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Servant Of The Servants

BLACK INSIDE - Servant Of The Servants
(2011 - Autoprodotto)voto: 6.5/10
La storia dei Black Inside è genuina e di poche pretese: nati come tributo ai Black Sabbath, di recente hanno deciso di darsi alla composizione di pezzi propri, semplicemente seguendo il proprio cuore- o meglio, i propri gusti musicali. Manco a dirlo, una mentalità del genere dà i suoi frutti e fa si che 'Servant Of The Servants', disco di debutto della band, appaia fresco ed ispirato.
Per quanto le influenze dei singoli facciano capolino di tanto in tanto (l'inizio di 'Crossing The Desert', ad esempio, sembra scritto da una band thrash), le fondamenta poggiano su una matrice sabbathiana, caratterizzata da ritmi piuttosto contenuti (per non dire rallentati) e da riffs semplici ed immediati. La voce, del resto, si distacca dall'impostazione dello storico quartetto britannico, prediligendo un timbro più tipicamente hard rock in senso classico e non disdegnando tonalità più alte; voce che, peraltro, si fa apprezzare particolarmente in 'Tears Of Rain', un bel lento dalle melodie toccanti che ha forse un solo difetto: il decollare troppo tardi. Molto bello, comunque, anche l'assolo, armonico e coinvolgente.
Tolto questo brano, gli altri si inquadrano tutti all'interno di uno stesso quadro stilistico generale. Talvolta i ritmi vengono mantenuti più alti, come accade in buona parte di 'Zombies Train' con delle strofe piuttosto concitate, ma in genere vengono privilegiati riffs cadenzati, molto scanditi, spesso con note prolungate. Un misto tra hard rock di classe, heavy metal e- perché no?- un pizzico di doom, insomma: questo è quello che ci propongono i Black Inside, tra pezzi più cupi (la title-track, o anche 'Another Me') e altri dall'incedere più “aperto” e melodioso (la lunga 'Getsamani Suite').
Se bisogna trovare delle pecche in questo 'Servant Of The Servants', direi forse che alcuni brani sono un pelo troppo lunghi: trattandosi di materiale ancora poco personale, magari qualche minuto in meno sulla durata complessiva avrebbe snellito l'ascolto. Ascolto che, comunque, risulta più che gradevole: se i Black Inside sapranno proseguire su questa strada, trovando magari un'identità ben definita, riusciranno a fare qualcos'altro di buono.
Francesco Salvatori