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Manthe

DEADLY CARNAGE - Manthe
(2014 - ATMF (De Tenebrarum Principio) / Masterpiece Distribution)voto: 7.5/10
Ritorno col botto per i Deadly Carnage: a meno di due anni e mezzo di distanza dal già apprezzabilissimo 'Sentiero II: Ceneri' la band rilancia e si candida a un posto nella musica che conta. Il discorso riprende laddove si era interrotto: 'Manthe' è fatto di un'anima black metal, spesso debitrice della scuola più classica ma in grado di saltare agevolmente ora verso sonorità doom, ora sull'atmosferico, ora verso lidi post-black.
La cosa che stupisce di questo nuovo album è la solidità con cui si presenta, sicuramente accentuata dalla più che nitida produzione. Ma, a rischio di apparire ingeneroso nei confronti degli altri componenti (comunque fautori di un'ottima prova, specialmente a livello compositivo) trovo che il principale artefice della riuscita di questo prodotto sia il singer, con un timbro secco, forte, sporco ma mai sgraziato. L'efficacia delle linee vocali va a fare la differenza rispetto a altri musicisti probabilmente altrettanto validi dal punto di vista strumentale, ma a cui manca qualcosa per il salto di qualità.
Da 'Manthe' la band ha tratto un video ufficiale, per il brano 'Dome of the Warders' che mi aspetto dunque essere il principale biglietto da visita. La traccia è effettivamente molto interessante, impreziosita da un lungo assolo di flauto traverso a cura dell'ospite speciale Stefano Galassi; inoltre può ingolosire una certa fetta di pubblico, apparendo in più punti una sorta di tributo alle cose più oscure degli Agalloch (la cui impronta, a dire il vero, fa capolino in qua e in là). Le citazioni non finiscono qua: sarà per il cantato in italiano, ma 'Il Ciclo della Forgia' mi ha fatto immediatamente venire in mente i Movimento d'Avanguardia Ermetico. Il gioco di trovare dei nomi di riferimento potrebbe continuare, producendo risultati interessanti sia nei brani più monolitici e rallentati ('Drowned Hope', piuttosto atmosferica almeno nella parte iniziale; 'Beneath Forsaken Skies', traccia governata da una fittissima e plumbea coltre di nebbia) che in quelli più tirati (la glaciale 'Electric Flood'); ma questo non vuol dire che i Deadly Carnage non abbiano una propria spiccata personalità, assolutamente necessaria per dar vita a un prodotto compatto ed efficace quale si presenta il disco di cui sto parlando. Personalità che – a costo di apparire un minimo dispersivi – porta a chiudere il disco stesso con i quattordici lunghi minuti della traccia da cui prende il nome, 'Manthe', e che al tempo stesso ne costituisce un riepilogo della proposta, dai momenti psichedelici e atmosferici in stile Wolves in the Throne Room ai bruschi e ruvidi rallentamenti ereditati dal doom più feroce e oscuro, passando per la soffice melodia degli assoli.
Gran lavoro.
Francesco Salvatori