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The Story Of The Italian A.O.R. Band 1987 - 1994

TrackList
Firehouse
- Ouverture 987
- The Secret Of The Sky
- Oper Your Wall
- Way Out Of Freedom
- Pray
- Time To Fly
- Dreaming Black
- Break The Bonds
- The Day Of Your Power
- House Of The Fire
- This Is My Life
Labyrinth
- I Need The Fire
- Calling Your Name
- In My Eyes
- Striking
- Running Into Danger
- The Prince Of Darkness
- Labyrinth
- A Dream Again
- Stonework
- Fly By Night
- The Color Of Your Kiss
FIREHOUSE - The Story Of The Italian A.O.R. Band 1987 - 1994
(2021 - Music for the Masses)voto:
Pregevolissima ristampa da perte dell'etichetta Music For The Masses dei due dischi editi dai FIREHOUSE italiani, l’omonimo Firehouse del 1987, mai stampato in cd e il successivo Labyrinth (1994), in un cofanetto strafico e stralimitato (solo 300 copie numerate), per cui appassionati e collezionisti di chicche AOR e non solo, siete avvertiti.
Firehouse (il disco) inizia con la intro Ouverture 987 che ti porta di peso negli scintillanti anni ’80 come il carburatore della Ducati nel remake del 1986 di The Fly trasportava Jeff Goldblum da una parte all’altra del laboratorio dello scienziato Seth Brundle: il varco temporale è aperto e “The Secret of The Sky” è il pezzo che gli Scorpions non hanno mai avuto il coraggio di scrivere per Savage Amusement, un fuoco d’artificio dall’inizio alla fine.
“Open Your Wall” e “Way out for freedom” continuano a mantenere alto il livello di coinvolgimento e c’è una cosa che mi preme assolutamente sottolineare oltre alla credibilità della band e la compiutezza e validità dei brani: il cantato in inglese è convincente, cosa che spesso, al giorno d’oggi, sembra un lusso (o una chimera) per molti di quelli che si cimentano con la lingua della regina Lillibeth...
Dopo il breve intermezzo di “Pray” le cose si fanno quasi hard rock con “Time To Fly” e “Break The Bonds” che chiama in causa addirittura il chitarrismo di Ritchie Blackmore per un pezzo breve, ma intensissimo.
“House Of The Fire”, dall’incipit acustico e barocco profuma di Yngwie Malmsteen e, perché no, anche di Maiden, per uno strumentale che a un certo punto parte e non si ferma più, tra riff e assoli che, se capiti a suo tempo…
Chiude il primo disco la trionfante “This is My Life” vero e proprio inno di un epoca musicale che non tornerà mai più, una via di mezzo tra gli Europe e i Queen coevi, emozionante: nel 1987 sarebbe stato un lento da ballare, senza vergogna, con la fidanzatina dell’epoca, se ne avessi avuta una…
Labyrinth parte con una nuova consapevolezza e maturità rispetto al precedente disco, anche se l’impronta che caratterizza la band rimane: grandi melodie sorrette da pezzi solidi e graffianti, con una chitarra sempre in prima linea.
“I Need The Fire” e la briosa “Calling Your Name” aprono le danze, quest’ultima con il nerbo melodico che avrei ritrovato qualche anno dopo nei Ten di Glenn Hughes.
“In My Eyes” è un altro bel ballatone coinvolgente, che mi fa ancora più meravigliare del mancato successo di questo disco, ma poi mi rendo conto che l’anno in cui uscì la musica era cambiata già da un po’ e l’attenzione era ormai rivolta altrove, un vero peccato.
“Running Into Danger”, che segue l’interessante “Striking”, è un altro grande strumentale in cui chitarra neoclassica e la tastiera si affrontano in un duello in cui entrambe risultano vincitrici, alla luce del buon svedesone con la Stratocaster color panna e crema.
La seconda parte del disco serve un po’ alla band per mostrare i “muscoli” in alcuni strumentali che concertano le anthemiche “Labyrinth” e “Fly By Night”, pezzo questo con un chitarrista in stato di grazia e per la finale “The Color Of Your Kiss” altro brano bello grintoso e melodico allo stesso tempo, degna chiusura per questo cofanetto che merita il recupero degli appassionati al genere.
Non starò qui a lambiccarmi ulteriormente il cervello per trovare i motivi per cui l'ennesima valida band italiana non abbia avuto a suo tempo la considerazione meritata; mi limiterò a constatare che le canzoni c'erano ed erano all'altezza di competere con la concorrenza straniera e quindi rimane un po' di rammarico solo in parte mitigato dal piacere della riscoperta di questi dischi che meritano l'occasione di essere ascoltati e apprezzati.