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Sumerian Chants

TrackList
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Call me By My Dream name
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The Tragic Defeat Of Dur Untash
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Black Night Over Unfigured Distances
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Blood For The Blood God
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The Sleepless King
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The Land Of Enoch
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Pazuzu
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I Made An Angel Fall
ENOCH - Sumerian Chants
(2013 - Satanath Records/Niberu Records)voto: 7/10
Non certo un disco facile questo degli Enoch, terza prova della band sulla lunga distanza. Sono abbastanza convinto che sia un buon disco, ma ascoltarlo attentamente continua a richiedermi un certo sforzo. Principalmente per il genere proposto: un doom metal plumbeo e claustrofobico, vicino al death nelle sonorità ma con qualche rimando funeral nell'impostazione.
Il lavoro svolto in 'Sumerian Chants', come dicevo, è buono. I brani sono imperniati su pochi riff enormemente dilatati, e allo stesso modo la voce, profonda e maestosa, contribuisce a creare un senso di oppressione. A ciò va aggiunta un'onnipresente tastiera, a volte impegnata anch'essa nelle linee principali, più spesso dedita alla creazione e al mantenimento di trame atmosferiche dallo spiccato sentore orrorifico (ottimo ad esempio quanto proposto in 'The Land Of Enoch', peraltro uno degli episodi più movimentato del lotto.).
Dall'inizio alla fine, l'ascoltatore sarà schiacciato da un senso di soffocamento, come se l'aria intorno a se avesse una pesantezza palpabile. Ma anche in questo tetro scenario ci sono diversi livelli. Alcuni brani si ascoltano più agevolmente ('The Tragic Defeat Of Dur Untash', 'The Sleepless King' – quest'ultima con tanto di prepotente voce femminile), altri invece sono davvero faticosi da assimilare ma non per questo meno interessanti ('Blood For The Blood God', 'Pazuzu'). Prese nel proprio singolo, tutte le tracce appaiono convincenti. Quello che può forse penalizzare questo disco è il fatto che, ascoltandolo tutto di un fiato, si ha l'impressione che sia decisamente più lungo rispetto ai 43 minuti effettivi: e in effetti la tipologia di musica induce una distorsione mentale, un dilatamento del tempo.
Un disco per stomaci forti, ma che al tempo stesso abbiano il palato fine.
Francesco Salvatori