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To Foreign Skies

TrackList
- Distance
- Stasis
- Lavanda
- The Rose and The Wind Walker
- A Warm Place
- Neon
- Never Again
- Liar
- A Cloud of Echo
- Hollow Sun
- To Foreign Skies
- Therein (Dark Tranquillity cover)
DORMIN - To Foreign Skies
(2015 - Revalve Records)voto: 7/10
Buona estate infernale, carissimi lettori di IDM!
Quest’oggi (ri)parliamo dei Dormin, una band che col suo "Psykhe Comatose Disorder" non era riuscita ad esprimersi bene attraverso il sound che proponeva; tant’è che a distanza di un paio di anni eccoli manifestare influenze diverse, più aperte al versante Shoe/Doomgaze e con un Death decisamente melodico. Vediamo allora se il cambio stilistico del “To Foreign Skies” riesce a rendere meglio il concept che propongono questa volta!
Album concepito di 12 tracks, presenta una cover in chiusura e – secondo la band stessa – il lavoro sarebbe l’ideale per gli estimatori di Anathema, Paradise Lost e affini (giusto per fare qualche nome), con un concept tripartito e basato sulla introspezione: momenti parabolici che dovrebbero descrivere luce ed ombra, dualismo atavico dell’animo umano.
Il primo quartetto si presenta come un momento di leggerezza, che da “Distance” arriva a “The Rose and The Wind Walker” ora con calma, ora con momenti acustici, altri doomgaze, altri che si avvicinano al post rock persino, ma che – etichette di genere a parte – hanno nella quarta traccia un apice veramente notevole (vuoi anche perché il pezzo ha una struttura che evita la ripetizione, ma che anche quando si ripete lo fa per questioni di circolarità).
Il passaggio di atmospheres lo si ha con “A Warm Place”, dove a parlare sono le tastiere con un temporale che imperversa in sottofondo e che, in tutta onestà, mi ha ricordato quei brani dei Vangelis a cui sono molto affezionata – ma qui si parla per pure associazioni mentali, portate avanti dai ricordi (il che comunque non è male!). “Neon” si concede invece qualche secondo di ambient/noise, prima di passare ai riff metal: qui finalmente riesco a cogliere una certa pertinenza dei vocals col genere, reputandolo uno dei momenti più alti di tutto l’album. Nota di merito va poi a “Liar” per la sua carica notevole e le influenze elettroniche per nulla fuori luogo, che costituiscono solamente la punta di un iceberg in crescendo di potenza. Molto belle le ambience acustiche che fanno da preludio alla cover dei Dark Tranquillity, tributo che non ha bisogno di nessun appunto: just enjoy.
La caratteristica principale di questo disco è la maturità di composizione raggiunta: la stratificazione sonora non tende al plagio, ma serve piuttosto come base fertile e spunto di riflessione; la band non rinnega il suo esordio di disordine mentale, eppure riesce qui nella ricerca della propria identità in un panorama musicale vastissimo.
BlackLux



