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Massacre Elite

TrackList
- Death Roll
- I’m Not A Zombie (Anymore)
- Massacre Elite
- Old, White An' Italian
- Pisshead
- Trouble Ahead
- Take Me To The Dive Bar
- Unfit For The Army
- What D’You Mean By Metal?
NATIONAL SUICIDE - Massacre Elite
(2017 - Scarlet Records)voto:
Spaccaossa!!!
E’ questa la definizione per descrivere l’ultima fatica dei trentini National Suicide, band thrash metal che ha fatto dell’aggressività il proprio stile musicale e dell’assalto a oltranza il proprio biglietto da visita! Fondata nel 2006 a Rovereto (TN) la band è costituita dal dotato cantante Stefano Mini (ora come ora il più credibile erede dei grandi Steve “Zetro” Souza e del Joey Belladonna degli esordi, almeno in ambito nazionale), i due velocissimi chitarristi Tiziano “Tiz” Campagna e Daniele Valle (il primo anche uno dei membri fondatori), il batterista “sfondapelli” Ema Revello (tecnica al servizio della ferocia esecutiva) e il bassista Ivan “Saxon” Andreoli (dotato di chirurgica precisione). Tutti musicisti bravissimi, quindi, ma è doveroso aggiungere in questa sede una nota di merito a Ema e Ivan, che garantiscono, per tutta la durata dell’opera, una sezione ritmica granitica e priva di sbavature, sulla quale cantante e chitarristi potranno sempre contare e dare il meglio elaborando i loro letali passaggi.
La prima fatica dei National Suicide risale al 2007, anno in cui uscirà il loro demo “The Old Family is Still Alive”, seguito due anni dopo dall’omonimo album, una buona prova che già lascia comprendere le doti del quintetto. Sette anni si silenzio (dovuti a una incredibile sequenza di problemi di vario genere) porteranno alla pubblicazione di “Anotherhound”, il loro secondo full-lenght, e la prova del nove, rivelandosi un lavoro qualitativamente superiore al precedente.
Cosa aspettarsi, allora, da questo “Massacre Elite”? Possibile che nell’arco di un solo anno si riesca a bissare il valore di un lavoro di indubbia qualità con un prodotto allo stesso livello? Non è che il disco risulterà realizzato con troppa fretta e, per questo, rischierà di dimostrarsi un passo falso? Non vi preoccupate. Basterà inserire il CD nel lettore e fin dalla prima traccia ci si renderà pienamente conto della caratura di quest’album (che, di fatto, segna un ulteriore passo avanti nella discografia del combo). Poco più di mezz’ora di emozioni estreme e violente e un sound diretto e bastardo lontano da ogni genere di compromesso. Questa è la vecchia scuola thrash, figlia della Bay-Area anni’80 con una importantissima particolarità: lo sguardo e le intenzioni proiettate in avanti, senza rimpiangere o fare il verso a ciò che sia stato detto e fatto in passato. Al contrario, ci troviamo di fronte a un collettivo di artisti con le idee chiare, che hanno imparato bene la lezione degli zii (o dei nonni!) d’oltreoceano e forti di questo bagaglio culturale e tecnico riescono dove tanti altri falliscono.
Alla faccia delle buone maniere!
Si parte con l’ottima 'Death Roll', un brano privo di fronzoli ma composto ed eseguito con grandissimo criterio, aperto dal ruggito di una belva feroce (molto probabilmente non ingabbiata!) e una raffica di schiaffi mollati in faccia al malcapitato ascoltatore. Magnifici i due solos di chitarra consecutivi a metà del brano e splendida la parte di batteria in chiusura.
Segue 'I’m not a Zombie (Anymore)' che non concede un millisecondo di tregua. La sua apertura può ricordare i Testament o gli Anthrax dei primi tempi, ma la song risulta comunque personale e molto ben elaborata. Forse leggermente più cadenzata della precedente potrebbe trarre in inganno, lasciando credere che la band voglia ammorbidire il tiro.
Nulla di più falso, come si può facilmente comprendere ascoltando la title-track 'Massacre Elite': esecuzione ancora più veloce rispetto alle due song precedenti (ora si comprende appieno la bravura di Ema, la sua padronanza con la doppia cassa qui appare evidente), ritmiche e solos ancora più violenti, malvagi e sempre belli all’ascolto. Da segnalare anche la verve isterica che Stefano esibisce qui nel cantato.
Come per la seconda traccia, 'Old, White an’ Italian' pare voler concedere nuovamente respiro, con un refrain molto ragionato e una struttura più monolitica. Bellissimi gli scambi di assoli dei due chitarristi, più melodici che veloci, rimanedo comunque all’interno del genere proposto e davvero molto gradevoli. La parvenza di una qualsivoglia tregua viene comunque stemperata dalla successiva 'Pisshead' (il cui titolo già dice tutto): alla maniera dei primi Anthrax i nostri si lasciano andare al tipico pezzo thrash per eccellenza, maleducato, sudato, tirato e pericoloso come un gancio al mento. Durata breve ma risultato letale.
Nella title-track era stata resa lode alla bravura nel cantato di Stefano, ma va detto che è in 'Trouble Ahead' che i Sig. Mini dà il meglio di sé in quest’album. La sua abilità di screamer viene infatti messa in evidenza ogni volta che nel ritornello urla il nome della song, mentre nelle restanti parti si dimostra cattivo e abrasivo con grandissima tecnica ed espressività. Anche qui il buon Ema non si risparmia e, coadiuvato dal tappeto di basso di Ivan crea una raffica ritmica solida, precisa e assassina. Sempre presenti i solos qui decisamente veloci e cattivi.
'Take me to the Dive Bar' omaggia palesemente i Metallica, i Megadeth e gli Exodus dei primi tempi (ritmiche e solos interposti come ponti non lasciano dubbi) ma la canzone resta comunque farina del sacco dei National Suicide (attenzione al testo) e risulta sbalorditiva per la carica di aggressività che è capace di trasmettere. Se volete fare capire alle nuove leve cosa signifchi il termine “Thrash Metal”, questo pezzo può fare benissimo da modello.
Come sopra anche per 'Unfit for the Army', uno dei pezzi più malvagi qui presenti, e ancor più tirata rispetto alla traccia precedente. Pare impossibile siano solo in cinque a creare tanta mattanza sonora.
La chiusura è affidata a 'What D’You Mean By Metal?', altro momento in cui viene ribadito il valore tecnico degli esecutori e un altro picco raggiunto dal buon Stefano. Pure le due asce non si risparmiano dando ampio spazio alla loro fantasia e scambiandosi una bella serie di convenevoli (i solos sono veramente belli). Una canzone talmente ben riuscita da risultare forse troppo breve. Ma a ben vedere è meglio così. Come detto, uno dei pregi di “Massacre Elite” è proprio il suo aspetto essenziale, dicendo quello che è necessario in modo perfetto, senza tergiversare.
I National Suicide si rivelano, con questa prova davvero riuscita, un gruppo nostrano di cui andare orgogliosi, parte integrante del sempre più cospicuo numero di band metal di spessore presenti in Italia che, fortunatamente, negli ultimi anni sono abbondantemente cresciute in numero. E come ciliegina sulla torta, un gruppo forte di mestiere e tecnica che può tranquillamente rivaleggiare con qualunque combo thrash straniero.
E scusate se è poco.
Fabrizio Travis Bickle Zànoli