Formazione le cui origini risalgono al 1999 e con un curriculum di tutto rispetto (due cartelle di word impossibili da sintetizzare in questa sede) che vede il riavvicinarsi nel 2018 del fuoriuscito Zed (chitarra e voce), che dal 2014 aveva intrapreso derive soliste e varie collaborazioni di rilievo, alla formazione originale (Dalia Nera) sintetizzando la reunion con l’attuale monicker e rilasciando un lavoro dall’alto peso specifico quale “Asocial Netwrok”.
Lavoro che, a partire dall’essere concepito come un concept impernato sugli aspetti oscuri delle relazioni umane mediate dai social network, rivela un’anima complessa e strutturata. Complessità avvalorata da una tecnica compositiva ed esecutiva di rilievo, ampiamente supportata dall’ottima produzione, che si concretizza paradossalmente in un’estrema fruibilità ed immediatezza d’ascolto. (paradossalmente no, è caratteristica propria di quelli bravi)
Il metal proposto da Zed & Dalia Nera, improntato nelle sue linee espressive in un hard rock americano solare e “di classe”, raccoglie in un certo senso il testimone dei Queensryche, che ricomposero la “frattura” imposta dal thrash metal e aggiornarono il linguaggio del metal. Operazione che i nostri fanno propria, stratificando ulteriormente la propria proposta riuscendo a conciliare ritmiche proprie del djent a fraseggi di stampo progressive settantiano, strutturando al contempo il riffing facendo tesoro della ricerca portata avanti dal death metal più tecnico. Il tutto con uno sguardo rivolto alla fusion da una parte e al contributo di “mostri sacri” della chitarra quali Steve Vai o Joe Satriani. Il risultato è un’esperienza d’ascolto che, per un metallaro di vecchia data come il sottoscritto, è una vera carezza nell’anima: mi ha letteralmente fatto rivivere il mio percorso di formazione musicale.
L’opener “Asocial Network pt.1”, con i suoi lick in sweep, peraltro ripresi in “Headown”, come da tradizione dei concept album settantiani intesi come “opere rock”, mi ha richiamato alla memoria l’approccio chitarristico di Van Halen (declinato con altra tecnica ovviamente). Lo sviluppo poi ci sorprende con ritmiche spezzate e sincopate che subentrano ad un anthem epica e sospesa comandata da linee vocali che hanno fatto propria la lezione del miglior Dickinson ma, se posso azzardare, guadagnando in efficacia rifuggendo l’enfasi sulle tonalità ai limiti del falsetto. Si intuisce fin da subito che l’impronta guitar-oriented delle composizioni. La sezione ritmica asseconda con estremo gusto e solidità uno schema di riffing che alterna solide ritmiche sincopate a inserti solistici trattati come lick, a definire una “complessità amichevole”. Amichevole perché l’uso della tecnica non è mai fine a sè stessa ma, al contrario, è asservita ad un’estrema musicalità e ad una marcata orecchiabilità.
Nonostante nel riffing spesso siano intessuti sapori che vanno dal thrash metal (“The Darkness of Your Days”), al djent e a tratti al technical death metal, l’anima espressiva è quella dell’hard rock ottantiano (se non del glam metal o del AOR). La metafora che mi sembra più calzante è di carattere gastronomico: Zed & Dalia Nera propongono un progressive metal “gourmet”, dove la tecnica compositiva ed esecutiva sono mezzo e non fine. E all’ascoltatore rimane la sorpresa di passare senza strappi in “Rule your head” da un incipit che omaggia i Jethro Tull ad uno sviluppo che rimanda a Bon Jovi, scivolando verso sezioni chitarristiche southern rock.
Zed & Dalia Nera appartengono a quella categoria di musicisti “strutturati” in grado di padroneggiare la materia e plasmarla a proprio piacimento, se posso azzardare un paragone (per pudore non cito Frank Zappa), mi vengono in mente gli Elio e Le Storie Tese in quanto a capacità di gestire a proprio piacimento partiture come costrutti di “frammenti” compiuti e riconoscibili, con la differenza che gli EELST giocano a comporre “patchwork dadaisti”, mentre qui i “quanti” di musica sono trattati come fili di diverso colore da intrecciare a comporre un disegno unico e coerente.
Ne è esempio lampante l’incredibile coerenza espressa in “Searching for normality “ tra l’incalzante marcetta in battere, capace di evocare tanto i Beatles quanto i Queen, e il lick solista sottostante che evoca Black Sabbath ed Entombed, per sfociare, attraverso fughe malmsteeniane, ad una sezione in grado di evocare i Metallica post “Black Album”. E mi limito qui, perché il songwriting, è un vero e proprio flusso di coscienza metal. Se Carl Gustav Jung ha introdotto il concetto di inconscio collettivo cui l’artista attinge per enucleare archetipi intellegibili in quanto condivisi a livello inconscio, potremmo dire che la musica degli Zed & Dalia Nera è musica junghiana. In “Killers Of The Soul”, al netto delle intromissioni fusion, si percepisce la fonte comune cui hanno attinto, dopo la separazione, Hettfield e Mustaine, declinandola ciascuno secondo la propria sensibilità.
Allo stesso modo, in “The darkness of your days” si conciliano l’heavy ultra-classico dei Judas Priest con il thrash dei Megadeth, il groove del “Black Album”, la complessità dei Death e la ricerca dei Cynic, la fusion metal di Steve Vai e rallentamenti djent al limite del funeral doom.
“Headown” sembra voler rileggere in chiave thrash l’incipit incalzante di “Searching for normality”, regalandoci un pre-chorus intimista in bilico tra Megadeth e Metal Church, per sfociare in un travolgente ritornello in stile arena rock sostenuto da robusti palm-muting thrash. Progressioni ritmiche alla Schuldiner ricevono in risposta evoluzioni solistiche alla Satriani per chiudere sull’assoluto protagonista del pezzo, l’irresistibile refrain. E considerando la qualità delle sezioni strumentali e non, quanto sia irresistibile il ritornello è il chiaro segno che la ricerca di Zed & Dalia Nera è focalizzata sull’emozione. Che siano incredibilmente tecnici passa in secondo piano.
Apparentemente di più immediata lettura, con i suoi evidenti riferimenti a Van Halen, “Beyond this broken glass” marca il proprio interesse sui continui giochi di inversione e contrappunto ritmico del riffing e le incursioni soliste che fanno da cerniera tra le sezioni. Ai ritornelli di immediata presa, sostenuti da un riffing dal sapore shoegaze poi riletto con l’introduzione di ostinati in sweep, risponde una sezione solista perfettamente strutturata che si appoggia una una rilettura jazz-fusion delle ritmiche sincopate djent.
“Game Over” apre con gioco di “radio che cambia sintonia”, però declinato da tocchi di tastiera di pc, a marcare il vagare tra contenuti fruiti per frazioni di secondo. Si indugia su una musichetta da organetto circense a 8 bit per approdare ad un solido incipit dal sapore thrash (nei modi) e dal piglio hard rock settantiano (nella concezione), con i suoi botta e risposta tra ritmiche spezzate e fughe solistiche contrapposte ad un pre-chorus e ad un chorus di una ballad contesta tra Scorpions e Iron Maiden. La sezione solista omaggia i classicismi alla Malmsteen mentre si fanno apprezzare le variazioni imposte al riff principale, dove i contrappunti si solista vengono declinati da arpeggi distorti.
Chiude il cerchio “Asocial Networl pt. 2” con il suo sapore jazz/fusion sostenuto da ritmiche funky in wha wha contraddetto nello sviluppo del tema d’apertura da una deriva djent, e poi da un cambio di metrica, che riprende concettualmente certe soluzioni tipiche dei Maiden anche se qui assume un colore ska/shoegaze. La chiusura è affidata simmetricamente al tema di “Asocial Networl pt. 1”, riproposto in maniera più “sfilacciata” e cinematica, concludendo progressivamente a svanire nel proprio riverbero.
In conclusione, un lavoro questo degli Zed & Dalia Nera che ogni appassionato di metal deve far proprio, quale sia il proprio sottogenere di appartenenza. Io frequento abitualmente metal estremo e avrò colto il 10% del suo valore (in termini di riferimenti) ma ne ho goduto appieno.
Samaang Ruineees
Tracklist
- Asocial Network Pt.1
- Rule Your Head
- Searching For Normality
- Killers Of The Soul
- The Darkness Of Your Days
- Headown
- Beyond This Broken Glass
- Game Over
- Asocial Netowork Pt. 2
- Anno: 2024
- Etichetta: Nadir Music
- Genere: Progressive/Alternative Metal
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