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Anatomy of a Freaky Party

RAGIN' MADNESS - Anatomy of a Freaky Party
(2015 - Autoprodotto)voto: 8.5/10
A pochi mesi dalla pubblicazione del loro omonimo EP già recensito e promosso a pieni voti su IDM, i veneti Ragin' Madness tornano alla ribalta con la pubblicazione del loro primo album 'Anatomy of a Freaky Party'.
L'album contiene, oltre alle tre tracce presenti sull'EP, ben undici brani di sano hard rock, suonato davvero bene e altrettanto ben prodotto. Le influenze sono quelle già indicate, un hard rock venato da pesanti sfumature southern (quelle di Black Stone Cherry e Black Label Society, questi ultimi soprattutto con riferimento al sound della chitarra, spesso vicino a quello di Zakk Wylde).
Brilla ancora la bella voce di Giulia Rubino che questa volta, complice la numerosità dei brani a disposizione, può spaziare dalle sfumature più roche e aggressive dell'opener 'The Guys are in da Club' a toni più caldi e morbidi nelle due canzoni più lente 'We can be Heroes' e 'I get bored'. Queste ultime sono davvero ottime interpretazioni delle classiche power ballads: la prima accompagnata dal piano, la seconda dalle chitarre acustiche e da un bell'arrangiamento che dà spazio anche alle chitarre elettriche che sostengono ritornello, bridge e assolo.
A parte questi due episodi apparentemente più riflessivi, l'album suona decisamente più hard come in 'Ode to Rage', davvero coinvolgente, in 'Never say no to Manta' (riferita con tutta probabilità al bassista Alex Manta) che può vantare un riff da fare invidia ai grandi del genere e nei brani già presenti nell'EP ('Today I feel inspired', 'I'd rather be drunk' e 'Mantis').
Una citazione a parte meritano 'My favourite Game', Golden Girl e 'I wanna feel like a woman'. La prima è, a mio avviso, la traccia più riuscita del disco, in cui i Ragin' Madness sono davvero bravi ad alternare mid tempo e parti più veloci, condite da una linea vocale davvero molto ben cantata e dalla quale emerge senza ombra di dubbio l'atteggiamento "on the face" dei membri del gruppo che nelle loro note biografiche si definiscono "arrabbiati, arroganti, fuori di testa quel tanto che basta per prendere il mondo a calci in culo e per essere sempre pronti a far festa". Le seconde sono invece gran belle prove di insieme, nel senso che tutti i musicisti fanno davvero un gran lavoro: belle le chitarre che alternano riff granitici, parti armonizzate e arpeggi di atmosfera, accompagnate da robuste linee di basso e da un drumming molto presente, nel quale anche i passaggi di doppia cassa non suonano eccessivamente invadenti. Se aggiungiamo anche le consuete bella tracce vocali (che in 'I wanna feel like a woman' ricordano Skin), ci troviamo serviti su un piatto d'argento un paio di brani che sarà difficile mettere da parte.
Ottimo lavoro, indicato per gli amanti dell'hard rock sanguigno e coinvolgente.
Alberto Trump