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PurpleSnake at Cafè Mirò
19 Marzo 2011
Ameglia
Fabio Lione è indiscutibilmente un singer di tiratura internazionale, e lo conferma il fatto che tra meno di un mese, nel ruolo di sostituto frontman dei Kamelot, aprirà per gli Iron Maiden nello stadio di Buenos Aires. Fa dunque una certa impressione vederlo suonare in un bar minuscolo, sperduto al confine tra Toscana e Liguria, davanti a una trentina di persone o poco più. Fa un po' meno impressione, invece, sapere che canta in una cover band di Deep Purple e Whitesnake (da cui il nome, Purplesnake, appunto) quando scopri che dietro alle tastiere siede un certo Giacomo Biagini, meglio noto come Oleg Smirnoff.
Vorrei subito sottolineare che a mio avviso la band avrebbe dovuto chiamarsi “CoverSnake”, o “SnakeDale”, visto che i brani proposti provengono in netta maggioranza dal repertorio degli Whitesnake, e quei pochi estrapolati dalla discografia dei Deep Purple risalgono tutti all'epoca Coverdale (con l'unica eccezione della ancestrale 'Hush'). Contrariamente alle mie previsioni, nessuno dei brani originalmente cantati da Ian Gillan viene “ripescato”, e devo dire che, se da un lato ero curioso di sentire come le sa cavava Fabio su tali pezzi, dall'altro avevo un po' paura.
Caduto questo possibile termine di paragone, resta quello- inevitabile- con David Coverdale.
I due brani che aprono il concerto sono quelli che aprono anche il disco che io reputo il capolavoro assoluto degli Whitesnake, ossia il forse troppo sottovalutato 'Saint's & Sinners': dunque partenza in quarta con 'Rough & Ready' e 'Young Blood'; poi salto nel passato con 'Walking In The Shadows Of The Blues' e, subito dopo, 'Slide It In'.
Si va avanti tra canzoni più famose e canzoni meno famose. Dal pluridecorato '1987' vengono proposti ben cinque brani: 'Is This Love' (tra l'altro riproposta anche sul finale del concerto), 'Give Me All Your Love', la versione più “recente” di 'Here I Go Again', 'Bad Boys' e l'intramontabile 'Still Of The Night'. Dal resto della discografia vengono invece suonati 'Judgement Day' (dedicata ad un ragazzo che non c'è più), 'Ready An' Willing' e 'Fool For Your Loving' (spero di non essermi dimenticato nulla).
I Deep Purple, al di là di una 'Mistreated' verso la metà del concerto, vengono relegati nel finale, con 'Hush' prima e 'Burn' (con un medley di 'Stormbringer' al suo interno) poi, a chiudere le danze.
Veniamo al punto di vista tecnico. Anche con un chitarrista assente rispetto alla formazione annunciata, le doti dei Purplesnake non si discutono; certo, la sezione ritmica non ha poi un gran da fare ed ogni tanto il batterista può dilettarsi a far roteare le bacchette o a suonare di in piedi. Anche i volumi, a dispetto di un locale con un acustica non certo ottimale, sono complessivamente giusti, salvo un paio di dettagli: il primo è che il basso è un pelo troppo alto; il secondo è che la chitarra, presentissima negli assoli, scompare un po' nei riffs, tendendo a creare qualche sporadico buco (complice, ovviamente, la mancanza del secondo seicordista).
Ma ovviamente gli occhi di tutti sono puntati su Fabio e sul suo modo di approcciare i brani in questione: sui primi due/tre pezzi si sforza di essere il più simile possibile all'originale, poi l'impostazione personale prende il sopravvento, e la differenza di timbro si fa sentire. Indubbiamente la mancanza di una voce calda e personale come quella di Coverdale priva i brani del loro retrogusto blues, ma l'interpretazione resta più che buona, con tanto di acuti che fanno accapponare la pelle e riscuotono applausi (cosi come gli assoli del chitarrista Emiliano).
Insomma, un ottima prestazione per un gruppo che pur non avendo troppe pretese si rivela comunque piacevole e ben affiatato, grazie anche alle qualità degli individuali.
Francesco Salvatori