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Unconsciousness
MORNING DEATH - Unconsciousness
(2010 - Autoprodotto)voto: 7.5/10
A distanza di un anno dal precente ep 'Metampsicosis' tornano sulle scene musicali i Morning Death. La proposta di questo trio (recentemente diventato un quartetto con l'ingresso in formazione di un bassista, peraltro) è particolarmente difficile da catalogare: si tratta di brani strumentali anche molto lunghi ('Crypt Of Perdition' tocca i 10 minuti), elaborati e strutturati, fuori dai canoni e pieni zeppi di influenze o richiami a panorami tra loro anche profondamente diversi. Il termine che verrebbe più naturale usare è “prog”: ma un prog alla Tool per intenderci, di quello non finalizzato allo sfoggio di tecnica bensì alla ricerca di melodie fuori dal comune, di architetture anomale ai limiti della psichedelia. Ma, come vedremo, due sono le controindicazioni nell'utilizzo di tale etichetta: la prima è che si tratta di un termine iper-abusato, riferito ormai per indicare tutto e il contrario di tutto; la seconda è che sarebbe comunque una categorizzazione restrittiva per la proposta dalle mille sfaccettature dei Morning Death.
Si parte con 'Intro', costruito intorno ad un arpeggio dai toni sereni e pacati che sfocia poi in un'esplosione di suoni. La parte centrale presenta ritmi più convulsi, con un sapiente utilizzo della cassa, ed offre dei riffs piuttosto cupi e serrati riconducibili a quel settore di prog più 'oscuro' e modernista che si è concretizzato, per esempio, nell'ultimo lavoro dei Mastodon.
Ma si tratta solo di un assaggio di ciò che potremo trovare durante l'ascolto di 'Unconsciousness': senza alcuna pausa o stacco parte immediatamente 'Crypt Of Perdition', che con la sua lunga durata rappresenta il fulcro di questo prodotto. Le prime fasi sono lente, contenute, piuttosto atmosferiche, con sporadici aumenti di intensità opportunamente dosati: simbolo, questo, di uno stile che attinge a piene mani da architetture di tipo post-rock. Occorre aspettare quasi il quarto minuto perché questo fattore si faccia da parte e lasci spazio a sonorità più tipicamente metal, con ritmi più serrati e strutturazioni maggiormente lineari. Dopo questo corpo centrale massiccio e avvincente si torna, quasi con un flashback, agli spunti ed alle contaminazioni presentati in apertura, con al centro dell'attenzione una melodia di chitarra particolare e delicata.
E, se finora di metal non se n'è sentito poi molto, non vengono certo cambiate le carte in tavola con 'Soul In Motion': si parte ancora una volta con un arpeggio acustico, melodico e rilassante, e poi pian piano ci si incammina verso un tripudio di strumenti in continuo crescendo, fino all'esplosione centrale. Quello che trovo veramente valido nei Morning Death, in questo brano come negli altri, è il sapiente connubio tra elementi prettamente metal (batteria in doppia cassa, ritmiche serrate, chitarre distorte) ed architetture sonore di ben altra tipologia: niente di particolarmente innovativo, intendiamoci, ma un conto è fare certi esperimenti all'interno di una canzone, e un altro conto è costruire la canzone stessa proprio su tali esperimenti. Per giunta la mancanza della voce viene perfettamente assorbita da una chitarra solista sempre sugli scudi ma mai “egoista”, il che scongiura la presenza di vuoti di alcun tipo.
La conclusiva 'Psychotropic Headkick' rienta invece in lidi più canonici, con un drumming martellante e riffs stoppati e distorti alla death-progressive, quasi a fare da ponte di collegamento con il passato della band; certo, verso il centro permane un apertura nello stile dei brani precedenti, ma globalmente le sonorità sono più dure e aggressive: si tratta indubbiamente del brano più metal del lotto.
Alla fine dell'ascolto di 'Unconsciousness' si ha la consapevolezza che i Morning Death sanno creare della buona musica, gestendo strutture anche piuttosto elaborate e soprattutto poggiando le proprie influenze su diversi panorami. Certo è che non si tratta di una proposta facilissima da digerire, specialmente per chi è abituato a vedere la voce come il fulcro del brano, ma i palati fini non potranno far altro che apprezzare. Realtà da tenere sott'occhio.
Francesco Salvatori