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One Light Year

TrackList
- Ants In The Sands
- 15 Years
- Spherax H2O
- Travel Notes On Bretagne
- Without Stalagmite
- Pain
- Lord Of Time
MARYGOLD - One Light Year
(2017 - Andromeda Relix)voto:
La sempre attenta etichetta veneta Andromeda Relix non poteva farsi sfuggire questi vetero-rocker locali, attivi come prog band da quasi venticinque anni!
È con colpevole ritardo che ci troviamo a parlare di questo loro secondo disco, ma confidiamo sulla pazienza dei cinque, che sembrano abituati ai tempi lunghi: il debutto risale a ben dodici anni fa…
Il gruppo stesso, confondendo il tempo e lo spazio, allude a questa distanza con il titolo dell’album “A Light Year”.
A scanso di equivoci vorrei chiarire subito che con i Marygold si parla di rock progressivo e non di Metal, di cui non c’è proprio nessuna traccia: le preziose chitarre di Massimo Basaglia, ad esempio, sono sempre gentili e ordinate, mai brutte sporche e cattive. Una pecca? Non in questo caso.
Tutto nell’impatto sonoro dei Marygold risulta garbato, con un suono asciutto e sorprendentemente sobrio per chi ha avuto Genesis e Marillion come faro per così tanti anni, arrivando a somigliare ai lavori meno datati di questi ultimi, scrollandosi di dosso intelligentemente le ultime scorie “regressive rock” che ancora appesantivano il primo disco.
Trovo invece pertinente col concetto di “prog” un brano che, come la prima “Ants In The Sands”, passa da un forte tema d’apertura squisitamente dispari che sa di Styx meno pop, a una strofa che si stampa nelle orecchie, passaggi in cui si dà un po’ troppo per scontata la disponibilità dell’ascoltatore, l’ospitata di una voce femminile tutta pateticona, un pieno ritmico con tastiere sature, vocioni effettati e il grido “oh shit!” alla vigilia dell’ultima strofa, che ci accomiata con un inatteso “fuck you all!” prima di una breve coda raggae’n’roll…
Nonostante qualche momento meno avvincente (non per niente riescono ad essere tanto prolissi quanto prodighi di informazioni superflue anche nella biografia allegata!) ho trovato davvero piacevoli i numerosi ascolti dedicati a queste sette composizioni, che fin da subito si riescono a distinguere tra loro grazie a temi melodici ben marcati e ricorrenti e atmosfere specifiche, dall’intima riflessività contemplativa di “Travel Notes On Bretagne”, davvero suggestiva (peccato che torni la voce femminile), all’inaspettatamente allegra “Pain”, variegata e ricca di momenti saporiti, che insieme alla strumentale “Without Stalagmite” (davvero bella!) chiama in causa anche i Rush.
Una delle caratteristiche che portano i Marygold in un ambiente sonoro di rock adulto e attuale è la particolare voce di Guido Cavalleri, che raramente abbandona le proprie tonalità medie e basse dal timbro corposo e sobriamente drammatico. Quando ci sono parti strumentali e non lo fanno cantare, suona anche il flauto.
Tutte le composizioni hanno una durata sopra la media, ma abbiamo anche due vere e proprie suite che sforano ampiamente i dieci minuti. La prima è quella “Spherax H2O” che contiene il momento musicale più entusiasmante del disco, una fuga melodica ed epica in 5/4 davvero coinvolgente! Aspettano sette minuti prima di sganciarla e dura pure poco, ma ne vale la pena.
La seconda traccia lunga chiude il disco (come già sul primo album) e si ricollega più esplicitamente ad un approccio settantiano e tradizionalmente progressive, come stile e come temi, con fraseggi “minacciosi” e pomposetti gustosamente retrò. Si intitola modestamente “Lord Of Time” e cita anche la Sequenza di “Incontri ravvicinati del terzo tipo”.
Si sente che i ragazzi lavorano parecchio sulle composizioni, con un largo uso di tempi dispari che sicuramente diverte e intrattiene chi li suona. E fortunatamente, abbastanza spesso, anche chi li ascolta.
Quello che manca loro in freschezza e aggressività è compensato da consapevole maturità e ponderatezza. Se oggi siete di umore riflessivo è un buon momento per ascoltarli!
P.S.
Hanno un sito molto ben fatto, ma mancano i testi delle canzoni...
Marcello M.