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Gravatum

TrackList
- L'Alba ci rubò il silenzio
- Apostasia della Rovina
- La Ronda di Ossa
- Oceano
- Terra
- Gravatum
- Pittori del Fulgido Astratto
EVA CAN'T - Gravatum
(2017 - My Kingdom Music)voto:
Gli EVA CAN'T, nati a Bologna nel 2009 arrivano alla loro quarta fatica discografica con la pubblicazione dell'album 'Gravatum'. I quattro, per loro stessa ammissione, sono stati autori negli anni di musica non legata in maniera precisa ad un solo stile, incorporando elementi più estremi ed altri legati invece al progressive. 'Gravatum' è il frutto di un lavoro incessante che, dal 2014, li ha portati a comporre e rifinire un'opera davvero complessa e riuscita, il cui tratto distintivo è il cantato rigorosamente in italiano che ne arricchisce la profondità e la capacità di veicolare il proprio messaggio lirico.
Che la band fosse alla ricerca di un sound coinvolgente e di grande atmosfera è chiaro fin dalle prime note: l'opener 'L'alba ci rubò il Silenzio' infatti è un brano molto lungo, di oltre undici minuti, sospeso tra il progressive e il doom, preceduto da un' intro onirica, un tappeto di tastiere che conduce alla strofa dominata da un riff stoppato e da una serie di passaggi strumentali. Una citazione va fatta per il cantante (e chitarrista) Simone Lanzoni che, per tutto l'album, utilizza toni bassi e recitativi che ricordano quelli dei cantastorie medievali e danno alle canzoni un ulteriore tocco di originalità. Interessante anche il lavoro della chitarra solista che inanella una serie di fraseggi melodici alternandosi prima alla voce poi, verso metà brano, ad una ritmica acustica che rappresenta un altro elemento, quello folk, presente a tratti nel sound degli Eva Can't. Pur molto lungo il brano funziona perché non smarrisce mai il legame con il tema principale.
Più dinamica, ma sempre all'insegna del mid-tempo, è la successiva 'Apostasia della Rovina'. Nella sua regolarità il brano, cadenzato e pesante, riesce con facilità a catturare l'ascoltatore, anche grazie ad un paio di passaggi più veloci ed aggressivi in cui il batterista Diego Molina si produce in un blast-beat davvero potente. Certo l'intento dei bolognesi non è quello di produrre musica semplice e facile da canticchiare ma, nel complesso, il brano risulta più accessibile del precedente.
Acustica e medievaleggiante è 'La Ronda di Ossa' che ricorda, nella sua intro acustica la splendida 'To Live is to Die', brano di chiusura di quel capolavoro che è '... And Justice for all'. La musica è molto lenta, ancora piena di elementi folk e ricorda una nenia dall'atmosfera decadente e malinconica ulteriormente rafforzata dal testo che rimanda a temi classici come l'Odissea e l'Inferno di Dante, tutti legati alla morte e alla scomparsa.
Le onde del mare aprono la successiva 'Oceano' e qui il sound degli Eva can't torna elettrico, seppure sempre molto lento e dal grande groove. L'atmosfera rispetto a 'La Ronda di Oss'a è decisamente più leggera e il brano torna su binari progressive con un riff di chitarra cui fanno da contrappunto la batteria e le tastiere. Notevoli l'accelerazione e gli assoli conclusivi.
Dopo 'Terra', parentesi per sola voce e pianoforte, è la volta di 'Gravatum', canzone che da il titolo all'intera opera. I canoni sono quelli classici della band bolognese e il pezzo inizialmente non si discosta da quanto già sentito. Certo, la loro perizia musicale è notevole e l'assolo melodico che apre il brano è davvero di primissimo ordine. Verso metà, tuttavia, un'improvvisa accelerazione riporta gli Eva can't a momenti della loro storia passata, quelli del metal più estremo incasellabili a volerla utilizzare con l'ennesima etichetta, quella del death metal melodico.
Ma è proprio questo tipo di etichette che il sound della band bolognese rifiuta e, mentre 'Gravatum' si conclude con un ritorno ad atmosfere pacate, è la volta di 'Pittori del fulgido Astratto' che conclude l'album.
Si tratta di un pezzo lunghissimo e complesso, di oltre sedici minuti di durata, in cui c'è spazio per tutti gli stili e le influenze che hanno contribuito a plasmare la proposta musicale degli Eva can't: il progressive dei Dream Theater nell'alternanza tra chitarre e tastiere, il metal più classico dei Metallica nei riff e la musica pià alta e colta nella strofa, in cui la voce è sostenuta dal pianoforte. Una summa di tutto il lavoro profuso dai bolognesi per concepire l'album e più in generale il sound della band.
Come il resto del disco non si tratta di un ascolto semplice, per cui non può mancare l'attenzione e la voglia di penetrare e comprendere appieno le idee, la musica e i testi di un gruppo teatrale, malinconico e dedito alla ricerca di una complessità non eccessiva ma necessaria a caricare del giusto pathos il messaggio contenuto nei brani. Per apprezzarli veramente è necessario abbandonarsi alle loro atmosfere oniriche e distanti; un'esperienza non immediata ma assolutamente appagante. Un album, per chiudere, davvero notevole.
Alberto Trump