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Out Of Control

MARCO MATTEI - Out Of Control
(2022 - 7D Media)voto:
A volte capita che arrivi in redazione un album un pochino borderline, rispetto al calderone “Heavy Metal” di cui ci occupiamo abitualmente, ma in questo caso siamo davvero oltre: con il disco di debutto di Marco Mattei è veramente difficile trovare addentellati col nostro genere preferito… Eppure, se il diretto interessato ha ritenuto opportuno sottoporre la propria musica alla nostra attenzione, credo sia giusto dare un ascolto e dire la nostra.
Lo si fa volentieri grazie al fatto che il disco è ben scritto e ben suonato e rientra comunque nell’elastico contenitore del rock d’autore. Prevalentemente chitarrista, Marco Mattei sceglie di limitare il protagonismo del proprio strumento, sciogliendolo in una collezione di brani piuttosto eterogenei, anche in virtù della ricchissima schiera di ospiti eccellenti che di volta in volta presta il proprio talento (giusto per dare l’idea dei personaggi coinvolti: Tony Levin, Chad Wackerman, Pat Mastellotto…). Quello che ci troviamo tra le orecchie potrebbe risultare in effetti, grazie proprio alla capacità dell’autore di mettersi da parte, una collezione di brani altrui a cui ha partecipato come chitarrista session. Anche la presenza di diversi cantanti solisti accresce questa sensazione, spostando l’attenzione dal nome che campeggia in copertina. Queste sono solo considerazioni generali e non c’entrano nulla con l’effettiva qualità delle canzoni.
Il disco è in effetti molto gradevole, pop leggermente speziato di world music, di facile digeribilità, ma raffinato. Come l’opener “Would I Be Me”, un bel brano acustico che si interroga sul concetto di identità, agghindato con sitar e percussioni.
“Picture in a Frame” cresce di intensità, con arpeggi in delay e fraseggi che ricordano i Rush anni ottanta e Peter Gabriel, con il drumming di Mastellotto che non ha bisogno di commenti…
“More Intense”, a scapito del titolo, torna su registri più rilassati e morbidi, per una piacevole ballatona family friendly tanto gentile quanto innocua.
È poi il turno del brano folk pop alla Crosby Stills & Nash, con la bucolica “I’ll Be Born” che ci teletrasporta in un’altra epoca, dove tutto era più bello. Molto godibile.
Divertente l’idea di far cantare la “Lullaby For You” ad un bambino, innescando quel rovesciamento della realtà che aiuta sempre a vedere le cose da un nuovo punto di vista, peccato che si interrompa dopo l’introduzione. La canzoncina è un country leggerino leggerino dall’arrangiamento soave, come si addice ad una ninna nanna.
“Anymore” è il brano più tirato del disco e mi ha ricordato gli episodi più energici dei Rush di Vapor Trails.
Ancora un episodio acustico, “Tomorrow”, aperto da una suggestiva e inquietante chitarra country blues che ci conduce poi lungo una strumentale desertica e assolata, ma senza particolari elementi di memorabilità.
Molto più interessanti le atmosfere subacquee di “Void”, che ci fa galleggiare mollemente alla deriva con grande capacità evocativa, fino ad evolvere in un tentacolare groviglio prog.
“On Your Side” è un lento cantato a fil di voce, sonnolento, sospeso, non particolarmente accattivante, ma pur sempre avvolto in un’atmosfera di morbidezza, garbo e competenza.
Tornano in versione più breve e sobria le atmosfere di “Tomorrow” con… ehm, “After Tomorrow”, per un intermezzo che lascia un po’ il tempo che trova, ma sarebbe stata forse una conclusione più sensata per “Out Of Control”. Invece abbiamo ancora una traccia, la breve “Hidden Gems”, che con la sua world music da SPA non aggiunge davvero nulla di interessante.
Come a ricordarci di essere pur sempre un chitarrista, Marco Mattei decide inoltre di chiudere il disco con una composizione prettamente da addetti ai lavori, reinterpretando “Gone” di Andy Timmons. Francamente non ho particolare interesse nei confronti della “cover di un assolo”, ma i patiti della sei corde potranno divertirsi a coglierne le sfumature.
Disco di buone intenzioni (anche nei testi) e di indubbia qualità strumentale, al quale rilevo come pecca maggiore una mancanza di identità o meglio di intenzione. “Out Of Control” ha una sua atmosfera, una sua omogeneità e una sua logica, ma allo stesso tempo mi sembra anche il risultato di un accumulo di repertorio senza il vero progetto organico di un album. Che, ripensandoci, ha anche senso…