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Between Us

TrackList
- Pristine Eyes
- Showdown
- The Villain King
- Beyond
- Our Lonely Shelter
- The Great Escape
- Riddle From The Stars
- There Is No End
DARK AGES - Between Us
(2022 - Andromeda Relix)voto:
Che i Dark Ages siano un gruppo di veterani della scena lo si può intuire fin dal logo sbilenco (dalle origini orgogliosamente pre-photoshop) e dal generale gusto grafico non proprio all’avanguardia, ma pure dalla competenza con cui trattano il proprio materiale sonoro: un progressive Metal all’italiana, molto melodico e sempre a fuoco sulla canzone.
Il gruppo è guidato dall’unico fondatore superstite Simone Calciolari, un chitarrista dal tocco pulito e con grande senso della melodia, che non esita a fare un passo indietro a favore degli altri musicisti, regalandoci l’impressione di una squadra veramente organica e affiatata. A rafforzare questa percezione c’è il fatto che la tastierista Angela Busato sia sorella del batterista Carlo. Infine l’utilizzo frequente di armonie vocali in cori ad opera dei musicisti stessi (per quanto non sempre impeccabili) suggerisce oltre ogni ragionevole dubbio la comunione di intenti della band.
Ma non farei bene il mio lavoro se non sottoponessi anche le mie perplessità nei confronti di questo “Between Us”, quasi tutte determinate dalla performance del cantante Roberto Roverselli. Se da un lato la sua intensa prestazione presenta una innegabile irruenza e viva partecipazione emotiva, a volte questa spinta appare sovradimensionata, sbavando verso risultati un po’ grotteschi e sopra le righe, rispetto al contesto. Ma se su questa questione di gusto personale si può disquisire e pure sorvolare, il vero problema è di difficile elusione, specie su un disco progressive: ci sono frequenti problemi di intonazione. Non significa che Roberto non sappia cantare (in più occasioni ci dimostra il contrario!), ma probabilmente durante queste registrazioni non è stato adeguatamente seguito, guidato e supportato. Ce ne accorgiamo purtroppo fin dal brano di apertura, quella “Pristine Eyes” in cui l’intonazione è tutt’altro che “pristine”… A parte questo dettaglio, l’apertura è perfetta e mette subito in chiaro la nitidezza stilistica dei Dark Ages, con tastiere vintage a guidare il tema portante e la sezione ritmica precisa, asciutta ma ricca e raffinata, strofe e ritornelli definiti, di facile presa ma non banali. C’è anche un video di questo brano, nel quale non ho potuto non notare lo squalificante radiatore al centro del corridoio, che spoetizza la (pretesa) raffinata atmosfera della villa che fa da location.
Ho gustato davvero l’inatteso e spiazzante arrangiamento blast di batteria sui ritornelli di “Showdown”, una canzone dove la sezione ritmica fa davvero la differenza.
E ho riascoltato con piacere su “The Villain King" quelle atmosfere tipiche del progressive Metal italiano di fine anni ’90 capaci di evocare addirittura gli inarrivabili Evil Wings: le sospensioni fiabesche e le fughe in cui gli strumenti si intrecciano senza impastarsi trainandoti nel loro girotondo.
Anche con la power ballad “Beyond” si conferma la curiosità di come sarebbe potuto essere questo album con un cantato all’altezza delle composizioni, che riescono spesso ad avere quel qualcosa di icastico e memorabile, che in mano ad un produttore blasonato potrebbero divenire dei piccoli classici.
Su svariati brani abbiamo anche l’inserimento di un timido e spesso calante flauto, che presumo sia suonato amatorialmente da qualche componente del gruppo (e quindi lo apprezzo).
Un’introduzione di sola batteria caratterizza “Our Lonely Shelter” e ci guida all’ascolto del brano concentrando l’attenzione su quello strumento, autore dell’ennesima grande prova, che aiuta a distrarci dal problema voce.
Coinvolgenti atmosfere da sigla di cartone animato anni ottanta su “The Great Escape”, con temi incalzanti e giochini virtuosistici.
Un videoclip simpatico è stato realizzato anche per la coinvolgente “Riddle From The Stars”, baciata da uno splendido assolo introduttivo, da una performance vocale migliore rispetto al resto del disco e dall’utilizzo dei cori, che anche se un pochino amatoriali rendono l’idea.
Chiude il disco la lunga suite di “There Is No End”, che dimostra la capacità del gruppo veneto di mantenere interesse e atmosfera anche in contesti più ampi, anche se personalmente li preferisco quando riescono a condensare le loro invenzioni in pochi minuti, asciugandole dai cascami più autoindulgenti.
Un gruppo che vorrei vedere dal vivo in virtù della qualità musicale e delle buone canzoni. Un disco che riascolterei volentieri, ma forse l’unico in cui non mi sarebbe dispiaciuto un generoso utilizzo di autotune…
Marcello M