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The Return Of The Ghost

TrackList
- The Exorcist
- Curse Of Valle Christi
- The Return Of The Ghost
- Perkele666
- Victim Of Necromancy
- Ride For Your Life
- Doomed To Serve The Devil
- Black Archangel
- Hell's The Place I'm Gonna Die
- Power From Hell
- Deep In Blood
GHOSTRIDER - The Return Of The Ghost
(2011 - F.O.A.D. Records)voto: 9/10
Ghostrider: questo nome risulterà con buona probabilità sconosciuto ai più; eppure, i Ghostrider sono stati in assoluto una delle band più fondamentali per la delineazione del panorama black-thrash italiano come lo conosciamo adesso. Perché, allora, non si tratta di un gruppo famoso? È presto detto: dopo la pubblicazione di tre demo, a cavallo tra l'84 e l'85, la band cambiò nome, e diede vita al primo nucleo dei Necrodeath. Ma, al di là dei ben noti black-thrashers liguri, anche altri nomi famosi devono probabilmente moltissimo ai Ghostrider: tra gli altri Schizo, Sadist, Mondocane. Non a caso è intorno alla figura di Peso, drummer di tutte le band finora citate (eccezion fatta per i siculi Schizo), che oggi, 15 anni dopo, si riformano i Ghostrider, tornando a vivere con un'identità autonoma e non più semplicemente come “fantasma” di qualcuno.
Un ritorno a metà tra passato e presente, tra la storia già scritta e quella piena di pagine bianche ancora da scrivere: infatti 'The Return Of The Ghost', questo il titolo del clamoroso come back (la cui uscita è prevista in data 20 gennaio 2011), contiene tutti i brani apparsi nelle demo, più quattro inediti di recente composizione, a sottolineare che non si tratta solo di riesumazione storica, più una cover ('Power From Hell' dei thrashers britannici Onslaught). Ce n'è abbastanza, insomma, perché un'ampia fetta di metal kids nostrani possa gioire.
I sei brani risalenti al primo nucleo della band godono di un'interesse storico tale da valere da solo l'acquisto di questo prodotto. Nell'84 il thrash metal stava muovendo i suoi primissimi, acerbi passi (i Metallica avevano da poco pubblicato 'Kill'Em All', gli Slayer 'Show No Mercy') e solo due/tre anni dopo sarebbero usciti i capisaldi che ne hanno determinato il successo mondiale; di black metal invece neanche si sentiva ancora parlare (stavano giusto formandosi i Celtic Frost e i Mayhem, ma il fenomeno vero e proprio sarebbe esploso dopo il 90). A quel punto qualcosa iniziò a muoversi, ed in Italia furono proprio i Ghostrider tra i precursori del genere; di un genere sicuramente troppo thrash per essere definito black, ma d'altro canto troppo oscuro e maligno, ben poco tecnico, pieno zeppo di rallentamenti, e dunque scarsamente definibile thrash. Una via di mezzo, insomma.
I due brani con cui si apre 'Return Of The Ghost', vale a dire 'The Exorcist' (con i campanellini del suo intro che paiono venire dalla produzione più horror di King Diamond!) e 'Curse Of Valle Christi', colpiscono dritti come un pugno in un occhio, e vanno a costituire due testimonianze storiche del modo in cui questa nuova proposta andava delineandosi: atmosfere cupe, vocals sporche e graffianti (non stiamo ancora parlando di scream in senso stretto, però) e tematiche oscure, misteriose, spesso sataniche. A tutto ciò va aggiunto un drumming incalzante, con un uso massiccio di blast beats e doppia cassa, unito ad uno stile chitarristico che predilige riffs corposi e diretti ma poco elaborati, stops e ripartenze assassine, e assoli molto veloci e taglienti. I pochi momenti melodici sono usati con il solo fine di stendere un tappetto rosso al successivo muro di aggressione. I rallentamenti sono un altro punto chiave: talora, mentre la batteria insiste con la propria furia omicida, le chitarre frenano e lasciano maggior spazio alla voce, donano così ai brani un'aurea marcia in pieno stile Venom o Hellhammer (nomi la cui influenza può essere riscontata più o meno in tutto il prodotto).
L'altro insieme di brani del passato inizia con 'Victim Of Necromancy' e si conclude con 'Black Archangel'. La perfidia non viene mai meno, e da vita ad altre quattro song potenti come non mai, sempre grezze, sempre incisive, sempre libere da inutili e raffinati tecnicismi. Tra queste, il pezzo che a mio avviso colpisce maggiormente è 'Ride For Your Life', arpeggiato nella fase iniziale, poi molto slayeriano sia nell'immediatamente successivo gioco di chitarre (con una posta in lontananza ed una, ad intermittenza, in primo piano) sia nell'assolo, veloce, scarsamente armonico e focalizzato su un pugno di note. La semplicità ancora una volta paga: pochi riffs e delle vocals molto dirette donano a questo pezzo un impatto mostruoso. Per il resto, la ricetta è sempre la stessa: atmosfere putrescenti e malsane (nel riuscitissimo finale di 'Doomed To Serve The Devil'- brano in cui peraltro si fa sentire più del solito il basso in alcuni momenti centrali- sembra di assistere ad una messa nera), scudisciate di chitarre molto vicine a quanto fatto dagli Slayer e voci malefiche ('Victim Of Necromancy') oppure ancora riffs serrati ai limiti del thrash, accompagnati da urla che paiono latrati, a metà tra l'umano e la bestia (è il caso di 'Black Archangel').
Veniamo ai pezzi inediti. Di questi, 'Perkele666' è poco più che uno scherzo: neanche un minuto di musica, a metà strada tra l'hardcore e il black metal. Il riff è carino, ma il brano è fuori luogo e va a costituire un punto morto (fortunatamente l'unico in tutto il lavoro). Delle altre canzoni, appare molto valida ed incisiva la title-track 'Return Of The Ghost', posta subito dopo la devastante doppietta iniziale: un ottimo ponte di collegamento tra passato e presente, perfida nell'intro con dei nitriti sovrapposti all'arpeggio, micidiale nei riffs ma soprattutto nel- posso chiamarlo cosi?- chorus, quando le chitarre rallentano per mettere in primo piano le raw vocals. Segnalo, per pura curiosità, l'attacco del singer all'inizio della prima strofa, con un urlo che ricorda molto i famosi “Uh!” di Tom G. Fisher.
Le altre due song nuove sono poste in fase conclusiva, inframezzate dalla cover cui accennavo all'inizio della recensione. 'Hell's The Place I'm Gonna Die' è l'ennesimo brano immediato e violento, malvagio nel break centrale rallentato e tagliente nel successivo assolo; 'Deep In Blood', a cui spetta peraltro il compito di porre la parola fine a questo clamoroso come back, è invece il pezzo più lungo del disco, e probabilmente quello più elaborato e vario per struttura, in modo da contenere un sunto dei vari elementi riscontrati fino ad ora nella proposta dei Ghostrider.
Per quanto riguarda la cover- originariamente intitolata 'Onslaught (Power From Hell)'- solitamente non amo giudicare brani composti da altri gruppi, per il semplice motivo che c'è chi preferisce la fedeltà all'originale e chi invece opta per una rivisitazione; mi limiterò dunque a sottolineare che viene resa in linea con la proposta dei Ghostrider e si inquadra particolarmente bene nel disco in questione.
È arrivato il momento delle conclusioni, ma ormai avrete capito come la penso su questo ritorno. Magari i Ghostrider non avranno granché da aggiungere ad un panorama musicale da loro stessi marchiato a fuoco oltre tre lustri fa, ma sicuramente con questo prodotto hanno dimostrato quanto siano stati importanti per la scena italiana. Se seguite un certo tipo di musica, 'The Return Of The Ghost' deve necessariamente fare parte del vostro bagaglio culturale.
Nota: la valutazione finale tiene conto sia della qualità del prodotto sia dell'interesse storico che vi gravita attorno.
Francesco Salvatori