Strano pianeta quello della musica. Esistono bands che nel passato rigurgitarono lavori davvero notevoli ma non li pubblicarono mai, per poi magari stampare materiale successivo di minore impatto. Questo è ciò che è successo, a mio avviso, ai mantovani Backfire. Ci tengo a dire che questa è solo una mia sensazione dopo aver ascoltato la combo di CD editi dalla solita AUA Record facenti parti della collana “Italian Metal Heroes“. Trattasi del debut album del 1991 e di un altro lavoro mai uscito prima di oggi datato 1988. Inizialmente credevo bastasse fare una recensione sola per i due dischi in questione, ma dopo alcuni ascolti mi accorsi che non avrebbe reso a dovere. Eccomi perciò a parlare di questo disco “Unreleased” che uscì nel 1988.

Il Cd in questione è stato stampato nel settembre del 2024 dalla AUA Records, come accennato in precedenza. Ho provato a cercare info o altro su queste canzoni, ma l’unica che ho trovato è che si tratta di una Advanced Tape che circolò nel 1988. A sto punto realizzo che ci si trova davanti ad un classico miracolo degno di essere studiato, perchè ritengo sia un colpo di fortuna più unico che raro che una Advanced Tape sia arrivata ad oggi preservata in questo stato. La resa audio poteva essere disastrosa, ma così non è. Già dalla opener “Forged in Pain” si tira un bel sospiro di sollievo, perchè si sente niente male. E si resta anche colpiti dalla qualità della musica espressa. La canzone trasuda ispirazione e abilità realizzativa dei componenti della band. La chitarra ben si incastra con la voce nel creare un tema portante, mentre in sottofondo arrivano delle tastiere per niente invasive ma presenti ad arricchire il sound. Forse solo la batteria pecca di dinamiche, ma ricordiamoci cosa ci troviamo tra le mani. “Stone of Power” conferma le sensazioni avute in precedenza. Canzone che stupisce non per il tiro ma per l’estrema particolarità: ci troviamo innanzi un tempo decisamente lento e ritmato, dove organi da chiesa fanno la loro comparsa a rendere l’atmosfera cupa e sinistra. Non è per nulla banale ne scontato riuscire a tirare un pezzo simile senza cali di tensione per l’ascoltatore. Gran finale in salire, con un’accelerazione repentina a ravvivare l’ascolto, ma secondo me il pezzo avrebbe funzionato un gran bene anche senza.

Black Shadow” suona meno particolare delle due precedenti, non fosse per la tastiera che viene a fare capolino di tanto in tanto in contrapposizione al riff di chitarra. Particolare lo stacco dove la batteria la fa da padrona, con una voce carica di riverbero e la tastiera sempre presente, forse troppo. Probabile sia solo una questione di volumi che se rivisti potrebbero far splendere meglio la canzone. “Mirage” è una strumentale che apre in modo Maideniano prima era, è una sensazione a pelle. Questo riffing, il modo in cui si articola e varia mi porta alla mente qualcosa della vergine di ferro periodo “Powerslave“. Il basso in questa canzone è in grande spolvero, mentre gli assoli si alternano in modo davvero efficace. Bella canzone, una delle migliori del platter a mio avviso. “Killing Myself” è un piccolo capolavoro cari lettori. Già da come parte si capisce che qui si fa il botto. Poi attacca la cavalcata anni ottanta e ciao a tutti, ci sono solo emozione e pelle d’oca. Stacchi di chitarra e tom, la tastiera misteriosa, la chitarra che torna, che si raddoppia e via, un’altra corsa a perdifiato nelle praterie dell’Heavy Metal di quei tempi.

Il gruppo aveva una tonnellata di idee in quel lontano 1988, ed ecco “Arcana“, col suo incipit anche qui cavalcato ma più epic, inteso nel senso vicino ai primissimi Manowar. Almeno fino allo staccone rallentato, davvero un muro. Qui la canzone torna sui lidi sentiti all’inizio, che virano su una parte solistica davvero ispirata, tra svisate e rallentamenti. Eccoci arrivati al pezzo forse più ignorante del cd, ma ovviamente nel senso buono del termine. “Sound of Rock” sono quelle cose che ci piacciono sempre un sacco, quelle canzoni che possono divenire piccoli inni da cantare a squarciagola in sede live. Tutto il pezzo sembra studiato per far saltare in aria qualche locale, con la gente impazzita che vola qua e la, e che nella parte del solo fa venire perfino in mente gli Scorpions. Non c’è album ottantiano che si rispetti che non abbia la sua bella ballatona, ed ecco qui arrivare “Friend of Mine“. Piano, archi, voce: quelle cose che poi fecero la fortuna delle ballad targate Gamma Ray. Ma attenzione, la canzone è davvero struggente e fatta ad arte, ascoltare per credere. La tristezza viene decantata nota dopo nota, parola dopo parola e portata in cielo da un assolo sublime. La conclusiva “Back to Remember” è la degna chiusura di un album davvero bello. Una canzone senza fronzoli, tirata e trascinante, che si prende un attimo di pausa solo nella parte centrale, dove rallenta e fa cantare le chitarre. Una risata e si torna veloci, ma non senza il sorprendente cambio finale.

Pensare che un lavoro simile poteva andare perduto fa venire i brividi, perchè siamo davanti ad un lavoro sontuoso. Migliore del successivo e pubblicato album del 1991. Ma questa è un’altra storia, di cui parleremo nella prossima recensione.

 

 

Michele Novarina “Mic Dj”

Tracklist:

  1. Forged In Pain
  2. Stone Of Power
  3. Black Shadow
  4. Mirage
  5. Killing Myself
  6. Arcana
  7. Sound Of Rock
  8. Friend Of Mine
  9. Back To Remember

 

  • Anno: 2024
  • Etichetta: AUA Records
  • Genere: Hard ‘n’ Heavy

 

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