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Departing Of Time

TrackList
1. Intro
2. Departing Of Time
3- The White Light Beyond The Wall
4. Revenge
5. Cosmic Evolution
6. Tear Down The Sky
7. Be Your Own God
8. A Glance Into The End
9. Immortal Creed
EVER-FROST - Departing Of Time
(2012 - Beyond... Productions)voto: 7.5/10
Gentili lettori e lettrici, ben trovati. Quest’oggi conosceremo insieme gli Ever-Frost, band modenese che si può definire tutt’altro che “emergente”, non nel vero senso del termine, almeno. Questi cinque ragazzi, infatti, si conoscono dal 2003, suonano insieme dal 2008 e nel 2009 hanno pubblicato il loro primo EP, ‘The Awakening’. Non è finita qui: dalla loro pagina Facebook si può vedere chiaramente che a partire dal mese prossimo la band sarà in tour in alcuni paesi dell’Europa dell’est. Un ottimo traguardo, inizio a complimentarmi con voi già da ora.
Il genere proposto dalla band è prevalentemente melodic death metal anche se non mancano riferimenti di altro tipo, soprattutto progressive metal. La formazione è composta da Francesco “Lion” Leone alla voce, Federico Leone alla batteria, Enrico “Anno” Annovi alla chitarra solista, Claudio Mulas alla chitarra ritmica e Enrico “Bonne” Bonetti al basso. Bene, ora che sappiamo qualcosa di più sul gruppo possiamo lanciarci direttamente alla scoperta del loro debut album, ‘Departing Of Time’, pubblicato nel 2012 (oggi scrivo come Alberto Angela, non ci fate caso).
Number one: il brano d’apertura ‘Intro’, in cui possiamo udire il ticchettio di vari orologi che scandiscono il tempo ognuno in modo diverso (la prima cosa a cui ho pensato sono stati gli Ayreon di Arjen Lucassen e, contemporaneamente, i Dream Theater, band non a caso citata tra le influenze del gruppo). 48 secondi dopo si parte col secondo brano, la title track ‘Departing Of Time’: nessun arpeggio o riff d’apertura, la voce esplode prepotentemente insieme alle chitarre e, stavolta, è il melodeath a farla da padrone. È un pezzo completo, ben scritto, ben studiato e con un gran bel solo. Iniziamo bene! ‘The White Light Beyond The Wall’ mi fa pensare agli svedesi In Flames, con mia grande sorpresa sia ai vecchi che ai nuovi: in altre parole presenta sonorità e schemi del melodeath old school mescolati a caratteristiche tipiche delle band esponenti del melodeath più recente, che, confesso, non mi piace granché. Devo dire, però, che avete preso gli elementi migliori di entrambi con un bel risultato. La parte strumentale è di grande rilievo, anche qui ci si sbizzarrisce con soli e stacchi in cui la chitarra è protagonista indiscussa. Proseguiamo con ‘Revenge’ e, sorpresa, troviamo una voce pulita a darci il benvenuto. Non dura molto ma la troviamo nuovamente a circa metà brano, un piacevole intermezzo che contribuisce a renderlo “diverso”. Posso dire, a questo punto, che l’attenzione che ponete sul lato strumentale dei vostri pezzi è notevole ed è evidente che vi stiano particolarmente a cuore la complessità e la diversità.
Più dolce l’intro di ‘Cosmic Evolution’, che poco dopo lascia di nuovo spazio a suoni distorti e raw vocals. Trovo che sia il pezzo più lineare del disco, mi fa pensare un po’ ai finlandesi Mors Principium Est. Anche qui il solo è curatissimo e devo dire che il ritornello è molto trascinante. Con l’attacco di ‘Tear Down The Sky’ troviamo un trend simile a quello di ‘Revenge’: voce pulita e atmosfera tendenzialmente soft con un arpeggio gradevolissimo, che stavolta però si protrae per tutta la strofa, mentre nel ritornello i nostri cinque si scatenano. Bello lo stacco strumentale a metà brano. Proseguiamo con ‘Be Your Own God’, che oltre a essere il brano più lungo del disco (8 minuti e 28) è anche il più duro e articolato (giustamente c’è tempo in abbondanza per sbizzarrirsi): stavolta la voce pulita la troviamo nel ritornello e non mancano stacchi e inaspettati cambi di vario tipo, oltre alla presenza di diversi soli. Credo che l’influenza progressive emerga in questo pezzo in maniera più evidente rispetto agli altri.
Con ‘A Glance Into The End’ si torna, in qualche modo, alle origini: è il melodeath storico a farsi sentire di più (anche se l’intro mi ha fatto venire in mente i miei adoratissimi Nevermore, lo confesso *occhi a cuoricino). Al contrario ‘Immortal Creed’, brano di chiusura del disco, è dominato complessivamente da un andamento più dolce, la voce è quasi sempre pulita e anche la parte strumentale è meno aggressiva. Intro e outro hanno lo stesso giro di accordi: il cerchio si chiude, gli Ever-Frost terminano l’album in maniera pacata e silenziosa, uscendo di scena con calma e classe.
Il melodeath è stato uno dei generi musicali cardine della mia adolescenza e anche uno dei primi ad avermi iniziato al mondo del metal. Come ho scritto qualche riga più su, non apprezzo né amo particolarmente la piega che ha preso col tempo, mentre continuano a piacermi i lavori più vecchi delle band storiche e, quindi, gli esordi di quello che ora è uno stile diffusissimo. Ebbene, gli Ever-Frost si muovono proprio al confine tra vecchio e nuovo, tra innovazione e origini, condendo tutto con una spruzzata di altre influenze che, discretamente ma con decisione, saltano all’orecchio dell’ascoltatore. Continuate ad inseguire i vostri sogni e buona fortuna per il tour! Ah, e vi ringrazio anche per tutte le info dettagliatissime che avete provveduto ad allegare al disco, facessero tutti così…
Elisa Mucciarelli