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Mountain Legacy

DEADSMOKE - Mountain Legacy
(2017 - Heavy Psych Sounds Records)voto:
Sembra molto di più, e invece è passato solo poco più di un anno dal disco omonimo di debutto dei Deadsmoke, di cui mi sono occupata nell’agosto 2016. Oggi il trio torna a farci visita in redazione con un secondo lavoro intitolato ‘Mountain Legacy’, ed in effetti aspettate un attimo, non posso più parlare di trio: la formazione si è arricchita di un elemento, Claudio, a cui do un simbolico benvenuto con un po’ di ritardo.
Avevo previsto un futuro più che roseo per il gruppo e mi fa molto piacere constatare di averci visto giusto. I Deadsmoke si sono indubbiamente evoluti, hanno continuato a percorrere quello stesso cammino stoner/sludge con il quale si sono presentati al pubblico per la prima volta, e contemporaneamente sono riusciti ad incorporare nuovi particolari, nuovi elementi e nuovi suoni. L’eredità del lavoro precedente è ancora viva e pulsante, e allo stesso tempo il nuovo arrivato Claudio è stato capace di sommarvi, con i suoi synth, un’aura psych che manca ai cinque brani di debutto: il risultato è, se possibile, ancora più granitico e sognante, e ‘Hiss Of The Witch’ (in cui i ritmi cadenzati accelereranno senza preavviso) ne è forse l’esempio più eclatante. Anche ‘Emperor Of Shame’, il pezzo più breve (escludendo ‘Forest Of The Damned’, che considererei più un interludio striato di effetti pschedelici), si mantiene a un numero di bpm più elevato rispetto a tutti gli altri, offrendo un piacevole diversivo e rompendo la nebbiosa trance in cui l’ascoltatore finisce per perdersi.
Chiaramente, doveroso specificarlo, perdersi in un ambiente simile a quello della copertina, con melodie oniriche in sottofondo per giunta, è quanto di meglio un amante del doom possa sperare, e quindi accetto volentieri il mio destino e chiudo gli occhi, procedendo alla cieca. Il viaggio va avanti con il cantato rabbioso di ‘Wolfcurse’ e si conclude infine con i quasi dieci minuti di ‘Mountain Legacy’, colei che dà il proprio nome all’intero lavoro: una summa di cambi di tempo, lunghi momenti strumentali e suoni di un altro mondo, che si interrompono bruscamente. Il viaggio è finito, posso aprire gli occhi, sono rimasta tutto il tempo seduta davanti al pc e allo stesso tempo ero altrove.
I Deadsmoke sono maturati, il loro processo di scrittura e composizione si è evoluto ed il risultato è un disco affatto prevedibile, fatto di chitarre dure come la roccia e linee vocali dure e rapide, ma anche più lente e quasi sciamaniche. Possiamo aspettarci ancora grandi cose dall’ex trio ormai quartetto, e sono sicura che le avremo: dobbiamo solo aspettare il prossimo album.
Elisa Mucciarelli