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Heavy Damage

TrackList
01–Dawn of the Dead
02–Innocent Victims
03–Heavy Damage
04–N.F.H.
05–Science Addiction
06–Tupa Tupa or Die
GAME OVER - Heavy Damage
(2009 - Autoprodotto)voto: 7.5/10
Dopo avervi parlato dei Lilyum eccovi invece adesso i Game Over, che probabilmente faranno gridare di gioia molti così detti “nostalgici” tanto la musica di questo classico e giovane quartetto di Ferrara, nato nel 2008 ed attualmente costituito da Reno voce e basso, Ziro e Sanso chitarre, Med batteria, ricorderà anni mai morti e dimenticati, e credo che già dalla copertina spartana e vecchia scuola dell’ep “Heavy Damage”, seconda prova del gruppo pubblicata come indipendente negli ultimi giorni dell’anno scorso dopo il demo “Thrash Is Back!” datato 2009, si capisca decisamente da quali parti stiamo andando a parare. Infatti, nell’ep, composto da 6 pezzi, si trova un thrash metal tremendamente anni ’80 sposato però a mio avviso spesso e volentieri con le melodie e l’epicismo battagliero dello speed metal (specialmente nei primi due pezzi, ossia “Dawn of the Dead” ed “Innocent Victims”). L’assalto proposto è orientato in misura maggiore entro tempi veloci, tant’è vero che ben 3 canzoni (cioè la prima che ho citato, oltre ad “N.F.H.” e “Science Addiction”) non possiedono neanche il più misero rallentamento, ma nonostante ciò non penso che qui si possa rivaleggiare con la violenza che piace ai tedeschi oppure agli Slayer della cosiddetta epoca d’oro, considerando che forse qui si è più vicini a territori cari a formazioni quali per esempio gli Helstar. La varietà e la fantasia mi sembrano piuttosto minime, benché il gruppo secondo me abbia sufficientemente valorizzato il disco differenziando per bene i brani, così da passare prima all’atmosfera epica dei primi due, per poi passare attraverso i granitici tempi medi in classico stile thrash di “Heavy Damage” all’assalto addirittura grind, ma senza sfociare nei blast-beats (non a caso, solo 25 secondi!), di “N.F.H.”, ed infine finendo l’intero discorso con la cattiveria da thrashettoni di “Science Addiction” e “Tupa Tupa or Die”, seppur talvolta intrisi di melodie più digeribili. Quindi, dal punto di vista strettamente strategico a mio avviso tale scelta di disposizione dei pezzi è veramente azzeccata, e specialmente riguardo la parte centrale, in quanto, dopo aver fatto “riposare” le orecchie dell’ascoltatore con una canzone poco veloce come “Heavy Damage”, una sparata improvvisa per farlo svegliare dal torpore non credo farebbe male, anzi. Per quanto concerne il lato strutturale dei vari episodi, bisogna dire che qui il lavoro è decisamente semplice, seppur non proprio a strofa-ritornello come nel più classico dei modi. Infatti, gli schemi qui presentati sono in pratica solo 2 (a parte “N.F.H.” che è così minimale da essere fondata su soli 2 riffs che si ripetono con sequenzialmente per ben 4 volte di seguito), ossia proprio quelli delle prime due canzoni, forse per introdurre meglio all’ascolto offrendo in tal modo i pezzi più immediati e melodici del lotto. “Dawn of the Dead” strutturalmente è costituita da 3 soluzioni che si danno il posto in sequenza per poi ripetersi un’altra volta, mentre “Innocent Victims” è probabilmente più classica, essendo un 1 – 2 – 1 – 2 – 3 – 4. Questi due schemi vengono riproposti cammin facendo con delle piccole variazioni, ma importante è anche tenere bene in mente che in ogni brano ci sono almeno 3 massimo 4 passaggi principali che fanno parte solitamente di una (o due) sequenze, e spesso dopo averle ripetute per 2 volte parte l’assolo. Insomma, qui c’è quasi uno staticismo perenne, con poche ma efficaci variazioni, rigidismo comunque compensato a mio parere però da delle soluzioni piuttosto brevi e semplici, anche sotto il profilo strutturale, adatte per gli amanti dell’impatto sonoro puro e spurio.
Mi viene però qualche appunto da fare, seppur alle volte molto secondario, visto il risultato ottenuto per me non disprezzabile, ma prima di tutto gli assoli spesso al sottoscritto non piacciono, e per vari motivi, che sia il fatto che non li trovo incisivi e devastanti, che per via di un virtuosismo piuttosto presente ma che considero piuttosto inutile, ed in qualche occasione i solismi si sentono bassini, il che credo faccia diminuire la loro potenza. La seconda critica da fare riguarda “Heavy Damage”, che in un’orda di classici non mi pare costruita benissimo, dato che l’accelerazione nel finale si frantuma subito durando quindi pochissimo, così da distruggere a mio parere l’ottima atmosfera “cattivona” appena creata. Penso allora che tale brano avesse ancora ampi margini discorsivi, in modo da puntare per un altro po’ sui tempi veloci, magari dando in posto un bell’assolo cazzuto. Nella terza invece miro sulla batteria, seppur bisogna dire comunque che il suo è un appunto veramente secondario, ma forse più di varietà e fantasia nel lavoro di Med avrebbe fatto bene, dato che è così spaventosamente statico, preciso e robusto, ed esprimente tra l’altro delle variazioni al discorso musicale praticamente fisse, nel senso che durante un determinato pezzo le si può sentire con una certa frequenza suonate nella stessa maniera, ed anche tra canzone e canzone.
Adesso siamo arrivati alla conclusione, e pian piano ho scoperto, se non un capolavoro, un disco decisamente divertente da ascoltare, che trova a mio avviso il proprio principale punto di forza non solo nel riffing delle chitarre, intensissime grazie a dei motivi sempre devastanti oltre che piacevolmente (ma senza esagerare) sporche, dandomi così la sensazione di “vissuto”, ossia una potenza in più, ma anche nella voce, tipicamente thrash metal nella sua irruenza, abbastanza sgraziata però tremendamente intonata incastrandosi in tal modo benissimo con le chitarre e quindi artefice di linee vocali magnifiche, talvolta epiche ed alle volte credo persino eleganti (“Innocent Victims” ad esempio), e poi non scordiamoci dei grugniti di “N.F.H.” oppure delle pazzesche, terremotanti e “tamarroidi” sovra incisioni, effetti d’eco di “Heavy Damage” e dei coretti sempre di quest’ultima canzone e di “Science Addiction”! Personalmente invece ho scelto come miglior pezzo del lotto “Dawn of the Dead”: così epico da farmi immaginare letteralmente uno stormo di famelici zombie che irrompono nella Terra con ferocia impietosa, diretta e carica d’impatto più di tutte, avendo una struttura staticissima, e linee vocali per me perfette. Che dire? I Game Over non saranno fantasiosi, ma con quest’ep hanno preso il possesso dei miei timpani, che è da molto che urlano THRASH ‘TIL DEATH!!!!!
Claustrofobia direttore di Timpani allo Spiedo 'zine