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Bloody, Twilight ... And Other Visions

TrackList
- The World In The Mirror
- Bloody Visions
- Remember
- Brutality Under Soft Hair
- From Here to Hell
- The Seer
- Tomorrow
- Twilight Visions
- Blackout (Scorpions cover)
- Kamikaze
HOPESEND - Bloody, Twilight ... And Other Visions
(2014 - Autoprodotto)voto: 6.5/10
I salentini Hopesend non sono un nome che suoni totalmente nuovo per chi abbia bazzicato almeno un po' nei meandri, nemmeno troppo underground, della scena metal italiana. Formati verso la fine del 2000, e con una lunga lista di apparizioni come supporter per gruppi quali Raw Power, Infernal Poetry, Sadist, Master, Lividity e Soulfly, la loro prima opera è datata 2002, allorchè registrano il demo dal titolo "The Seer", con buoni riscontri. Nel 2006 esce il secondo lavoro dal titolo “Brutality”, altrettanto ben accolto, e nel 2007 vincono un contest ideato dal sito MySpace, risultando tra le 9 bands emergenti a suonare al Gods Of Metal. Dopo una lunga pausa per impegni personali, nel 2013 partecipano alla compilation "Hands Of Doom", tributo italiano ai Black Sabbath prodotto da Mag Music, con il brano "Children of the Grave". E da qui si arriva all' album in questione, "Bloody, Twilight... And Other Visions".
Il disco non è di difficile inquadramento: circa cinquanta minuti di Thrash-Metal vecchia scuola con venature di death, senza troppi fronzoli. La doppietta iniziale è già un manifesto di intenzioni al riguardo, echeggiando in modo prepotente gente come i Kreator o gli Slayer degli esordi, mentre pezzi quali “Remember” e “Brutality Under Soft Hair” e “From Here To Hell” hanno tutti i connotati di derivazione Testament. Più particolare si presenta “The Seer”, dove alle consuete pestate thrash si mescolano influenze di un più classico heavy anni '80, ma è giusto un intermezzo per poi rimettersi sul conueto cingolato, con la successive “Tomorrow” e "Twilight Vision". Una sorpresina inattesa arriva poi in chiusura, con la cover degli Scorpions, “Blackout”, reinterpretata ovviamente alla maniera più martellante possibile, e “Kamikaze”, dall'intro orientaleggiante in stile "Wherever I May Roam" dei Metallica (ma solo quello, l'intro).
Tirando le somme, si deve indubbiamente rilevare la bravura tecnica del combo, nonchè la dedizione al genere, che passa anche attraverso una produzione che pare giungere direttamente da 30 anni fa. Dall' altro lato, i suoi punti di forza ne costituiscono al contempo le criticità, dal momento che il tutto dà l'impressione ad ascolto concluso di sostanziarsi in un amarcord , ben fatto ed accurato, gradevole, ma pur sempre già sentito molte e molte volte. Tuttavia siamo ancora agli esordi per questa band, e c'è tutta la speranza (il gioco di parole non è casuale) di vederli sfornare qualcosa di più personale, anche a rischio di azzardi, magari.
Francesco Celeste Farro