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You Are Not

WATERSHAPE - You Are Not
(2021 - Elevate Records)voto:
Si parte col primo pezzo e si capisce fin da subito che l'ascolto di queste otto tracce non sarà una passeggiata rilassante: un intro dark classicheggiante apre "Enough" dove la voce sembra che voglia rincorrere il ricordo di Demetrio Stratos.
Un cammino complicato, erto, pieno di antri, nascondigli, che vi terrà realmente impegnati durante l'ascolto ove potrete rintracciare accenni a tante band di genere (vedi Opeth) ma anche parentesi momentanee con band che poco si avvicinano in modo proprio al Prog Metal comunemente inteso (per esempio i Primus). Atmosfere in sospeso, fredde, siderali, sfumature in lontananza e morenti in un languido tramonto, improvvisi picchi di melodia, tutto accompagnato da una tecnica fondamentale e necessaria per suonare tempi dispari, cambi di tonalità e continui cambi di rtimo e velocità. Una tecnica assolutamente funzionale.
Non c'è una canzone che faccia da continuum contenutistico ad un'altra: troppe le differenze tra un pezzo e l'altro, evidenti i cambiamenti durante le stesse canzoni. Spiazzante è una canzone come "Colors Rite" che, sebbene si rifaccia alle tematiche presentate negli anni dai Porcupine Tree, evidenzia una pregevole caratura canora su un impianto ritmico fatto di continui accenti e con un piacevole tappeto melodico.
Dopo due singoli, una registrazione di una manciata di cover, e dopo l'album di esordio che ha ottenuto ottime recensioni dalla stampa specializzata, giungono a questo "You Are Not" che a detta della band rappresenta un grosso passo in avanti nello sviluppo di uno stile sempre più personale. Ed in effetti i membri del gruppo sono molto bravi a mettere in luce un perfetto funzionamento di miscellanea fra antico e moderno (si passa da suoni tipici di band temporalmente più vicine ai giorni nostri come i Dream Theater a passaggi molto delicati che hanno contraddistinto una band come i Camel): sia "The Endless Journey" che "Floating" per esempio sono molto vicine a situazioni sonore e soluzioni armoniche molto coeve e legate ad un sound da terzo millennio.
Gli otto e passa minuti dell'ultima track è un qualcosa di talmente intricato, complicato che è totalmente fuorviante: passaggi in atmosfere ispanico arabeggianti, commenti sonori inventati, storpiature di chiave dominante con accenni di pianoforte, ritmi assurdi portati avanti con automica precisione, melodie che improvvisamente compaiono e si aprono a noi come un fiore che si dischiude di fronte ai primi raggi di sole, la pesantezza del sound a rimarcare la finitudine e tutti i limiti di noi umili ascoltatori. Insomma qui si suona, e bisogna esserne capaci perchè, al di là della esplicatio della perizia tecnica, qui si dà voce alla maestria, all'immaginazione, ad una costruttiva improvvisazione. C'è lo studio accompagnato al pathos, intelletto e cuore in otto tracce.
Leonardo Tomei