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Fingerprints

HOGS - Fingerprints
(2017 - Red Cat Records)voto:
Sgombriamo subito il campo da ogni minimo dubbio: i quattro sanno suonare e lo dimostrano in ogni singola traccia. Non si può certo affermare che vi siano errori di tecnica; la giovane ugola di Simone Cei ben si amalgama con la chitarra di Francesco Bottai dando prova di un buonissimo affiatamento.
Questo lavoro esce dopo due anni dal precedente "Hogs In Fishnets". Si legge dalle note che la band è maturata musicalmente e i componenti si influenzano a vicenda. L'album viene presentato come un lavoro di puro rock'n'roll ma ne manca di intensità, di spudoratezza e di freschezza. Si ricerca, si legge più avanti, l'immediatezza delle composizioni, dando non troppo spazio alle parti strumentali cercando di essere diretti.
Stante il fatto che quello che è qui scritto è soltanto frutto dei miei ascolti e si basa esclusivamente sul gusto strettamente personale avendo la musica un aspetto estetico di non poco conto (poi sulla evoluzione speculativa ed educativa della portata strumentale della costruzione di un senso critico ci sarebbe da parlarne per una nottata), il cd qui proposto ha una vago sapore di hard rock alla Van Halen ma traccia dopo traccia si perde in aperture che se tecnicamente sono ottime prove di dimostrazione di bravura e preparazione tecnico/strumentistica non indifferente, lasciano molto il tempo che trovano. I pezzi suonati non hanno mai una spinta in più, un moto di impeto, sono politicamente corretti, non alzano mai la voce: non so se era proprio questa la volontà dei quattro (oltre ai due già citati troviamo alla sezione ritmica Luca Cantasano al basso e Pino Gulli alla batteria), cioè spaziare in vari generi cercando di spiazzare l'ascoltatore. Ma il risultato è fiacco, non propriamente incisivo. L'impressione è quella di essere a sedere in un pub a bere della birra chiara, parlare del più o del meno con gli amici e con in sottofondo la band che suona dal vivo tenendoti compagnia, piacevolmente certo, ma senza mai farti girare la testa per vedere cosa sta combinando. Come quei giocatori che svolgono il compitino chiesto dall'allenatore senza mai strafare, senza osare un dribbling o una giocata impensabile in quel momento.
Il cd gira e rigira è dentro il mio pc e non dà fastido, va un po' per conto suo, quasi come un film porno del quale non ha importanza la trama e che durante la visione puoi benissimo assentarti perchè sai che al tuo ritorno ti imbatterai in una scena simile a quella lasciata. Peccato perchè ripeto si sente che vi è padronanza e conoscenza; ma qui non si tratta di analizzare la preparazione tecnica applicata allo strumento, lungi da me il voler sviscerare un passaggio piuttosto che un altro, oppure la scelta di una sfumatura armonica o un cambio di tempo. Sono un pastore (senza offesa per la categoria peraltro importante) del mio strumento a quattro corde, sono un miscredente del pentagramma e a volte rimango poeticamente infantile e mi aggrappo alla semplicità e alla virulenza di certe sonorità. Mi spiace ma questi Hogs non mi arrivano, non mi colpiscono col classico jab, non mi fanno dire "eh però non male"; sono puliti, precisi, puntuali, a volte accademici, ma anche lontani, distaccati e apparentemente freddi. Per chi ama sonorità non pesanti, non il classico metal col batterista a gomito alto, ma diciamo che questo cd può interessare a chi predilige passare dal sussurato al parlato, dalla leggerezza ad una lieve presenza.
Leonardo Tomei