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ANNO MUNDI
Arrivano su Italia di Metallo gli Anno Mundi, band romana attiva da un decennio con all’attivo tre album, un EP e la partecipazione a diverse compilation.
Tutti i loro lavori sono stati presenti su IDM e l’invito è quello di andarsi a riprendere le recensioni per apprezzare l’evoluzione musicale della band, cominciando dall’ultima release “Land of Legends”
https://www.italiadimetal...
Nel corso dell’intervista cercheremo di approfondire gli aspetti relativi alla formazione, al songwriting, all’ispirazione e alle scelte stilistiche del combo romano.
Per cominciare è d’obbligo una domanda proprio sulla formazione. Ci raccontate qualcosa di voi? Quando avete dato vita al gruppo e come avete scelto il nome?
Alessio Secondini Morelli: il progetto è partito nell'estate del 2009 da me e Gianluca. Dopo alcune esperienze live e vari cambi di formazione, abbiamo autoprodotto una prima release in vinile alla quale ha fatto subito seguito una seconda. Con il contratto discografico firmato con la BTF/Earshock, nel 2013, questi due vinili sono stati raccolti in un unico CD che ha preso il nome dal secondo album ("Window In Time").
Nel 2018, è uscito un altro vinile autoprodotto, intitolato "Rock In A Danger Zone" e, più recentemente, la Black Widow ha pubblicato un ulteriore lavoro intitolato "Land Of Legends" (la cui versione in cd comprende anche pezzi estratti dal precedente).
Immagino che nel vostro moniker ci sia un riferimento ai Black Sabbath…
Alessio Secondini Morelli: Essendo romani, volevamo qualcosa in latino. Quando è uscita l’espressione "Caput Mundi”, amando i Black Sabbath, ci è sembrato naturale adattarla per approdare al titolo di uno dei loro brani più evocativi. Ma il moniker funzionava anche come riferimento all'anno dalla creazione del mondo, perché fornisce l'idea di civiltà ancestrali, come suggeriscono anche le rovine che ci piace raffigurare nelle nostre copertine.
Nella recensione del vostro primo lavoro venite definiti “una band dedita ad un hard-rock doom dalle saltuarie tinte progressive”. Mi sembrano parecchie etichette. Ci aiutate a capire qual è il vostro sound di riferimento se ce n’è uno in particolare?
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Gianluca Livi: diciamo che all'inizio il nostro sound era marcatamente sabbathaino, con labili influenze di stampo progressivo. Quest'ultimo aspetto è stato sviluppato nel tempo tanto che, nel nostro album più recente, siamo arrivati ad un'equa suddivisione: da un lato ancora la innegabile ed irrinunciabile influenza dei 4 di Birmingham, dall'altro sortite acustiche, aperture orchestrali, intermezzi psych..
Mattia Liberati: questa direzione ha comportato alcune novità di tipo mediatico: riviste e siti dediti al prog che prima avevano ignorato la band - come Arlequins, House Of Prog, New Prog Releases, Hamelin Prog,Prog Censor, Prog Rock Journal e tanti altri - ci hanno oggi preso in considerazione dandoci maggiore visibilità.
Ancora, ascoltando i vostri lavori, si sentono influenze molto variegate, dal doom inglese all’hard rock americano. Quali sono le vostre fonti di ispirazione?
Gianluca Livi: non sopporto l'etichetta doom per gli Anno Mundi. Noi non suoniamo doom mentre siamo piuttosto vicini ai Sabbath d'annata, i quali, se permetti, non hanno mai suonato questo genere. Si, si, pare una bestemmia, ma non credo proprio che, brani come "Iron Man", "Black Sabbath" e altri ancora, possano essere definiti doom soltanto per il loro incedere lento e cadenzato. Il doom è un genere nato molto tempo dopo che ha preso taluni spunti da cose fatte nel passato, Sabbath inclusi. Si dice, ad esempio,che Neil Young abbia generato il grunge eppure in nessuno dei suoi dischi suona grunge. Stessa cosa per i Genesis di "The Lamb" che, secondo alcuni, avrebbe contenuto germi di punk, dark e new wave. Vogliamo parlare dello stoner, altro genere secondo alcuni "inventato" sempre dai Black Sabbath i quali, invece non lo hanno mai espresso? Direi che noi suoniamo molto seventies: hard rock sabbathiano e, più sporadicamente, prog europeo. Queste sono anche le mie principali influenze. Se invece mi chiedi quale musica ascolto, aggiungo il jazz, la classica, il pop, la musica sperimentale e anche il cantautorato.
Alessio Secondi Morelli: beh si, gli anni '70 sono in toto la nostra prima e principale influenza, particolarmente l'hard rock. Per me il discorso vale anche per l'heavy metal. Si tratta, se vogliamo, di sonorità abbastanza datate ma che ci spingono a sperimentare e ad arricchire il nostro sound in maniera variegata ed eclettica, proprio come succedeva durante quei decenni, pieni di libertà artistica, in seguito persa a causa degli effetti nefasti del music-business.
Mattia Liberati: sono anche io legato agli anni '70, musicalmente parlando, ma estendo le influenze anche ad altri generi come la fusion e il jazz.
Mi pare non abbiate paura ad inserire sonorità particolari nei vostri brani, violini, partiture acustiche, addirittura il sassofono. Pensate che questa varietà, che fa storcere il naso a qualche purista della chitarra distorta, sia complementare al metal?
Gianluca Livi: su "Dwarf Planet", tratto dal primo album, si possono ascoltare influenze assolutamente Sabbathiane sulle quali sono sovrapposti innesti di sax (suonati da Alessandro Papotto del Banco del Mutuo Soccorso). Sfido chiunque a negare l'influenza sabbathiana su questo brano e la sua conseguente durezza, nonostante la presenza del sax. Quindi si, pensiamo che strumenti come il sax, il flauto, la chitarra acustica e il violino siano assolutamente complementari all'hard rock e all'heavy metal, se inseriti in maniera dosata e contestualizzata.
Mattia Liberati: nell'ultimo disco, se ascolti "Hyperborea", ti rendi conto che la chitarra acustica e il violino (suonati da Renato Gasparini degli Agorà e dal musicista classico Alessandro Milana), così come le mie tastiere vanno ad esaltare le sonortià più pesanti del brano, ancora una volta devote ai Sabbath più cadenzati.
Due approfondimenti d’obbligo: il primo riguarda la pubblicazione degli album in vinile. Ci raccontate i motivi di questa scelta? Si tratta di un omaggio agli anni ’70 che testimonia la voglia di cavalcare la rivincita del vinile sul Cd o il desiderio di affrancarvi dalla musica digitale tipica dei nostri anni?
Gianluca Livi: noi riteniamo che una musica come la nostra, che omaggia chiaramente gli anni '70, trovi una sublimazione ideale nel formato vinilico, l'unico in grado di offrire uniche suggestioni sonore e visive.
Il secondo quesito riguarda appunto l’artwork: come accennato prima, avete inserito immagini di opere d’arte molto evocative, ovviamente c’è una precisa scelta stilistica dietro la selezione. Potete parlarcene?
Alessio Secondini Morelli: le prime due opere in vinile riproducevano dipinti di artisti del passato: Caspar David Friedrich, pittore tedesco che si inquadra nel filone del romanticismo, pur a sfondo cupo, e Giambattista Piranesi, incisore e architetto italiano noto per i suoi quadri raffiguranti rovine romane;
Mattia Liberati: nel 33 giri successivo, ho elaborato un soggetto di quest'ultimo, "lanciandolo" nello spazio, pericolosamente attratto da un wormhole: si è trattato di un tentativo, a nostro parere riuscito, di elaborare un archetipo grafico del passato proiettandolo in un contesto futuristico.
Gianluca Livi: approdando alla Black Widow con l'album "Land Of Legends", abbiamo deciso di sviluppare un certo contesto fantasy, elaborando un suggestivo soggetto a colori di stampo quasi medievale, sempre dalle tinte fosche. La casa discografica ha particolarmente apprezzato questa direzione realizzando una tiratura limitata con copertina die cut dipinta a mano che è andata esaurita nel giro di una manciata di giorni. Soltanto dall'Asia sono giunte richieste pari del 50% della tiratura. Una cosa veramente inaspettata.
Una curiosità: per me che sono un vecchio fan dei Kiss è stato bello vedere la cover di Fanfare. Come mai la scelta di un brano così particolare come l’opener di (Music from) The Helder?
Gianluca Livi: circa un lustro fa siamo stati coinvolti in un progetto denominato "Kissed By Kiss", un libro dedicato ai Kiss con allegato un cd di cover realizzate da band italiane. Rivedere qualsiasi brano dei Kiss in chiave Sabbathiana sembrava una cosa assurda, attingendo al repertorio classico, così abbiamo pescato l'unico brano suonato da un'orchestra sinfonica e siamo riusciti ad adattarlo splendidamente. In realtà, le cover sarebbero due, perché la musica è quella di "Fanfare" mentre il testo è quello di "Odissey", cosa di cui nessuno si è accorto.
Mattia Liberati: In ogni caso, si tratta di un brano piuttosto datato, inciso ben 5 anni fai, poi incluso con miei innesti di tastiera nel precedente album, "Rock In A Danger Zone", la cui tracklist è stata inserita come bonus nell'edizione in cd dell'attuale "Land Of Legends".
Da ultimo una considerazione relativa all’attività live. Pur in tempi difficili come quelli della pandemia, avete programmi per promuovere la vostra proposta musicale?
Gianluca Livi:Guarda, io sono già contario ai live in situazioni normali, figurati nel pieno di un'emergenza sanitaria come quella attuale...
Perchè contrario?
Gianluca Livi: Principalmente perché, quantomeno a Roma, i concerti nei piccoli club sono organizzati in maniera penalizzante per le band emergenti: in linea generale, si chiede a molti gruppi autoctoni di fare da supporto a band straniere non molto conosciute, cosicché il pubblico risulta costituito prevalentemente dagli amici delle band locali: alla fine, questi ultimi non vedono una lira e i soldi che i loro amici sborsano vanno agli ospiti di turno e al locale. Una cosa molto triste.
Alessio Secondini Morelli: il tutto, peraltro, in presenza di un'organizzazione e di una logistica spesso maldestra e improvvisata.
Grazie agli Anno Mundi per la disponibilità e la franchezza nelle risposte ed un invito all'ascolto per gli agli amanti del rock vintage dei seventies.
Intevista a cura di Alberto Trump