stata un'ennesima festa a base di Rock genuino, portato in dote da eterni ragazzi che di diverso hanno solo l'età anagrafica stampata sulla carta d'identità e molta esperienza in più, ma che hanno saputo mantenere vivo e inalterato dentro di sé il candore spensierato di quei lontani tempi in cui in loro tutto prese vita. Mi sento solo di dire, rubando una frase di una canzone di un altro bolognese doc...GRAZIE A TUTTI!
Francesco Running Wild
Foto: Sweet Pandemonium Photo