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Burnout

HOT CHERRY - Burnout
(2021 - Autoprodotto)voto:
Il burnout è un termine medico che indica una condizione di stress cronico persistente maturata in ambito lavorativo che, con il tempo, può portare ad un atteggiamento negativo (ça va sans dire) verso i destinatari dell'attività lavorativa.
Ma burnout è anche la manovra che serve per fare entrare velocemente a temperatura le ruote di trazione nelle corse drag e che produce il caratteristico fumo bianco.
Starà a voi decidere in quale dei due significati vi identificate di più, sta di fatto che i toscani Hot Cherry con questo 'Burnout', utilizzano l'irruenza delle dragster per parlarci di come il mondo cerca di/ riesce a bruciarci fin nel profondo dell'animo. E lo fanno con tutto l'impeto e l'energia dello stoner metal proposto.
Il disco è un'autoproduzione, registrata, mixata e masterizzata presso il RedWall Recording Studio di Rosignano Solvay (LI), con una resa al 100% soddisfacente, grazie ad un suono ruvido, ma corposo, preciso per quello che la band vuole proporre.
Si parte subito carichi a mille con riff robustissimi e la voce potente del cantante Jacopo Mascagni che, se mi passate il paragone, mi ricorda in positivo JB Christoffersson dei Grand Magus e soprattutto Nick Pollock degli ormai purtroppo dimenticati My Sister's Machine.
La band è capace di far fruttare tutta l'esperienza maturata – sono attivi dal 2009 – macinando riff come se non ci fosse un domani e pezzi come la opener “From Zero To One”, “Fool's Gold” e “Underground”ne giovano in particolar modo. C'è spazio anche per pezzi più cadenzati, che hanno un buon aroma di grunge (“This Song” e “Universal Call”) e c'è anche il gusto giusto nell'azzeccare il ritornello killer, come nella conclusiva “Band Of People”, uno dei pezzi che mi ha convinto maggiormente, thumbs up.
L'album mantiene sempre alta la tensione e l'attenzione perché la band non lascia un attimo di tregua all'ascoltatore, neanche nella cover di “Ground On Down” di Ben Harper, coraggiosamente stravolta dalla pacatezza gospel/blues originale al groove metallico.
Ascoltando l'album, testi alla mano, viene fuori qualche piccola increspatura, e non tutto fila liscissimo, ma niente di che, l'energia spazza via anche questi minimi dubbi; dal canto mio, e qui mi appello un po' a tutti i gruppi, me la giocherei almeno una volta la carta del cantato in italiano, tanto per vedere l'effetto che fa: secondo me potrebbero venire fuori delle cose molto interessanti.
Anyways, la sostanza qui c'è ed è buona; sono sicuro che dal vivo gli Hot Cherry spaccano di brutto, perché già nel disco l'atmosfera si sente e in questo caso, consentitemi di dire che, oltre al fumo del Burnout c'è anche un bell'arrosto, condito e aromatizzato di tutto punto. E buon appetito!
Cristian Angelini