Ricerca
Contattaci
Per segnalare concerti o richiederci una recensione delle vostre band, scriveteci compilando il modulo in questa pagina
Accesso utente
Chi è on-line
Sgàbula

IMAGO MORTIS - Sgàbula
(2012 - Drakkar Productions)voto: 8.5/10
Tradizionalisti e radicali, i bergamaschi Imago Mortis nel mese di agosto Anno Demoni MMXI (2012 per i meno ferrati) ci offrono un 7” Ep dal titolo “Sgàbula” (alias maledizione) che contiene due chicche, anzi “litanie” citando la stessa biografia, che delineano in qualità di perfetto, anche se scarso, riassunto lo stile musicale, l’ideologia e la tecnica del lungo percorso della band. Attivi dal 1994, la proposta che ci porgono è chiaramente maturata e fondata nel black metal, che non si limita ad essere un genere musicale, ma un mezzo in cui trae origine ed espressione una spiritualità, una trascendenza e fondamentalmente un credo permeato da misticismo e legami con il passato, orgoglio e segno distintivo dei nostri 4 lombardi.
Mi dispiaceva inizialmente avere solo due brani su cui lavorare, ma affermo con franchezza che sono risultati più che sufficienti per farmi una chiara e completa idea sugli Imago Mortis: e forse proprio “tradizione” e “passione” sono le parole chiave che descrivono perfettamente il quadro che sto dipingendo. Tradizione poiché le tematiche di Sgàbula sono, come del resto negli altri lavori, radicate nelle leggende, nel passato e nella storia dei popoli lombardi, risalenti ad epoche in cui l’ignoranza annebbiava la ragione e paura e superstizioni dominavano le menti.
Ed è proprio la prima opera di questo offertorio, “Ol sègn”, a raccontarci la storia dell’agonia di una donna, considerata la strega del paese, che prima di abbandonare la propria vita trasferisce in preda a visioni mistiche i propri poteri occulti nelle mani della sua succeditrice, la nipote, sottoforma di un segno indelebile, un passaggio ed una trasfigurazione. Sin dall’incipit la voce impetuosa di Abbibial segue senza sosta i giri della chitarra, in una tumultuosa e vorticosa litania dai toni aggressivi e sfrontati:la tonalità abbassata di un semitono contribuisce a dare alla chitarra un assetto tenebroso e sinistro, accompagnato da un instancabile batteria, varia e creatrice di un assetto ritmico cangiante e particolare, che dà alla canzone un andamento gradevole ed orecchiabile.
Segue “Sabba” (ovvero il leggendario incontro fra le streghe e satana che il popolo attribuiva a fenomeni paranormali osservati e vociferati nelle campagne): canzone che personalmente trovo davvero interessante, a partire dall’incipit, dotato di chitarra acustica che fra sussurri serpeggianti ci conduce in un viaggio a ritroso, nel passato più remoto. Parole scandite ci porgono un messaggio che non lascia perplessità, guidate da arpeggi in una melodia inconfondibilmente singolare, ma mai così complessa da essere incomprensibile.
È una realtà nota quella che ci delineano gli Imago Mortis, ma non così condivisa o vissuta da esser presa in considerazione in qualità di tematica per il proprio progetto musicale da molte altre band: l’originalità sta proprio qui, e vi dirò di più, tali temi possono così appassionare l’ascoltatore invitandolo a riscoprire le proprie radici tanto quanto la delineazione di astratti fiordi norvegesi mai visti da parte di chi, forse, mira troppo in alto.
Non solo le campagne lombarde, ma anche quelle venete e quelle di qualsiasi altra regione sono state scenario delle mille leggende che la paura verso l’ignoto e la superstizione creavano, e ci basta il racconto dei nostri avi, semplici parole sospirate di bocca in bocca o nero su bianco per confermarcelo, e sentirci tutti più uniti nelle proprie storie e passati. Quelle voci, quei sussurri misteriosi, quei riti, quelle credenze tenebrose emergono da queste due chicche, davvero ben concepite quanto la registrate, soddisfacente visto il genere (peccato solo per il ruolo marginale del basso, che avrebbe potuto dar spessore nella qualità di composizione).
Aspettiamo con curiosità l’uscita del nuovo disco.
Là dove muore il giorno, attendiamo la nuova alba.
Blackstar