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Through The Branches Of One Life

TrackList
01-Waves Of Eternal Hate
02-The Source Of All Evil
03-Parallel Division
04-Through The Branches Of One Life
ERGOT Project - Through The Branches Of One Life
(2010 - Autoprodotto)voto: 6.5/10
Nero su bianco. Le parole telematicamente mandatemi a costituire gli 'stralci' di biografia di Lord Ergot, non possono essere ignorate - pertanto, per una volta, è con piacere che faccio una prefazione alla recensione.
Ho trovato interessante scoprire che dietro l'Ergot Project c'è una ricerca etimologica e quasi esistenzialista delle tematiche sociali, non moderne, ma dell'umanità da sempre.
Citandovi lo stesso composer della one-man band, l'etimologia di 'Ergot' deriva da una delle innumerevoli patologie pandemiche medievali, associate (com'era ovvio fosse) all'opera del demonio o di forze da esso derivanti, essendo ignote le cause. Vi è anche un'attenta postilla da parte del giovane ragazzo, atta a mirare al suo intento: non vi è quel fanatismo obeso che mi ha saturata parlando con esponenti del genere, ma ciò che apprezzo è il semplice intento a costituire un vade-mecum personale.
Questo è lo spirito che mi piace, questo è l'incipit della giusta maniera di vedere le cose.
Il demo "Through The Branches Of One Life", datato 2010, appare come un lavoro ben curato nonostante magari i pochi mezzi a disposizione per il mixaggio delle tracce e la registrazione, ma come ho spesso detto..concediamo l'attenuante.
4 brani di durata media contornano la cover dell'album dallo stile iconografico old school, per presentarsi come 'raw' e al tempo stesso atmosferiche quanto basta. Non vi sono esasperazioni nei riff, né in durata, né nella voce - anche se per quest'ultima occorre annotare la pecca di scarsa modulazione del timbro vocale.
Se la prima traccia appare quasi come catalogabile sotto il genere trance, è dalla seconda che finalmente sentiamo le ritmiche black: "The Source Of All Evil" graffia come le osannate tracce di altrettanti osannati Padri del genere. "Parallel Division" suona a sé stante dalle precedenti, richiamandomi per grandi linee gli interlude dei Dimmu Borgir agli albori della loro carriera, aprendo quindi alla titletrack, che rima in modo incatenato con la seconda traccia, per ritmiche e spessore - gradevolissimo l'evolversi, peraltro.
Non so dirvi bene il motivo, ma ho trovato piacevole il lavoro di questo ragazzo che, udite udite, dall'alto dei suoi prossimi 18 anni d'età è riuscito a concepire un lavoro unitario ed organizzare/articolare questo 'prodotto'.
...Se queste sono le premesse, io metto la firma per 'vederlo crescere'.
BlackLux