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Spacepirates

TrackList
- Spacepirates
- Not Dead Yet
- Hellfire
- Black Ford Rising
- Billion Dollar $ong
- 86
- Forever Bitch
- We don’t Call the Cops (W.D.C.T.C.)
- Kite ‘n’ Roll
RAIN - Spacepirates
(2016 - Aural Music)voto: 7.5/10
Una copertina in puro stile Steampunk per l’ultima fatica di autentico pezzo di storia della scena musicale italiana.
Fondata a Bologna nel lontano 1980, quella dei Rain è una band che non ha mai conosciuto alcuna interruzione della propria attività, nonostante i molteplici cambi di formazione avvenuti nel corso degli anni. Stiamo parlando di un gruppo di autentici veterani, un combo dotato di energia e grinta, che ci propone un' Heavy Metal diretto e privo di fronzoli, fatto apposta per chiunque desideri ascoltare sonorità tipicamente old-school che hanno fatto da segno distintivo per generi come la NWOBHM, il Punk, l’Hard Rock tipico dei seventies o l’Hard ‘n Metal proposto dai maestri Judas Priest.
I loro contenuti sono riassumibili in una musica decisamente veloce e potente, bastarda, lasciva, pericolosa come un gancio al mento e decisamente pregna di riffs sporchi, sudati e assassini.
Ascoltando quest’opera risulta evidente quanto sia forte il feeling tra i vari membri, il loro valore a livello esecutivo (sono tutti musicisti di alta caratura, come il genere Heavy Metal esige) e la loro notevole capacità di song-writing. Alcuni potrebbero accusare la band di allacciarsi a uno stile che ormai ha del già sentito e collaudato, ma la loro bravura risiede anche in questo: presentare al pubblico una manciata di canzoni solide, dirette e coinvolgenti, basando il loro stile su un irresistibile, casinista e potentissimo Hard ‘n Roll.
Ai relativi strumenti troviamo nella formazione attuale: Mantis Le Sin (cantante), Alessio "AMOS" Amorati (chitarre e cori e, di fatto, il leader del gruppo), Amedeo Mongiorgi (chitarre e cori), Gabriele "KING" Ravaglia (basso) e Andrea Fedrezzoni (batteria e percussioni).
Il Platter è stato registrato nel mese di gennaio 2016 presso il FEAR Studio di Ravenna, da Gabriele Ravaglia, non solo valido bassista ma già visto nell’ambiente anche come produttore di artisti del calibro degli Extrema e di Blaze Bayley (!).
“Spacepirates” sarà distribuito su etichetta Aural Music il giorno 15 Aprile 2016 e verrà presentato dal vivo Sabato 16 Aprile 2016, con un release party (a ingresso gratuito) presso il Zona Roveri Music Factory di Bologna.
Passiamo quindi ad un’analisi Track by Track di questo lavoro.
“Spacepirates”, la title-track, dà il via e mette subito le cose in chiaro. Potrebbe essere tranquillamente un ottimo singolo per presentare il gruppo al pubblico. Voce potente e graffiante. Musicisti ispirati e assolo stridente. Non il brano migliore, ma una composizione decisamente riuscita.
“Not Dead Yet” è un vero e proprio omaggio allo Sleaze Metal anni ’80. I Guns ‘n Roses dell’immortale “Appetite for Destruction”, Gli Hanoi Rocks dei primi dischi e i Poison aleggiano spavaldi per tutta la durata del brano. Bellissimo il ritornello, veramente orecchiabile. (Because I’m not dead yet, no, no, no) e ottima la prestazione alla batteria di Andrea.
Il giro di basso alla base di “Hellfire” non passa inosservato e anche in questo caso ci troviamo di fronte a una composizione realizzata con estrema cura. Le ritmiche sono serrate e la voce alza decisamente i toni. Un ritornello in stile Hardcore Superstar farà sicuramente breccia nel cuore dell’ascoltatore.
“Black Ford Rising” naviga nelle stesse acque del brano precedente e, pur non aggiungendo nulla a quanto descritto fino a questo punto, si realizza in una canzone che ha tutte le carte in regola per catturare l’interesse di qualunque pubblico amante del genere. Ottima la prova del cantante Mantis, che tocca qui uno dei suoi picchi esecutivi.
Siamo arrivati a metà della scaletta e ci troviamo adesso di fronte a una particolare semi-ballad elettro/acustica, ottimamente arrangiata e dotata di un refrain decisamente gradevole. “Billion Dollar Song” strizza l’occhio al rock da classifica e, per certi versi, può far tornare in mente i Tesla dei tempi d’oro. Centro perfetto.
“86” cambia completamente le carte in tavola: veloce, maleducata, lasciva e prepotente. Mazzata secca e diretta che invade con prepotenza cuore e mente di chi ascolta. Belle le rullate di batteria e graffianti i riffs. Breve (tre minuti e mezzo), ma carica di mordente: uno degli apici di quest’album.
“Forever Bitch” (il cui titolo già dice tutto) prosegue sullo stesso registro. E il cantante vomita il suo disprezzo misogino con una verve indiscutibile. Ottimo il guitar solo (brevissimo ma di gran gusto).
“We Don’t Call The Cops” è divisa in due parti, più moderata (ma comunque martellante) la prima, e più veloce e cattiva la seconda. Forse questo è il pezzo per cui si potrebbe accusare la band di volersi eccessivamente commercializzare, (per chi scrive e quello meno riuscito dell’intero lavoro), ma rimane comunque un buon esempio di grezzo Hard Rock, sfacciato e prepotente.
Chiude in bellezza “Kite ‘n Roll”, forse un manifesto per la band e per i generi cui appartiene. Bellissimo il bridge e ancor più il refrain, che farà esclamare ai più un “dove l’ho già sentita questa?”. Dappertutto. La canzone è una sintesi di almeno trentacinque anni di sporco e maledetto Hard Rock. Ma una sintesi perfettamente realizzata! Nulla da eccepire, uno schema classico che può apparire forse prevedibile, ma che resta comunque vincente.
Di fatto, questo disco rappresenta un ritorno ai valori che spesso nel panorama musicale di oggi (il mio dito indice è puntato soprattutto contro la scena musicale straniera) sono andati perduti o quasi. Schemi più meno fissi ma elaborati con mestiere. Il meglio dei Rain resta, tutto sommato, nella loro produzione degli anni ’80 (imperdibili i loro primi due dischi), ma quella che ci viene presentata oggi è una band comunque in ottima forma.
Album consigliato di cuore a tutti coloro che vogliano ascoltare musica massiccia, dal sicuro mordente, d’impatto e qualità.
Fabrizio Travis Bickle Zànoli