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Tophet

TrackList
1. Nothung Schwert (Intro)
2. Angel Of Darkness
3. Return From Battle
4. The Silent Death
5. Tophet
6. Subulones
7. Hastings
8. Colossus Of Argil (Bonus Track)
ETRUSGRAVE - Tophet
(2010 - My Graveyard Productions)voto: 9/10
Vi ricordate la favola del Re Mida? Bene, questa è forse una di quelle novelle il cui riscontro nella realtà, seppur sempre figurata, è tangibile quando si fa il nome degli Etrusgrave, la band che Fulberto Serena guida con l'ardore dei vecchi tempi mai dimenticati e resasi già autrice di un ritorno sulle scene dello stesso Serena con quel “Masters Of Fate” che ha ascritto nella storia dell'epic metal il nome della band toscana, diretta discendente di quei popoli che secoli orsono abitarono l'orgogliosa terra d'Etruria e dalla cui storia il quartetto piombinese trova l'ispirazione per riuscire nel difficile obiettivo di restare all'altezza del debut album e per riuscire a trasformare in oro tutto quello che riesce a tirar fuori dagli amplificatori. “Tophet”, la parola fenicia che rievoca gli antichi luoghi di sepoltura dei resti combusti dei bambini immolati alle divinità Baal e Tanit e che dà il titolo alla nuova fatica degli Etrusgrave, riesce infatti nell'intento di riprendere il discorso lasciato da “Master.. "ma anche in quello di essere un disco su cui si staglia una personalità unica portata in dote dalla soggettività di Fulberto Serena e sulla quale sono marcati i miglioramenti raggiunti dalla falange più giovane del gruppo, ossia Tiziano “Hammerhead” Sbaragli alla voce e Francesco Taddei alla batteria.
L'unione dell'esperienza degli antichi saggi Serena – Paoletti unita alla volontà dei nuovi discepoli forma insieme un' amalgama magica che conferisce al disco un'aura di unicità e maggior completezza. Il cammino nelle viscere di “Tophet” inizia, come se Virgilio ci prendesse la mano e ci accompagnasse nel tragitto oscuro ed epico, con la lunga intro “Nothung Schwert”, oltre tre minuti di rievocazione Wagneriana che ci portano a essere “spettatori” ignari di un processo dell'Inquisizione medievale, con tanto di condanna pronunciata in latino dall'Inquisitore ritrovabile in forma scritta anche all'interno del curato booklet.
Ad esecuzione capitale eseguita è tempo che “Angel Of Darkness” scandisca il tempo con il suo inizio flemmatico, marcato da arpeggi classici ed elettrici che si apre in seguito con un attacco sostenuto e ritmato in cui Fulberto Serena e i loro compagni scoperchiano i remoti sepolcri etruschi e lasciano parlare la storia. La song non risulta nuova alle orecchie di chi scrive, avendola già udita e apprezzata nei concerti dei rampolli degli abitanti di Populonia, e anche impressa nel supporto ottico colpisce nel segno della risolutezza. Subito da applausi la performance solista di Serena nella parte centrale della canzone, supportato da un determinato Tiziano Sbaragli e un portentoso Francesco Taddei che darà il meglio di se stesso in seguito. Unico neo, il basso di Luigi Paoletti che viene sovrastato dal suono dominante delle chitarre e della batteria, in questo disco prodotte in maniera migliore rispetto al debut album.
Teatrale ed espressivo il cantato di Sbaragli nella fiera “Return From Battle”, song cadenzata che immaginariamente rammenta, nella fantasia di chi cercherà di sforzarsi in tale atto, il ritorno a casa di un guerriero ferito e claudicante ma orgoglioso delle proprie gesta appena compiute. Altro punto di forza che va a irrobustire l'intelaiatura del pezzo è l'ennesimo stacco di solo del padre dell'epic metal italiano, che col suo tocco magico intriso di passione dona lucentezza e splendore a quella che è considerata a pieno titolo dal sottoscritto un inno dell'epic metal, un'ode trainata dall'estro compositivo di Fulberto Serena che “sviolina” una sequela di note riconoscibili tra mille anche nell'assolo conclusivo. Atmosfere malinconiche avvolgono l'inizio di “The Silent Death” introdotta da un adagio arpeggiato acustico su cui si staglia la cristallina voce di “Hammerhead” Sbaragli, dove a contribuire a creare le atmosfere inquiete si aggiunge anche l'intervento del flauto di Luigi Paoletti, fungendo entrambi da anticamera all'entrata in scena dei rabbiosi tuoni degli Dei impersonificati da sciabolate chitarristiche dalle sfumature settantiane, quasi sabbathiche, rette da un prorompente lavoro ritmico svolto da Taddei dietro le pelli come non lo si era mai sentito prima. Tiziano Sbaragli offre una prova eccelsa dietro il microfono, dando il suo apporto per rendere tangibile quell' atmosfera mesta mista a rabbia che pervade la canzone. Il consueto assolo centrale, anch'esso tendente ad avere sfumature un po a la Tony Iommi, è la ciliegina sulla torta che oltre a dare il marchio di fabbrica a ogni canzone griffata Etrusgrave, è la pura e incontaminata manifestazione d'amore e passione per una musica suonata col cuore prima ancora che con la testa.
Le nuvole si addensano nel cielo facendo scendere un manto di tenebre; è ora che “Tophet” renda omaggio alle antiche divinità fenicie sopra menzionate; la song si apre con un incedere misterioso, lanciando poi la consueta “botta” in cui comincia la storia narrata come sempre dal menestrello Sbaragli. Anche qui i cambi di tempo sono notevoli e frequenti, le frequenze vocali si rincorrono in variegate tonalità e sintomatico si rivela il coro ritmato a metà canzone che si ritrova a pochi secondi dalla fine della canzone, dando veramente l'impressione di trovarsi difronte a un vero rito funebre, seguito dall'ennesima malizia solista di Serena, impeccabile come al solito. Anche “Subulones”, che come l'iniziale “Angel...” ha già superato l'esame della presentazione dal vivo, ha il suo inizio insicuro per i suoi tempi spezzati, iniziando una corsa sostenuta sempre intrisa dalla caratteristica limpidezza unita a quella altrettanto epica, su cui si poggia lo stile degli Etrusgrave, per molti ma non per tutti. “Hastings” si mantiene sempre sulle coordinate già espresse sui precedenti brani, rimanendo avvolta da quei cambi di atmosfera, ora irascibili ora placidi, ma sempre recanti quel marchio di fabbrica metallurgico inconfondibile. Anche stavolta gli Etrusgrave non mancano di omaggiare il passato del loro leader targato Dark Quarterer, riprendendo un cavallo di battaglia della band quale è “Colossus Of Argil”, la cui riproposizione gode di una forma più viva grazie alla produzione moderna ma che nella sostanza non viene mutata di molto, rimanendo fedele ai tratti somatici originari e denotando che Tiziano Sbaragli tiene testa vocalmente, senza nulla togliere, al leggendario Gianni Nepi.
La conclusione più ovvia al termine dell'ascolto è la seguente: “Tophet” è letteralmente un disco scavato nell'antico tufo, un tuffo nel passato a riscoprire antiche leggende e storie sepolte dai secoli che gli Etrusgrave da bravi archeologi riesumano per la gioia dei fans. In poche parole un'opera epic che entra di diritto nella storia del metal italiano.
Per Tinia e Artume aggiungerei!
Francesco Running Wild