Debut album per gli Iconist.

Alternative metal in puro stile anni ’90. Riff pesanti, ribassati, con ritornelli orecchiabili e godibili.

Gli ingredienti sono tutti al posto loro. Produzione ottima, voce efficace (aggressiva e pulita, distorta quanto basta), inserti elettronici opportuni e mai invasivi, assoli brevi e con buone melodie, ritmiche rocciose e precise.

I brani sono tutti strutturati molto bene, con maniacale attenzione alla forma canzone e al suo pattern base: verse, bridge, chorus.

In quest’album non c’è nulla di sbagliato.

Ed è un ascolto decisamente piacevole.

Però, ecco… mi fermo qui.

Nel senso che non è un album che ti fa fare il salto sulla sedia.

Perché per partorire un album che ti faccia fare il salto sulla sedia non è sufficiente non fare nulla di sbagliato. Ci vuole un pizzico di incoscienza in più. Magari anche qualche errore. Ma se non si varca mai l’ortodossia tipica del genere è arduo poi colpire l’ascoltatore.

Intendiamoci: probabilmente sarà un album che piacerà molto agli appassionati del genere.

Ma l’impressione che mi lascia questo lavoro è che gli Iconist si adagino un pò troppo sugli stilemi propri dell’alternative classico. Il che non è per forza di cose un elemento negativo, però rischia di deprivare il lavoro di quel sale, di quella spontaneità e visceralità che, in una proposta come questa, non possono mancare.

Ripeto: la band ha tutte le qualità per ottenere un largo seguito. I musicisti fanno un ottimo lavoro. E si sente al primo ascolto che è tutta gente che sa il fatto suo.

Però sono anche convinto che un minimo di coraggio in più non guasterebbe affatto.

In conclusione: un ottimo album. Suonato, prodotto e cantato bene. Forse un po’ troppo….

Maurizio Gambetti