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The Legendary Sheperds Of The Forest

TrackList
- The Source
- Tarots
- Danse Macabre
- The Legendary Shepherds of the Forest
- Princess Aries
- Ludwig
- At The Mountains of Madness
- The Gathering
- Inferno
- Ophelia
- The Lake
HOLY SHIRE - The Legendary Sheperds Of The Forest
(2018 - Heavy Metal Records UK (Revolver Records))voto:
Da bravi milanesi, gli Holy Shire cercano di fare le cose per bene, da professionisti, raggiungendo anche traguardi apprezzabili. Nonostante qualche aggiustamento di formazione, col secondo disco non si distanziano molto, stilisticamente, da quanto proposto nel 2012 con “Midgard”, sia nel bene sia nel male. Una selva di musicisti (i sette ufficiali più svariati ospiti) è artefice di questo disco di innegabile personalità e forte identità. Ma se è vero che, nonostante le premesse visive, l’ascoltatore resti stupito nel trovarsi per le orecchie qualcosa di diverso dal powerone sinfonico e sfolkeggiante con le voci acute, l’alternativa non è sempre entusiasmante.
Non si può negare una notevole capacità strumentale, soprattutto dal punto di vista dell’arrangiamento (basti pensare che in una folla di tastiere, chitarre e flauti persino il basso riesce a ritagliarsi i propri piccoli momenti di protagonismo!), ma troppo spesso le melodie scivolano via inoffensive, vaporose, incapaci di radicarsi anche dopo svariati tentativi.
Parlo soprattutto delle melodie vocali. E sembrano proprio le voci il vero tallone d’Achille del progetto: sia che si tratti della resident vocalist Aeon, dal timbro graffiante e stregonesco, sia della cantante lirica di turno, l’effetto è spesso grottesco. Non necessariamente “operistico” è sinonimo di raffinato o di perfettamente eseguito… Anche la scelta delle sillabazioni delle parole all’interno della musica non entusiasma.
Il disco si apre con una poco incisiva intro ad effetto sinfonico-cinematografico che sembra uno di quei brani dimostrativi allegati ai pacchetti di strumenti virtuali orchestrali. Segue subito lo spiazzante riff groove metal di “Tarots”, l’ultimo tipo di approccio che ci saremmo potuti aspettare dopo un inizio del genere: non male! Il brano evolve verso momenti “progressivi” (i riff stoppati…), ritornelli in doppia cassa, un’apertura soft un po’ imbarazzante e un gradevole finalino di sole voci.
“Danse Macabre” è giustamente il pezzo scelto come singolo: una composizione che spicca su tutte le altre per accessibilità, equilibrio, dinamica, ganci melodici e, perché no, velocità di bpm, considerando la generale tendenza del disco ad assestarsi su tempi medi e cadenzati. Un ottimo biglietto da visita, sul quale però spicca una foto ben più lusinghiera rispetto al resto dell’album.
Gli Holy Shire sembrano credere e investire parecchio nella successiva title track, che pur nella sua evidente cura compositiva stenta ad entrare nel regno della memorabilità.
Chiudono la prima parte del disco la sgomitante “Princess Aries” con le sue tastiere pompose e l’incedere smargiasso e una soporifera “Ludwig”.
L’ipotetico “Lato B” è davvero di più difficile assimilazione. Diciamo che riesce in pieno nel tentativo di portare l’ascoltatore nel mondo dei sogni…
Qui la migliore composizione è forse “At The Mountains Of Madness”, dove la riproposizione dell’incubo antartico di Lovecraft riesce solo in parte, ma almeno ci regala un ottimo grido disperato e un suggestivo fraseggio in 5/4.
“The Gathering” non riesce a coinvolgere nella marcia degli orchi di Tolkien, impantanandosi pesantemente. Un polpettone peggiore è però “Inferno”, dove il senso del brano sembra sfuggire ai musicisti stessi, con un flauto e delle voci alla più cieca deriva…
Ci si risolleva con “Ophelia”, smielatona e prolissa, ma almeno con un’idea compositiva meglio focalizzata.
La chiusura, “The Lake”, è un ennesimo brano cadenzato, capace di mandare a dormire anche il più caffeinomane dei recensori.
“The Legendary Sheperds Of The Forest” è un disco molto curato nei dettagli, ma che sembra trascurare una visione di insieme più ampia, sia per quanto riguarda il dislivello tra le due metà del disco, sia all’interno dei singoli pezzi.
Si sente bene che il fondatore e leader del gruppo è il batterista TheMaxx, dato che è a lui che dobbiamo la maggior parte delle scelte positive su “cosa mettere” e soprattutto “cosa togliere” in sede di arrangiamento. È lui anche l’autore delle copertine, che hanno il pregio di dare un tocco di contemporaneità all’approccio fantasy. Segno invece un meno sul registro in merito al logo…
Una qualità che mi sento di sottolineare e apprezzare particolarmente è l’ironia, anche autoriferita, che i ragazzi e le ragazze del gruppo comunicano nelle foto e nei video ufficiali, un ingrediente preziosissimo che, se venisse aggiunto anche alla parte musicale, potrebbe proiettarci davvero in un mondo di sogno… questa volta ad occhi aperti!
Marcello M