Progetto concepito a Roma nel 2013, l’EP 'Death and Love' degli Inbound Legacy, vuole fare da preludio ad un album completo, strutturato sotto forma di concept. In effetti la band dichiara, fin dalle note biografiche, di non volersi limitare alla musica, ma di voler proporre un prodotto ben più ambizioso ed ampio, con appendici visive, teatrali e addirittura letterarie, con espresso riferimento ad un romanzo di prossima pubblicazione.

Oltre a queste premesse, un ulteriore elemento di varietà è dato dai gruppi a cui i musicisti fanno riferimento a titolo di ispirazione, che spaziano dai grandi mostri sacri Led Zeppelin e Pink Floyd, fino ai ben più recenti ed aggressivi Black Label Society.

E in effetti molti sono i generi musicali presenti sul lavoro, ad esempio 'Revolution Inbound', opener del disco, è un mid tempo quasi recitato dalla rauca voce del cantante Tony Molinari, accompagnato dall’ottimo lavoro delle chitarre e della sezione ritmica con il batterista Chris Schirò sugli scudi.

Atmosfere completamente diverse nella lenta e struggente 'A Pearl Like the Sun', brano di ispirazione classica con parti di piano e arrangiamenti orchestrali, decisamente opposti a quanto ascoltato nel brano di apertura. Elemento comune ad entrambe le canzoni, tuttavia, è il lavoro delle chitarre, capaci di accompagnare le canzoni e di ritagliarsi spazi apprezzabili sia negli assoli che in fill di ottimo gusto.

Ancora un cambio di registro con 'Slut Me', tipico pezzo hard rock, più tirato dei precedenti, con influenze gothic/dark, prese in prestito da band del calibro dei Paradise Lost di 'One Second' e ulteriormente rafforzata da una seconda voce femminile nel ritornello e nel coro.

Ancora atmosfere melodiche ed orchestrali con 'Death and Love', brano conclusivo del lavoro degli Inboud Legacy, prima del ritorno del tema musicale di 'A Pearl Like the Sun', che viene ripreso in forma totalmente strumentale e che porta alla conclusione l’ep.

Insomma, il disco suona molto bene e la band dimostra di saper brillantemente alternare momenti molto diversi sia sul piano delle sonorità che della struttura dei brani. In questo lavoro gli Inbound Legacy dimostrano di trovarsi a loro agio su piani stilistici diversi, soprattutto grazie all’ottimo accompagnamento orchestrale di molti brani, garantito dalla presenza di archi, tastiere e sintetizzatori. Certamente questa capacità compositiva troverà ancora maggiore spazio nell’album completo, attualmente in produzione, che sono curioso di ascoltare.

Alberto Trump