Quinto album per i battaglieri capitolini ADE, che con il loro “peplum Death Metal” epico e brutale si propongono di rievocare i fasti e le efferatezze dell’impero romano. Forti di una esperienza live internazionale e di una professionalità maturata in oltre quindici anni di carriera, dimostrano una maturità di scrittura capace di evidenziare immediatamente i propri punti di forza: impatto, ferocia, tecnica esecutiva e, cosa più importante, ganci ritmici e melodici efficaci!
Sarebbe fin troppo facile relegarli nel pur lusinghiero ruolo di “cloni dei Nile”, per via non solo dell’utilizzo di sonorità “antiche” e strumenti “tradizionali” ma anche di un afflato epico ed un riffing accostabile alla band di Karl Sanders, ma un ascolto un minimo più attento rivelerà immediatamente la capacità degli ADE di rendere le proprie composizioni particolarmente digeribili, facilmente assimilabili. Questo avviene grazie ad una sobrietà che non necessariamente fa rima con semplicità, ma che esprime la consapevolezza di chi, stando a lungo sopra un palco, ha capito bene cosa funziona e cosa no, quando si tratta di coinvolgere il proprio pubblico. E quindi abbiamo cori, ritornelli, riffoni cantabili e stacchi ritmici fortemente caratterizzanti, che spiccano come segni di un pennarello dalla punta molto grossa.
Un ottimo esempio di ciò è il brano di apertura “Ave Dis Pater”, che dopo un’introduzione un po’ da “Gardaland della romanità” esplode in un riff spigoloso e seghettato, col vocione possente e virile di Diocletianus a dominare la scena, per un brano in perenne tensione fino alla coda corale che sembra fatta apposta per incitare saluti romani ai concerti…
“Human torches!” credo venga gridato all’inizio di “Burnt Before Gods”, altro brano efficace dalle forti caratterizzazioni ritmiche, accattivante nelle alternanze di riff rallentati, fraseggi in fuga, mitragliate di cassa e pennellate “etniche” che conferiscono quel tocco speziato ed esotico, mediterraneo, mi verrebbe da dire, necessario a contestualizzare il racconto della band.
“Ad Bestias!” è un gran titolo per una canzone Death Metal e la composizione tiene fede alle aspettative regalandoci un vero bagno di sangue, un tripudio di riff intricati ma di presa immediata, in mezzo al quale non mancano i quasi obbligatori inserti folclorici, che alla lunga rischiano di apparire un poco forzati e gratuiti: lo abbiamo capito che avete visto i film di Hollywood sui romani!
Il mix di inglese e latino funziona, anche alla luce di un sincretismo tutto romano che giustifica senza grossi traumi pure l’utilizzo del nome greco “ADE”, ribadendo quella vincente operazione di appropriazione culturale che permise all’impero tanta prosperità.
Un bel riffone alla Testament apre “Led There Be Oblivion”, che tra blast beat e armonici di chitarra porta a casa un buon bottino, grazie anche al saccheggio di materiale collaudato.
“Vinum” è un vero e proprio singolo e, giustamente, ne è stato realizzato un videoclip per valorizzarne i riff magnetici e insistiti, le melodie e l’incedere martellante. Non mancano naturalmente i sample di percussioni e antichi cordofoni e mi sorge quasi inevitabile l’icastico parallelo tra i finti grappoli di plastica inquadrati insistentemente in primo piano durante il video ed una certa sintetica artificiosità, da trailer cinematografico, di quei momenti musicali che dovrebbero fare da varco spaziotemporale verso l’antico e l’“autentico”, ma che sanno solo di rielaborazione e fraintendimento occidentale contemporaneo, col rischio di scivolate tra il pacchiano, il grottesco o il generico spot da agenzia di viaggi.
Bello ad esempio il riff di “Patibula” in cui le chitarre vengono doppiate da un qualche strumento a corda che sa di arcaico, decisamente meno convincenti i vocalizzi mediorientali buttati qua e là. Per fortuna il brano ha altri pregi, capaci di mantenere viva l’attenzione di chi ascolta. Peccato per il finale sfumato.
L’inizio di “Quartered By Chariots” sembra voler replicare l’arpeggio di “One” su un antico liuto e, ricalcando binari posati dai Nile, stantuffa gagliarda, con buona capacità narrativa.
Giunti all’ultimo terzo del disco, si riscontra un oggettivo riutilizzo dello stesso materiale ascoltato finora, ma “Oderint Due Metuant” non per questo è compositivamente inferiore ai brani precedenti. Ne ho ad esempio apprezzato molto la sezione finale.
Sbaglierò, ma i loop di percussioni etniche all’inizio di “From Fault To Disfigurement” potrebbero benissimo trovare spazio in un qualche tormentone estivo, anche se il resto del pezzo, per quanto avvincente e ricco di momenti interessanti, dubito potrà godere di passaggi radiofonici…
Quando parte la conclusiva “Taedium Vivere” con l’ennesimo strimpellare di quelle chitarrine pseudoromaniche non posso fare a meno di rilevarne la effettiva intercambiabilità con qualsiasi passaggio affine ascoltato finora: capisco l’esigenza di ricorrere ad un timbro specifico, capisco pure un intento filologico nell’attenersi a certi (presunti) stilemi musicali, ma per Giove, un po’ di originalità?
Un plauso ulteriore va invece alla produzione, limpida e moderna ma che profuma di buono, con una batteria vera, libera di dare il meglio di sé.
Con “Supplicium” gli Ade giungono alla massima espansione del proprio impero: e ora?
Marcello M
Tracklist:
- Ave Dis Pater
- Burnt Before Gods
- Ad Bestias!
- Let There Be Oblivion
- Vinum
- Patibula
- Quartered By Chariots
- Oderint Dum Metuant
- From Fault To Disfigurement
- Taedium Vivere
- Anno: 2025
- Etichetta: Time to Kill Records
- Genere: Death Metal
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