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Lento is Dead

LONGBLOND - Lento is Dead
(2020 - Autoprodotto)voto:
“i Longblond sono 2 personaggi anonimi con occhiali da snowboard che suonano un rock pesante contaminato da sintetizzatori analogici e digitali, con testi underground con parole in lingue diverse.”
Ecco, con questa autodichiarazione estrapolata da una loro intervista potrei già chiudere la recensione, ma se siete arrivati su questa pagina, probabilmente è perché volete sapere qualcosa in più. Essendo di fronte ad un duo misterioso e mascherato sarò necessariamente parco di informazioni, ma avrete comunque la mia opinione.
A mio avviso, R.D. e Max Doink (il Biondo e il Lungo in questione) si stanno muovendo bene: nonostante un orribile logo “LB”, curano con furbesca e sapiente attenzione l’immaginario lo-fi e un poco retrò del proprio progetto, che in effetti raccoglie i frutti migliori proprio nell’ambito “visual”. Vi consiglio infatti di andarvi a vedere i video, per avere un’idea più precisa della loro proposta, che in versione esclusivamente audio è decisamente meno accattivante ed efficace.
Innocuamente irriverenti, i due ragazzi hanno una leggerezza e un’ironia che li salva da sconfinamenti nel patetico o nel fastidioso. Dimostrano anche una certa urgenza comunicativa, spingendo subito un EP di una manciata di pezzi (quattro canzoni effettive, una breve strumentale ambient/noise e un collage), anche se il messaggio più che da musica e parole è veicolato dal loro modo di essere, di presentarsi al pubblico come due macchiette proiettate dagli anni novanta, che, esprimendo un moderato disagio, cercano di tornare a casa su una tavola da snowboard.
Ma passiamo alla musica. I due lasciano trapelare di non essere di primissimo pelo e in effetti, pur senza strafare, dimostrano una certa competenza con batteria e chitarra, che rimangono l’ossatura essenziale del loro suono. Gli inserimenti di parti programmate gonfiano e raddrizzano un po’ il tutto e la sensazione è che, nel prossimo futuro, sarà proprio una massiccia dose di basi elettroniche a poter dare quella spinta in più che le nostre orecchie pretendono per non distrarsi. Sono infatti i loro momenti più pop e semplici, ripetitivi e cantilenati, che con la giusta spinta e colorazione hanno un certo potenziale di penetrazione.
L’impressione generale è di un gruppo ”alternative” anni novanta, di quando ero piccolo io, con i riff ellittici che non vanno in nessuna direzione in particolare e gli scratch del DJ appiccicati qui e là (all’epoca lo si faceva per sembrare moderni, oggi per essere vintage!).
Il potenziale c’è: canzoni come “Dark Cities”, la title track “Lento is Dead” e “Rock’n’Roll Service” sono assemblate con il dichiarato intento di proporsi come piccole hit underground. Quello che sento mancare è una vera energia, al di là della pantomima. Lo so, è parte del gioco avere quell’approccio supercool da chi se ne sbatte troppo per sforzarsi davvero. Ma per chi è abituato a un certo tipo di musica heavy (stupidi vecchi metallari…) una performance energeticamente al di sotto del 100% non è soddisfacente.
Al di là delle mie personali malinconie, il gruppo è a fuoco nelle intenzioni e ben direzionato, anche se al momento gli elementi scelti per caratterizzare la musica sono un poco scollati e permangono, anche nella brevità di questi venti minuti, alcune sacche di noia.
Le idee e la personalità ci sono: il grosso è fatto, adesso viene il bello! Attendiamo fiduciosi.
Marcello M