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Divina Distopia

EVERSIN - Divina Distopia
(2010 - My Kingdom Music)voto: 6.5/10
Già noti con il nome di Fvoco Fatvo e autori di un paio di lavori, gli Eversin tagliano il traguardo del debutto sulla lunga distanza sotto l'egida dell'attiva My Kingdom Music. Il disco s'intitola Divina Distopia e dispensa sette brani ben prodotti che mescolano influenze power, thrash e progressive metal. La formazione consta di tre membri stabili più due session men, tra i quali il tastierista Mimmo Petrella, il cui strumento si rivela un elemento portante nell'economia sonora dei nostri.
Il fuoco alle polveri lo dà "X.E.N.O.S.", traccia ritmicamente cadenzata ma pronta ad accendersi, con un sentore orientaleggiante, specie nel cantato di Angelo Ferrante, che cita certe cose dei System of a Down ibridate con partiture sinfonico-progressive di reminiscenza Dream Theater; molto taglienti e moderni i riff di chitarra.
La successiva "Wings ov Tears" è in bilico tra aggressività metallica e stilemi prog-orchestrali. Si colgono certi limiti di estensione vocale nella timbrica di Angelo, che, pur mettendocela tutta, non sembra essere il cantante più idoneo per interpretare questo genere musicale. Tra l'altro, la sua pronuncia inglese lascia a desiderare, e ciò non è un plus, a mio avviso, specie se la band pensa non solo al mercato domestico ma anche a quello estero.
"In the Shadow of the Rose" è dotata di buoni groove ritmici e ottimi fraseggi chitarristici, con un finale acustico-pianistico molto suggestivo, al quale però non corrisponde un cantato all'altezza. Tra sfuriate power/thrash e partiture decisamente progressive, l'elaborata eppure concisa title track ci dice che gli Eversin sono dei validi compositori e degli ottimi esecutori. Il brano è largamente strumentale e forse non a caso è il migliore del lotto, per via delle già espresse lacune vocali di Angelo.
La porzione finale dell'album è riservata a due pezzi in cui la melodia gioca la parte del leone: "Suddenly" è una power ballad tutto sommato senza squilli, a parte un bell'assolo di chitarra, mentre la conclusiva "In My Dreams They Live" è un breve e raffinato affresco semiacustico sul quale Angelo si riscatta parzialmente; molto bravo il tastierista Petrella, qui degno epigono del grande Kevin Moore.
Con un cantante migliore, questo disco - di soli 39 minuti - avrebbe avuto una marcia in più; per il momento, il mio giudizio si pone come una media tra la notevole prestazione strumental-compositiva del gruppo siciliano e la prova deficitaria del suo frontman.
Costantino Andruzzi