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Tears on the Face of God

EVERSIN - Tears on the Face of God
(2012 - My Kingdom Music)voto: 6.5/10
“Il suono della guerra: questo è ciò che gli Eversin hanno inserito all’interno della loro musica con Tears on the Face of God. Un monolite, devastante ed imponente come un carro armato Panzer; una corsa senza fiato che vi condurrà in un viaggio attraverso campi di battaglia del passato e del presente”.
Quella che ho appena trascritto è semplicemente la descrizione che la band oggetto della recensione odierna ha voluto fornirci per presentare il suo ultimo lavoro: una premessa sciorinata in grande stile che, unitamente alla risonanza del titolo utilizzato e al fascino dell’artwork in copertina, genera indubbiamente un forte impatto, nonché un notevole appeal sul pubblico. Compreso il sottoscritto. Ma l’obiettivo è stato davvero raggiunto oppure i meriti promozionali dell’etichetta My Kingdom Music risultano alla fine maggiori delle qualità intrinseche del disco in questione? Prima di rispondere a questa domanda, a mio avviso fondamentale per avere un quadro completo di questo progetto, preferisco però andare per gradi introducendo il gruppo nostrano ai meno informati e andando a scoprire le caratteristiche dell’album.
Siciliano di origine, il promettente trio muove i primi passi già nel duemila sotto il nome di Fvoco Fatvo e nel giro di sei anni pubblica due autoproduzioni (“Tenebra’s Dream" e “Of Light and Dark”) e un cd (“Our Elegy”), uscito grazie alla collaborazione con la NLM Records. Cambiato definitivamente il monicker in Eversin e terminata una nuova fatica (“Divina Distopia”), peraltro valsagli uno stuolo di complimenti e la condivisione del palco con i Death Angel, ecco arrivare la definitiva svolta con la messa nero su bianco di un nuovo contratto con la già citata MKM. È un momento fondamentale per la loro maturazione perché non segnerà solamente il loro ingresso nel limbo che divide i “mediocri” dai “grandi”, ma anche e soprattutto un profondo cambio di stile che sembra caratterizzare marcatamente la storia della band agrigentina. Un degno percorso di crescita, il loro, che fonda le sue radici in un power metal con risvolti epici e progressive per arrivare al puro thrash (ispirato da Annihilator e Megadeth su tutti) dei giorni nostri, desideroso di coniugare vecchia e nuova scuola. Insomma, un vero e proprio viaggio alla ricerca di nuove soluzioni sonore che li ha condotti fino a “Tears on the Face of God”.
Composto da otto tracce, il nuovo progetto degli Eversin sembra essere concepito come un unico blocco organico caratterizzato da un durissimo muro sonoro e da una struttura piuttosto complessa, resa tale specialmente dall’operato delle chitarre, abilissime nel disegnare riff di pregevole fattura. Potrà quindi sembrare un paradosso, ma il cambiamento del sound rispetto al recente passato tenderei a leggerlo non certo come un impoverimento dove le sinfonie di un tempo sono state sacrificate a favore di un suono più immediato. Al contrario, credo che alla base di tutto ci sia una netta evoluzione, portatrice di un discreto raffinamento, determinato dalla maturità ormai raggiunta dagli ex Fuoco Fatvo. È tutto ciò che permette ad alcuni brani di convincere: l’opener “For the Glory of Men”, mai banale nonostante sia un pezzo strumentale piuttosto lungo; la trascinante “Nightblaster”, in particolar modo per la sostanziosa partecipazione dell’ex Venom Tony “Demolition Man” Dolan; la riflessiva “The Tale of a Dying Soldier” con l’ottima prova alla chitarra solista fornita da Simone Mularoni (DGM, Empyrios). Detto questo, ecco che, con l’avanzare dei minuti, affiorano le prime perplessità perché, a parte qualche altro piccolo sprazzo di godibilità riscontrabile tra una traccia e l’altra (“Death Inc.” ne è un valido esempio se non altro per l’innata capacità del gruppo di distinguersi nei brani di difficile architettura), i limiti emergono tutti nella svagata prova offerta dal vocalist Angelo Ferrante, ma soprattutto nella ripetitività riscontrabile nel resto del disco che conduce inevitabilmente ad una assai povera longevità dello stesso.
Dunque, grande qualità e ottime idee alla base, che però mal si coniugano con quella che è la realizzazione vera e propria, a causa di alcuni evidenti limiti tecnici, uniti ad un appiattimento della proposta sulla lunga distanza. Per rispondere quindi alla domanda posta precedentemente dico che l’obiettivo degli Eversin non è stato completamente raggiunto, in quanto il loro “Tears on the Face of God” offre sicuramente degli ottimi spunti, ma allo stesso tempo mostra delle evidenti crepe che finiscono col minarne la credibilità. Come a dire che l’involucro, di ottimo livello, non è supportato da un contenuto pienamente soddisfacente. Errori accettabili per una band alle prime armi, non per chi è sulla scena da oltre dieci anni. D’altronde il prezzo del nome che ci si porta dietro a volte può essere alto. Molto alto.
Davide Khaos