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Oblyvion

TrackList
01. At The Gates
02. Oblivion
03. Buried Angel
04. Lying Mask
05. Afterlife
06. A Long Embrace
07. Mental Disease
08. In The Fog
09. Spectral Forest
10. Black Sheep
11. Wandering Blood
12. Blood Moon
13. Painkiller (ghost track)
OBLYVION - Oblyvion
(2013 - Autoprodotto)voto: 8.5/10
Nove anni dopo la formazione della band, i death metallers da Viterbo Oblyvion ci presentano orgogliosi l’omonimo album: 12 tracce (di cui 3 già presenti nel Ep) dal cui primo ascolto emergono come chiaro riferimento gli svedesi Dark Tranquillity e gli In Flames.
Siamo quindi nel death metal melodico, anche se il termine può sembrare riduttivo: in 12 tracce il sound si presenta elegante, la composizione accurata e mai casuale, la trama molto varia e cangiante, l’alternarsi delle parti studiato, con il risultato di una melodia orecchiabile, multiforme e corposa.
Partiamo con 'At the gates' intro strumentale in cui la tastiera costituisce una trama soft sulla quale si intrecciano assoli di chitarra e batteria, che, dapprima a tempo di marcia, poi in maniera più decisa, dà vigore alla melodia di sottofondo.
Il tutto continua pestato nell’omonima “Oblyvion” in cui la band riesce ad unire death e melodia in un connubio egregiamente studiato, unica pecca: il timbro della tastiera in violoncello personalmente l’avrei anche evitato…esprime di sicuro la volontà da parte del gruppo di rendere il tutto variegato ed originale ma obbiettivamente risulta vagamente fuori luogo ed eccessivo (avrei optato piuttosto per un timbro neutro di pianoforte).
Ottimo invece l’incipit di “Buried Angel” che richiama lo stesso titolo in un’atmosfera impalpabile ed astratta, che “brucia” grazie alla voce roca e struggente di Vincenzo Lodolini e che continua imperterrita nella successiva “Lyng Mask” dove l’iniziale parte limitata e marginale della tastiera questa volta contribuisce a far emergere quella vena cattiva, decisa e pestata di death metal tramite il growl e i riff pesanti e che si risolve inaspettatamente di nuovo in un piccolo assolo di pianoforte (semplice ma davvero buono) ed in di chitarra finale.
“Afterlife”: per carità, eccellente canzone dal punto di vista compositivo (l’assolo cangiante di chitarra è davvero psichedelico) ma forse vagamente noiosa, per via dell’assenza di voce.
Buona invece la successiva “Long Embrance”, costituita dall’alternarsi di timbri vocali maschili e femminili, ma anche questa volta, l’assolo della chitarra risulta troppo lungo, così lungo da condurre l’ascoltatore a reclamare il ritorno del duetto di vocale (e che ritornerà per fortuna nella successiva “Spectral Forest”).
Quel melodic che caratterizza l’album emerge grazie all’intro di pianoforte in “Mental Disease”, a mio parere molto più ascoltabile rispetto alle parti in synth, e perfettamente inserito nel death di base, che tradisce una certa esperienza e confidenza da parte di Ivan con lo strumento stesso.
Finalmente si fa sentire il basso nella successiva “In the fog”.. peccato che duri meno di cinquanta secondi! Personalmente avrei preferito continuare ad ascoltarlo per un minimo di due minuti, prima di ritornare al death violento di “Spectral Forest” e “Black sheep” (molto particolare l’intro di tastiera a mò di ninna nanna che lascia spazio poi di nuovo ai riff pesanti ed agguerriti).
L’album termina con le ultime tre " Wandering Blood", "Blood Moon" e "Painkiller" (cover quasi irriconoscibile dei Judas personalizzata in modo potente dagli Oblyvion..) , nelle quali la chitarra emerge da protagonista mediante precisi virtuosismi, che riconfermano l'accurato ed elegante stile sul quale si costruisce l'album.
Unico suggerimento ragazzi, e ve lo dico con il cuore in mano… cambiate grafiche del logo e della copertina in futuro! Se la composizione tradisce dal primo all’ultimo pezzo una singolare cura e studio nella costruzione della melodia e delle canzoni in sè, ed anche la registrazione risulta buona, guardando la copertina ed il logo il tutto risulta troppo semplice, quasi buttato giù a caso.. quando il contenuto è assolutamente l’opposto!
In bocca al lupo e speriamo di risentirvi ancora presto.
Blackstar