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Golem

PRETI PEDOFILI - Golem
(2011 - Autoprodotto)voto: 5/10
“A questo giro si gioca in casa!”, mi sono detta quando ho avuto l’incarico di recensire la band foggiana che ha scelto un nome abbastanza provocatorio: i Preti Pedofili. La formazione nasce nel 2011 e si avvale di risorse quali sonorità sludge\post-rock\noise, incorniciate da testi in italiano... E come premessa, ci siamo.
Dal momento che il motto ‘crepi l’avarizia’ è ancora in voga di questi tempi, ho deciso di sviluppare una doppietta.. lavorando sia su "Golem" (2011) che "Faust" (2012).
Here we go!
"Golem" è un EP di 6 tracce, che riportano tutte ad un significato ricercato. “EMET” (un sostantivo derivante dall’ebraico e che significa “verità”), introduce il nervo centrale del disco in modo strumentale – poco elaborato, forse poco calzante rispetto a tutte le premesse fatte dalla band stessa. “Idios Sinkrasys” attinge molto da “L’inconveniente di Essere Nati” di Cioran per quello che concerne le liriche (oltre che etimologicamente parlando, trattare di inclinazioni relative allo spirito), ma mantiene un profilo migliore per quanto riguarda il sound sludge, che acquista carattere solo nelle battute finali – tuttavia, quanto basta per farmi venir voglia di continuare ad ascoltare.
“La Scelta” è la traccia che avrei volentieri fatto a meno di includere tra le sei: l’ho trovata estremamente inconcludente, poco strutturata, troppo ripetitiva ed altamente scarna. “Venia”, infatti, spazza immediatamente l’amaro in bocca del brano precedente con il suo stampo sludge contaminato veramente in maniera sapiente, anche se personalmente i vocals hanno fatto di meglio in precedenza e la linea mantenuta qui, stride qualitativamente sulla base, che perde anch’essa per ripetitività verso la fine; capisco la scelta italiana e l’apprezzo anche, ma non gradisco lo sfociare del genere nel ‘già sentito’ di matrice pop-rock.
Credo pertanto che “Holdings” meriti tutto un discorso a parte, dal momento che nel sestetto è la più riuscita nel tentativo del post-rock in quanto gli elementi ci sono tutti, ma ahimé anche qui ritrovo un voler dare eccessivo spazio ai testi – con conseguente allungamento dei riff all’infinito, che a lungo andare tedia.
“MET” è veramente la migliore traccia dal punto di vista compositivo: se l’intento del trio pugliese era fondere noise, post-rock e sludge, allora in questa ci sono riusciti – con l’unica pecca che viene evitato il classico e a me graditissimo apice sonoro, in cui pare quasi che si voglia raggiungere la disintegrazione di sé attraverso la musica.
Dovendo esprimere un giudizio globale, ho trovato buone le premesse anche non trovando pienamente sufficiente il lavoro; buona la simbologia, qualche volta non male davvero i testi. Vien quasi voglia di far quattro chiacchiere con la band! Mi auguro “Faust” si riveli una maturazione consapevole e studiata, ed infatti mi appresto al\agli ascolto\i.
BlackLux