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Murther

TrackList
01. Can I Be Saved
02. Come To Me
03. Is This What We Really Are
04. Delirium
05. Decadence
06. What Have I Become
07. Awareness Suddenly
08. Lady Of Time
09. My Sweetest Pain
10. Something Beautiful
11. Confession
12. Remembrance
13. Lullaby
14. Dust And Shadows
15. Lilith
DEVA - Murther
(2014 - RNC Music)voto: 7/10
Il 25 febbraio 2014 ha visto la release dell’ultimo lavoro, il secondo per la precisione, della band progressive gothic metal milanese Deva, che, in questo disco rilasciato sotto la label RNC Music, propone, appunto, atmosfere dai rimandi principalmente progressive, palesemente influenzate dal gothic/symphonic metal, che risulta in pezzi certamente articolati e, in determinate circostanze, orecchiabili, grazie a svariati espedienti, effetti, e a linee melodiche ben pensate. Il lavoro in questione, un complicato concept album, si intitola 'Murther', composto da ben quindici tracce, accompagnato, inoltre, da un teaser che, in più di un’occasione, annunzia una “Tempesta in arrivo”, ed ascoltando l’ultima fatica dei nostri, finanche un orecchio non particolarmente avvezzo al genere è in grado di notare un impegno profuso non indifferente, un’attenzione ai dettagli e alle particolarità, e, volendo (ma quella che segue più avanti è una mia opinione), un tentativo di fondere più cose, senza forse arrivare alla cima agognata, ma riuscendo a farsi notare, rispetto al classico metal (molto) sinfonico e (poco) gothic che gironzola nel Bel Paese da un bel po’. Leggo, infatti, sulla biografia, che la band si fregia di essere stata reputata da svariate riviste “Il futuro del Gothic Metal”. Va beh. Sempre restando sui cenni biografici, il file in questione parte subito sparato annunciando, come se tutti li dovessero conoscere, la separazione dalla maggior parte dei componenti della band, la quale, attualmente, vede nella line up il chitarrista e compositore Federico Salerno, e la giovane cantante Beatrice Palumbo, contornati da diversi musicisti “ospiti” che sono, appunto, per citare la pagina facebook, parte della “crew”.
Andiamo ora, dunque, subito a cominciare!
Parte subito con un ritmo travolgente la traccia d’apertura, ‘Can I Be Saved’, che mette in primo piano una chitarra aggressiva, per un pezzo che propone una serie di idee piuttosto velocemente, tra tempi in mutamento, cori, partiture più lente, a cui si collega per bene l’instancabile incedere del cantato. Veloce, il tutto…forse un po’ troppo. Chitarra ed archi ci presentano la successiva ‘Come To Me’, dove anche una voce maschile si aggiudica una parte rilevante, sotto un’atmosfera più riflessiva e resa cupa, talvolta, dai cori, promuovendo una venatura più gothic. Sono invece rimandi blueseggianti a comporre ‘Is This What We Really Are’, un intermezzo di pochissimi minuti, strumentale, che fa da ponte a ‘Delirium’, altro pezzo aggressivo, dove la vocalist si muove a metà, proponendo linee melodiche sia efficaci, sia, a tratti, un po’ banalotte, con tanto di intermezzo d’assolo alternato ai cori, che però non mi ha colpito quanto speravo. Ho trovato il susseguirsi di idee, ancora, un po’ troppo mutevole. ‘Decadence’, come anche il nome della traccia suggerisce, propone tinte malinconiche, in classico stile ballad, inizialmente delicata, e successivamente arricchita da un ritmo più pesante e melodici assoli, permettendo anche al cantato di aprirsi. Ritmi evocativi compongono ‘What Have I Become’, canzone certamente più incisiva, forte di una struttura con buon uso degli archi, nonché un buona prova da parte della singer, che prontamente sfrutta le tempistiche per proporre qualcosa di più emotivo. ‘Awereness Suddenly’ è un altro breve intermezzo strumentale dove al centro dei riflettori vi è la chitarra, e che ci accompagna celermente al successivo pezzo vero e proprio, ‘Lady Of Time’ , forte di una ritmica bella grezza, che si farà viva di quando in quando, dai sapori accattivanti, benché vittima di un inevitabile déjà vu, nonché arricchita da effetti vari, sopra cui si muove un cantato solenne. Collegandosi ad uno stile più orecchiabile ma ugualmente vario, senza dubbio, è ‘My Sweetest Pain’, che rischia quasi di perdersi nei meandri della propria struttura. In effetti, ho trovato il pezzo su citato piuttosto “scollegato”, tra una partitura e l’altra. Si torna a camminare in un territorio più sinfonico, con ‘Something Beautiful’, dove vediamo in lead un dolcissimo violino. Già finito? Ahimè, era solo un altro intermezzo! Ad esso, si riallaccia la melodica ‘Confession’, che si rivela una traccia a tratti adrenalinica e dai palesi richiami progressive, che vede, inoltre, un notabile punto di forza nella sezione d’assolo, e a tratti nel cantato. Un buon lavoro, che ho personalmente apprezzato! ‘Remembrance’, ennesimo intermezzo più lungo, e questa volta pianistico, ci portano a ‘Lullaby’, una dolce ballad dai sapori nostalgici che vede muoversi assieme voce, archi e pianoforte, rendendo giustizia al titolo scelto per la canzone. Ci avviamo alla conclusione con la penultima traccia, ‘Dust And Shadows’, che parte con atmosfere forti dai rimandi gothicheggianti, muovendosi su una struttura molto ponderata, forse un po’ dispersiva per taluni, che si snoda per quasi sette minuti di canzone. A porre una degna fine al disco è ‘Lilith’, pezzo variegato che, nuovamente, le tenta quasi tutte in termini di variazioni (incluso un bell’assolo di qualche minuto), confermando quanto i Deva siano una band che si muove su piani differenti, variamente influenzati.
Bene, tiriamo le somme….’Murther’ supera la sufficienza, rivelandosi un buon disco progressive contornato a dovere da tinte symphonic/gothic metal, con una visibile cura riservata ai dettagli nonché una visibilità particolare data alla tecnica, senza sacrificare il lato emotivo che, di tanto in tanto, si fa vivo. Se cercate qualcosa di particolare, ‘Murther’ potrebbe fare per voi.
Se, invece, come me, preferite la musica come siete abituati a conoscerla, e il nome “Gothic” lo vedete come un genere riconducibile a band quali Tristania, Draconian, o magari, addirittura, Paradise Lost, ecc…, mentre il “Symphonic” più legato al filone power ed affini (siete, insomma, irriducibili della vecchia guardia, affezionati a quella musica dei tempi d’oro), e cercate qualcosa che riassuma uno dei due generi, ma fatto bene nel proprio ambito e senza contaminazioni esterne troppo preminenti, consiglierei di fare marcia indietro, o almeno di dare un ascolto prima di lanciarvi nell’acquisto, in quanto il disco potrebbe rivelarsi, per molti versi, diverso, tradendo in parte le due suddette definizioni.
Francesco Longo