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Gamma Ray + Rhapsody Of Fire + Elvenking @ Live Club
01 Aprile 2014
Trezzo sull'Adda
Dopo split, nuovi album e cazzi e mazzi vari è giunto per me il tempo di tornare a vedere in sede live una delle mie band preferite, i Rhapsody of Fire, che aprono il concerto a un altro dei miei gruppi di punta: i Gamma Ray.
Senza perdermi in troppe prefazioni inutili passo subito al commento del concerto partendo proprio dai Rhapsody of Fire, omettendo purtroppo la prima parte riservata agli Elvenking perché il sottoscritto (viva la sincerità) ha fatto tardi a causa del traffico (ma, a giudicare dai rumors, pare che gli Elvenking abbiano spaccato… mi fido dei miei compagni metalheads!).
Luci off, pelle d’oca ed esaltazione “over nine thousand”. È “Vis Divina” ad aprire le danze seguita da “Rising from Tragic Flames”, songs provenienti entrambe dal nuovo “Dark Wings of Steel”, e trovo una band da subito ispirata, potente e desiderosa di dimostrare che il vecchio cuore Rhapsody batte sempre. Seguono a raffica: “Land of Immortals”, “The March of the Swordmaster” e “Unholy Warcry”. Il pubblico è sempre più caldo e davanti a pezzi che hanno fatto la storia del gruppo non posso che abbandonare ogni senso di preservazione della specie e del mio corpo per lanciarmi nel torrido pogo che si sta svolgendo a pochi passi dal palco. È il turno di un'altra canzone del nuovo Album; la title track “Dark Wings Of Steel”, come immaginavo questa canzone in sede live rende veramente di più, dimostrando chiaramente la nuova direzione di “casa Rhapsody”: un sound più semplice e diretto a favore di una resa live più sincera e muscolosa. Arrivato alla metà del concerto inizio a tirare due somme, a partire dal nuovo entrato nella band: Roberto De Micheli che, se già mi aveva stupito nel disco, mi colpisce ancora di più live, dimostrando una tecnica e una precisione degna di un professionista di altissimo livello. I fratelli Holzwarth sono una macchina da guerra più che collaudata e per tutta la durata del concerto guidano la sezione ritmica in un modo - è il caso di dirlo - tedesco: chapeau! Lo Staropolone nazionale, sempre più pompato, dirige l’orchestra nella solita posizione, leggermente defilata, dominando la sua Korg 300080089385bananextgthad con la quale da vita al “Sound Rhapsody”, mentre Fabio spara veri e propri tuoni dalla sua bocca, neanche una stecca, vibrato ottimo e sustain da paura nonostante egli stesso confessi, durante il concerto, di aver dormito due ore e di aver intrapreso un estenuante viaggio da Roma per colpa delle Ferrovie dello Stato (siparietto veramente divertente, chi c’era lo confermerà sicuramente ehehehehe). Il concerto prosegue con “Lamento Eroico”, su cui voglio spendere una parola sola: brividi. Le canzoni di chiusura sono: “Holy Thunderforce”, “Dawn of Victory”, “Reign of Terror” ed “Emerald Sword”. Inutile dire che in questi ultimi venti minuti ho dato tutto: voce, costole, piedi e un paio di litri di sudore che sicuramente avranno contribuito ad innalzare l’andamento del diagramma psicrometrico del locale.
Sarò di parte, ma questa formazione non ha niente da invidiare ad altri/vecchi Rhapsody, anche se non nascondo, pur amando i Luca Turilli’s Rhapsody, che desidero che questa minchiata dello split finisca il prima possibile. Si chiude il sipario, il mio cuore batte ancora forte e un senso di gratificazione e godimento pervade il mio corpo, bravi!
Dopo la notevole esibizione dei nostrani Rhapsody of Fire il Live Club prende fiato, cambio palco, veloce soundcheck, tensione crescente e ci siamo, largo ai Gamma Ray.
Si spengono le luci e la classica “Welcome” fa da apripista ai quattro di Amburgo, Michael Ehrè prende posto dietro le pelli e si parte con “Avalon” primo pezzo del nuovo, e a parere di chi scrive più che buono, album di Kai e soci. Devo dire che il pezzo in apertura funziona molto bene e il pubblico risponde fin da subito positivamente, segno che l’ultima fatica discografica abbia segnato un ritorno ad un livello di qualità che, diciamolo, nelle uscite recenti era calato. Si continua con con la nuovissima “Hellbent” dove uno scatenatissimo Hansen coinvolge i presenti, il pubblico partecipa caloroso e canta a squarciagola, possiamo dire di trovarci di fronte a un nuovo classico? Lo sapremo tra qualche anno, nel frattempo i Gamma Ray volano indietro nel tempo fino al loro esordio scaraventando sui presenti una mitica “Heaven can wait”, saremmo già all’apoteosi ma a sorpresa la band spara un helloweeniana e volutamente allungata “I want out” ed è delirio collettivo! Personalmente ho apprezzato questa scelta, e credo che nessuno se l’aspettasse quindi ottimo inizio, la serata sembra non poter andare meglio.
Breve pausa e il frontman introduce il prossimo brano: “Tribute to the Past”; esecuzione magistrale e un Kai vocalmente in serata, sarà l’aria del bel paese o le massicce dosi di delay inserite dal fonico?
Andiamo avanti con due estratti dal nuovo “Empire of the Undead” ed eccoci di fronte a “Time for deliverance”, ballata semplice e godibile e a “Pale Rider” che scatena un headbanging forsennato fra i metalhead sempre più esaltati.
E’ il momento del drum solo e gli occhi sono tutti puntati sul nuovo arrivato: Michael Ehrè. Ammetto che il solo non mi è piaciuto più di tanto anche se ho trovato simpatica l’idea di utilizzare “The entertainer” come base di accompagnamento. Breve solo di basso da parte di Dirk Schlächter e il palco si tinge di rosso, la band ci fa capire che è il momento dei vampiri e parte una “Blood religion” veramente convincente impreziosita da un simparietto centrale nel quale Kai fa cantare tutti, ma proprio tutti: into the dark....blood religion! Bel colpo del quartetto teutonico.
Adesso è il momento delle ultime, ma già conosciute “Master of confusion” e “Empire of the undead”, Hansen spara i suoi acuti, consuma plettri su plettri e non risparmia il suo classico sorriso divertito, Henjo Richter duella con il suo boss e anche lui non risparmia sorrisi e facce gioiose, nel frattempo la sezione ritmica avanza in maniera marziale, veloce e pesante. Ci avviciniamo alla fine ed è il momento di “Rebellion in dreamland”, “Land of the free” e “Man on a mission”, Kai comincia a mostrare qualche segno di affaticamento vocale ma il successo e le ovazioni per questi brani sono garantite. I Gamma Ray salutano ma tutti sanno che è solo una finta.
I tedeschi riprendono possesso del palco,c’è chi vorrebbe una canzone chi ne vorrebbe un’altra ancora, ma Hansen mette fine a tutto ciò ribattendo con un semplice: no.... ”To the metal”, peccato avrei preferito un altro brano anche perché questa song in stile Judas Priest non l’ho mai digerita fino in fondo, c’è da dire che il pubblico sembra comunque gradire. Siamo alla fine e con “Send me a sign” i quattro di Amburgo ci salutano fra applausi, sorrisi e acclamazioni di ogni tipo.
Devo dire che ho trovato i Gamma Ray veramente in forma, la voce di Kai dal vivo non è di certo impeccabile ma questa è una cosa risaputa, quello che più conta è la capacità di coinvolgere il pubblico e regalargli una serata unica e in questo non potevamo chiedere di meglio. Il nuovo acquisto Michael Ehrè si è dimostrato molto capace, preciso e vigoroso; insomma non voglio fare paragoni ma sicuramente un batterista perfetto per questa band.
Concluderei con una chicca che ho notato: a fine brano tutti i membri guardavano in direzione dell’ultimo arrivato che con le mani indicava dei numeri sempre diversi prima degli stacchi finali che venivano suonati all’unisono da tutti i restanti musicisti, simpatico siparietto. Mi ha colpito questa cosa, anche perché la band sembrava divertirsi, offrendo, al contempo, uno spettacolo ineccepibile e assolutamente coinvolgente. Che Kai e soci abbiamo ritrovato con questo cambio di formazione un’ ispirazione che si era assopita? A giudicare dalla serata e dal nuovo “Empire of the Undead” io dico di si.
Un grosso applauso ai carismatici Gamma Ray, alla prossima!
Stay Metal,
Luca Fiorini