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We Don't

TrackList
1. Heaven/Hell The Way
2. We Don't
3. Don't Follow
4. Rowboat
KISMET - We Don't
(2012 - Autoprodotto. Distribuito da DA-Records s.n.c.)voto: 8/10
Gruppo veneto attivo da oltre dieci anni, i Kismet mettono a segno un gran bel colpo con il loro terzo EP “We Don't”, in uscita a luglio 2012 sia in formato digitale che in formato compact disk, distribuito dalla DA-Records.
Dopo l'“autobiografico” “Rooms of Lie” che riflette sulle esperienze di vita e di musica della band, dopo il più “universale” “Trudging Down Your Soul” che parla dell'istinto ancestrale radicato dentro di noi come un destino già scritto, i Kismet confezionano un EP più conciso, che si distacca dalla struttura “simil-concept” dei precedenti. Rinunciano alle sezioni strumentali a favore di quattro brani che formano un collage eterogeneo per tematiche e per caratteristiche musicali. Si evolvono progettando un lavoro non meno studiato ma forse più diretto e più “facile” da approcciare, più ampiamente fruibile da un pubblico non necessariamente solo nostrano, strizzando così l'occhio al panorama internazionale.
A voler trovare un “main theme” all'interno di questo EP, si potrebbe considerarlo come una sorta di definizione in negativo; il leitmotiv del “no” ritorna in qualche modo in ogni testo, fin dal titolo dell'opera, tratteggiando in chiaroscuro i confini di ciò che i Kismet non sono e non vogliono, di cosa rifiutano, di cosa cercano ma non trovano. Rimane poi alla musica il compito di colmare gli spazi lasciati vuoti dai testi, il compito di far sentire cosa invece i Kismet sanno essere, cosa sentono, cosa vogliono.
Difficile raccontare il mondo musicale della band, come dimostra l'uso cospicuo di virgolettati; ascoltando le loro songs si possono scoprire influenze variegate, dai Soundgarden ai Tool, dagli Alice In Chains agli Alter Bridge, fino ai Led Zeppelin e ad altro ancora. Possono essere definiti “post-grunge”, così come “alternative”, ma alla fine ogni etichettatura lascia il tempo che trova, dicendo tutto e niente.
Di fatto i Kismet propongono un bel rock energetico e vibrante, ricco di sfumature e di colori che vanno dal soft del melodico al corposo dell'hard, arrivando a toccare una gran quantità di corde emotive. A me piace definire la loro musica “introspettiva”, perché se è vero che fanno un rock anche carico, capace di far scatenare il pubblico sotto al palco, è altrettanto vero che riescono a trasmettere sensazioni impalpabili e profonde in cui ognuno può riconoscersi e ritrovarsi.
Le sonorità dei quattro brani contenuti nell'EP “We Don't” spaziano dal calore morbido delle corde in acustico al vigore distorto delle chitarre elettriche di Mirko e Crivez, mentre le ritmiche ben sottolineate dal basso di Carlo e dalle percussioni di Penot sanno farsi ora pacate ora tirate, amalgamando il tutto in una giostra di suggestioni che sa come rapire l'ascoltatore, con la complicità degli arrangiamenti che scorrono via lisci come l'olio.
Il cantato di Albert è il fil rouge che si snoda per tutto l'EP, a volte sussurrato a volte potente, pulito eppure graffiante; spesso sembra echeggiante, quasi rimbalzasse sulle onde sonore delle chitarre, trapuntato dalla batteria. E' un cantato che arriva sotto pelle, senza sotterfugi, reso ancora più concreto dalla chiara pronuncia in inglese.
La prima traccia di “We Don't” mette subito sul piatto un interrogativo provocatorio da crisi esistenziale: qual'è la via giusta, quella dell'inferno o quella del paradiso? Annunciata da un riff ipnotico e poi sostenuta da una batteria incalzante, “Heaven/Hell The Way” propone nel ritornello orecchiabile ed accattivante la formula dei Kismet per arrivare a perdere il controllo. Brano carico, con sonorità spesse soprattutto nelle strofe, impreziosito dal fraseggio di chitarra che si fa notare nella parte strumentale, ci offre un'immediata dimostrazione del tipo di cantato che contraddistingue la band.
Segue la title track “We Don't”, singolo di punta dell'Ep, di cui è già stato presentato il video diretto da Mattia Benetti. La seconda song proposta, introdotta da un arpeggio armonico seguìto a breve distanza dal crescendo della batteria, racconta una pigra immobilità che fà da sfondo allo scorrere del tempo, giocando con riff e cadenze martellanti che sembrano la negazione totale dell'incapacità di smuoversi descritta dal testo. Pezzo perfetto per infiammare il pubblico in sede live, diretto e trascinate per voce, per ritmica e per sonorità. Una vera chicca.
“Don't Follow” presenta invece un cantato più lento e più “sofferto”, pur senza concedere sconti nell'andatura che rimane lanciata e galoppante, disegnata da un riff di chitarra che sa di sincopato, quasi a rappresentare un respiro faticoso. Il terzo step dell'EP è una sorta di rivendicazione del proprio spazio vitale, della libertà di seguire per proprio conto quella che è la via scelta, rifiutando ogni pretesa di possesso e di controllo altrui. La dichiarazione d'indipendenza del gruppo è un brano molto intenso che a tratti sembra ripiegarsi su se stesso, rallentando ed accelerando continuamente. Da esplorare con più di un ascolto.
In chiusura i Kismet piazzano una perla di rara bellezza; “Rowboat” è una vibrante ballad in cui la band mette a nudo il suo lato più “nostalgico”. L'intimità immediata della chitarra acustica e la voce struggente della viola del maestro Marco Dainese che da sempre collabora con loro, creano un'atmosfera dolce dal retrogusto delicatamente amaro come liquirizia. L'inizio lento, l'arpeggio morbido, il cantato sospirato e la batteria sottile danno vita ad un'atmosfera leggermente smarrita e sospesa che via via riscopre quelle che sono le peculiarità del rock anche hard; verso il finale si sommano alle delicate sonorità iniziali la distorsione delle chitarre elettriche ed il battito più vigoroso della batteria. La voce, dapprima sussurrata, torna a farsi spiegata, incanalata nel muro di suono delle corde elettriche, ottenendo un effetto “climax” che trova senza difficoltà la strada per arrivare là dove vuole andare.
“We Don't” è sicuramente un lavoro che ha tutte le carte in regola per conquistare un pubblico sempre più vasto e che ha in sè un respiro più internazionale dei due precedenti. Se vuole essere un assaggio di quel che sarà il primo full length della band, non possiamo che aspettarci un altrettanto ottimo livello dalla prossima fatica di questi cinque ragazzi che il 9 luglio partiranno per un tour promozionale in Uk, conquistato con la vittoria al Tour Music Fest 2011.
Auguro loro tutto il successo possibile, sperando che non si lascino mai corrompere dalla tentazione di confezionare prodotti esclusivamente “commerciali” a discapito del loro originario essere “restless heart in a restless soul”, sperando che non dimentichino mai il gusto per le esibizioni anche in acustico che fanno dei Kismet un gruppo capace di comunicare con ogni tipo di pubblico.
Ella May