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Sentieri Dimenticati

VERATRUM - Sentieri Dimenticati
(2012 - Autoprodotto)voto: 7.5/10
Dopo averci regalato il loro primo demo (“Sangue”, 2010), peraltro ottimamente recensito da Italia di Metallo, ecco arrivare per i Veratrum l'attesissimo debutto sulla lunga distanza, uno snodo cruciale per avere conferma del loro già evidente potenziale e per capire fino a quali latitudini potranno spingersi in futuro. E proprio a tal proposito, è inutile prender ulteriore tempo in quanto siamo palesemente al cospetto di un progetto dalle possibilità illimitate, sia da un punto di vista quantitativo, che puramente qualitativo. Si perchè, già a partire dai primi sommari ascolti, si capisce come il complesso bergamasco sia rimasto fedele alle proprie inclinazioni artistiche, proponendo un death/black metal che scorre via con aggressività, lucidità e perizia dall'inizio alla fine, senza mai cadere nella trappola del conformismo suggerita da un genere che troppo spesso sembrava aver sparato tutte le cartucce a disposizione.
“Sentieri Dimenticati” è infatti un disco che presenta tutta la sintomatologia di un conseguente successo su larga scala, grazie ad una serie di rilevanti caratteristiche: qualità artistiche imponenti unite ad un coraggio da applausi nel percorrere strade poco battute (il cantato in italiano ne è un valido esempio); cura dei dettagli nello sviluppo dei testi, nonché del booklet, e di un artwork che sembra dirti: “Ascoltami, non te ne pentirai!” ( e considerando che si tratta di un'autoproduzione i meriti sono ancora maggiori); dimostrazione di elevata creatività nell'ideazione di quello che è un profondo concept-album ricco di metafore e simbolismi; perfetta padronanza nello stile in questione, che nello specifico si traduce con la capacità di saper fondere tematiche black-oriented e death-style con atmosfere melodiche, a tratti epiche. Insomma, un disco originale ed immediato, senza mezzi termini e soprattutto libero da compromessi.
Precisamente, dopo un breve intro sciorinata in punta di piedi da una voce femminile, il viaggio ha inizio con “Uomo”, un brano che, oltre a proporre una serie di interessanti spunti spirituali, ci mostra un sound dominato da un riffing tagliente, da un incalzante lavoro alle pelli e dal perfetto equilibrio growl-scream esibito dal vocalist Haiwas. E il leit-motiv sarà esattamente questo da qui alla fine, senza cali di tensione. A seguire troviamo “Lo Sventramento dei Guardiani della Terra Cava”, pezzo che ammetto di aver amato profondamente. Lo schema è semplice, così come il testo, ma è proprio per questa sua elementarità mista a naturalezza che arriva dritto al bersaglio in tutta la sua cattiveria. Il ritmo poi si fa più serrato con “I Trionfi Più Grandi”, una canzone violenta, talvolta oppressiva, e rivelatrice della dedizione che il combo lombardo dedica agli arrangiamenti. Basta un passo in avanti poi per fare l'incontro con “Ars Goetia”, ovvero il perfetto connubio tra l'anima malvagia, diretta, del gruppo e quella maggiormente melodica, riflessiva. In seguito, i toni si abbassano notevolmente, abbracciando sonorità altamente oniriche con le strumentali “I Braceri del Tempio di Thot” e “Orizzonte”, nonché con l'ipnotica “Ritorno ad Atlantide”. Infine, a chiudere questo particolare viaggio ci pensano prima l'emozionante “Thule”, la migliore dell'intero pacchetto se non altro per l'enorme pathos che sa trasmettere, e “Agarthi”, traccia sviluppata sulla falsariga delle precedenti e che nulla aggiunge o toglie ad un album già ampiamente promosso, e ad una band che si trova di diritto sulla rampa di lancio. Fare la conoscenza dei Veratrum significa infatti compiacersi dell'ottimo momento di forma del metallo tricolore e, nondimeno, rendersi conto ancora una volta di come questo genere musicale sappia colpire, con la medesima efficacia, stomaco, cuore e cervello.
Davide Khaos